43 scusa

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Scusa, Gazzelle.

Spalancai gli occhi, "Cosa?"
Com'era possibile?
Sentii un vuoto invadermi dalla paura che gli fosse successo qualcosa.
Forse aveva fatto un incidente ?
Di fronte alla mia espressione, Deddy scosse frettolosamente la testa prendendomi le mani fra le sue.
"Nono, aspetta, prima di andare a scuola so che doveva andare a casa... e sai com'è la sua famiglia" disse, indugiando sulle ultime parole.
In che senso?
Lo spavento lasciò spazio alla confusione mentre continuavo a guardarlo.
"E com'é?" chiesi, sempre più perplessa.
Deddy abbassò lo sguardo sul mio piatto, passandosi una mano fra i capelli.
"Beh, è ..." sospirò, prima di tornare a guardarmi "è complicata"
Complicata?
D'un tratto capì.
"Dici per il compagno?" provai, ripensando a come lo avesse fulminato con lo sguardo.
Deddy annuì, aspettando che fossi io a dire qualcosa di più, come se volesse capire cosa realmente sapessi e cosa no.
"Che succede? Cosa conosci in più di me?"
non feci troppi giri di parole, talmente alto era il fastidio che lui potesse sapere qualcosa in più di me.
D'altronde ero io la sua fidanzata, non lui.
Deddy spalancò gli occhi, sorpreso dalla mia spavalderia.
Si guardò attorno, prima di avvicinarsi a me "Sua madre e il compagno di lei... litigano spesso" mormorò, "ma non so altro, quindi non farmi domande ne niente.. se vuoi sapere qualcosa di più, parlane con lui!" aggiunse, prima di voltarsi, dileguandosi in cucina.
Rimasi ferma nella mia posizione per quelle che sembrarono delle ore, mentre cercavo di ricordare qualsiasi piccolezza che potesse ricollegarsi alle parole di Deddy.
L'unica cosa alla quale potevo realmente fare affidamento era ciò che era successo in ospedale.
Eppure avevo la costante sensazione che non avrei mai potuto completare il puzzle, sentivo che mi mancava forse il pezzo più importante.
Lasciai una banconota accanto al piatto, non aspettando che Deddy tornasse.
Giorgio, un suo collega, la vide e mi fece l'occhiolino, ringraziandomi per la mancia generosa che avevo lasciato.
Alzai le spalle come risposta, prima di dileguarmi fuori dal bar.
Mi misi di nuovo le cuffiette, cercando di alzare il volume della musica il più possibile.
Odiavo quella sensazione di impotenza, di essere esclusa da qualsiasi cosa riguardasse Sangio, quando io gli avevo completamente aperto il mio mondo.
Mi ero data a lui come a nessun altro, e lui dal canto suo, mi teneva nascosta dalla sua realtà.
Incrociai le braccia al petto, sbuffando.. forse stavo correndo troppo?
Forse non era così coinvolto come lo ero io?
Forse semplicemente non voleva un rapporto serio come lo desideravo io?
Imprecai quando delle gocce di pioggia iniziarono a bagnarmi, prima delicatamente poi sempre più insistentemente.
Ci mancava solo la pioggia.
Tirai fuori dallo zaino il mio piccolo ombrello viola, aprendolo di corsa mentre aspettavo che il semaforo diventasse verde.
Attraversai velocemente la strada, iniziando a correre per tornare a casa.
L'ultima cosa che volevo fare, era il bagno.

Yo sé que esto no volverá a pasar
Pero si volviera a pasar
Sé que sería tu debilidad

Rosalìa tuonò nelle mie orecchie, mentre dei fulmini iniziarono a spezzare il grigio delle nubi che sovrastavano la città.
Alzai gli occhi al cielo, poco sorpresa.
Giustamente, l'unica volta in cui decidevo di tornare a casa a piedi, scoppiava il diluvio universale.
Al secondo semaforo, decisi di smettere di correre.
Ormai, persino i miei piedi erano zuppi.
Camminai tranquilla lungo la fila di negozi che mi separavano da casa mia, ormai dietro l'angolo.
Era da un sacco di tempo che non andavo in quella via, mi sorpresi nel vedere come le vetrine erano state completamente rivoluzionate.
Ora, si respirava l'aria autunnale dappertutto, ogni negozio aveva appeso degli addobbi per Halloween, chi più, chi meno spaventosi.
Sorrisi, quando vidi che Marcello, il mio parrucchiere, aveva appeso una sua foto che ritraeva la sua famiglia vestita come la famiglia Adams.
Decisi di mandargli subito un messaggio, congratulandomi con lui.
Marcello mi aveva sempre trattato come una figlia, in un certo senso ero un po' cresciuta con lui.
La prima volta che mi aveva tagliato i capelli, avevo quattro anni.
Risi, pensando a come mi facevano paura le forbici all'epoca e alle numerose caramelle che mi dava come ricompensa per non essermi mossa o per non aver versato nemmeno una lacrima.
Una volta, appese persino una mia foto sotto la scritta "Cliente del Mese", creata appositamente per me.

Porque la noche de anoche fue
Algo que yo no puedo explicar
Eso era dando y dándole sin parar
Tú encima de mí, yo encima de ti

Canticchiai le parole di Rosalìa, ringraziando il cielo quando imboccai la mia via.
Quel viaggio stava diventando infinito, una vera e propria odissea.
Inoltre, più ci pensavo, più mi dava fastidio l'idea che Sangio non si fosse sentito abbastanza a suo agio da potersi aprire con me, potersi fidare di me come io mi ero fidata di lui.
Ripensai a quel pomeriggio nel giardino, o semplicemente al giorno prima.
C'erano stati infiniti momenti, eppure nessuno lo ha reputato adatto per potersi confidare.
Iniziai realmente a credere di aver viaggiato troppo con la mente, quando forse per lui era una semplice conoscenza.
Anche se, da tutte le parole che mi aveva detto, dedicato o scritto, ero convinta lui provasse le mie stesse cose.
Sospirai, allungando una mano nello zaino
per afferrare le mie chiavi, imprecando quando mi caddero nella pozza davanti a casa mia.
Mi chinai per raccoglierle solo per accorgermi in quel momento che davanti al mio portone c'erano due scarpe familiari, troppo familiari.
Alzai lentamente lo sguardo, alzandomi con lui, solo per incontrare quei due occhi azzurri, che in un secondo zittirono qualsiasi mio pensiero.
La mia espressione infastidita si sciolse in un sorriso, mentre non riuscivo a smettere di guardarlo.
Eppure, c'era qualcosa che non tornava, quell'azzurro non era più caldo come il mare ad Agosto, piuttosto sembrava di guardare una lastra di ghiaccio.
Come se il Sangiovanni che conoscevo io, fosse anni luce di distanza da me.
Fu solo quando distolse lo sguardo dal mio che capii.

MALIBUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora