Parte 2 Capitolo 1

28 2 5
                                    

 24 Luglio 18:49

 In questo esatto punto dovrebbe essere scritto il numero del giorno di quarantena, ma ora non più, sappiamo tutti che i numeri sono infiniti e quando contiamo è perché crediamo di dover smettere prima o poi: dopo oltre un anno di giorni contati a quel prima o poi non credo quasi più. Leggevo del vecchio me, così spaventato nella prima ondata pandemica (la meno grave tra l'altro), e lo confrontavo con la mia versione odierna divenuta forse più menefreghista si, ma per abitudine, non certo per scelta. Del resto credo che anche Lucifero, gettato nell'inferno, dopo il primo periodo di tempo non abbia più percepito come ardenti le fiamme attorno a lui, adeguandosi al loro calore fino a sottovalutarle quasi. Ad ogni modo mi è mancato un po' tutto questo: scervellarmi sulla grammatica delle frasi, caricare la consueta immagine, rileggere ancora e ancora prima di pubblicare, e mentirei se dicessi che non ho aspettative per il mio ritorno; ho sempre avuto una piccola cerchia di persone che ha letto e si è interessato alla mia vita un po' per noia, un po' perché forse ha visto qualcosa in me che l'ha colpito, e sarei felice se appena pubblicato ricevessi di nuovo il loro supporto. Chiunque abbia seguito la Parte 1 si starà sicuramente chiedendo come mai io sia tornato qui, ora, perché proprio in questo esatto momento e non in un altro e la ragione è che sono stato in contatto con un diretto positivo. In un film un vecchio regista di Hollywood diceva: "Così come nel cinema, nella vita vi sono protagonisti e personaggi secondari" e non ritenetemi un egocentrico se dico che sono certo di essere un protagonista dato che ora capirete perché. Vi racconto: era un normalissimo mercoledì, il 21 luglio volendo essere precisi, e come ogni mercoledì il mio amico Davide aveva il giorno libero dal lavoro e quindi al telefono mi fa: "Vabbè ma quant'è che non ceniamo insieme? Andiamo alla panineria nuova sopra casa mia no?" ed invitato anche il mio migliore amico siamo andati alla panineria. Una volta varcata la soglia troviamo un ricco bancone assortito di carni ma vuoto di personale, e dopo aver dato segno della nostra presenza si palesa una signora visivamente apposto ma che nell'accoglienza manifesta un pesantissimo accento russo: "Si allora panigno possiamo fare con hamburga di scottogna oppure con cotoletta" e anche non essendo razzisti lo abbiamo interpretato come un brutto segno e siamo scappati dal nostro paninaro di fiducia. Mentre consumavamo il nostro pasto Davide ci informa del fatto che due suoi colleghi erano positivi e che per questo si era fatto due tamponi, di cui uno la mattina del giorno stesso, entrambi con esito negativo e che per questo era uscito lo stesso. Scettici ma non troppo, io e il mio migliore amico assieme a colui che non sapevamo ancora fosse positivo abbiamo raggiunto la nostra comitiva di amici che quella sera ad uscire vedeva una decina di persone con cui abbiamo passato il resto della sera. Il giorno dopo alle 16 come di routine ero a mare con la comitiva, per giocare a schiaccia e rinfrescarci con la quasi fredda acqua del mare, fonte di salvezza dal caldo infernale che domina la nostra città in questo periodo. Tornati a riva io e la mia ragazza riceviamo, da chi era tornato agli asciugamani prima di noi, la notizia che avrebbe influenzato il nostro futuro più prossimo: Davide ha 38 e mezzo di febbre e dice che sicuramente è Covid. Dopo alcuni minuti serviti per capire cosa significasse la mia ragazza scoppia in lacrime: dovete sapere infatti che il giorno dopo saremmo dovuti partire per un weekend solo io e lei, già rimandato una volta per mal tempo, che entrambi non vedevamo l'ora di fare. Preoccupato più per la mia possibile positività che per il viaggio, mi precipito da lei per consolarla, un po' titubante sull'abbracciarla e starle vicino, ma d'altronde probabile che fosse già positiva nel caso lo fossi stato io. Dopo un rischioso bacio torno a casa, dove immediatamente informo i mie genitori, con cui decido di isolarmi in camera, in attesa di un responso dal nostro medico con cui avremmo potuto parlare solo il pomeriggio del giorno dopo. Vissuto il primo giorno di isolamento, dopo un riposino pomeridiano mia madre mi sveglia: ha appena parlato con il medico e possiamo già andare a fare un tampone per quanto gli riguarda. Saliti in macchina arriviamo al drive in dove un sole rovente si prende gioco di me e mia madre, incastrati nella fila, facendoci sudare anche più di quello che già dovevamo per l'ansia. Arrivato il mio turno devo dare il nome del positivo con cui sono stato a contatto, e una volta detto l'infermiera sgrana gli occhi: "Ah Davide... ha fatto il record di carica virale con 149" e per chi non lo sapesse i valori normali vanno da 1 a 10, massimo a 20. Al corrente di questa ennesima pessima notizia, dopo 20 minuti arriva l'unica buona del momento: l'esito è negativo. Sono salvo dunque? Mi smentisce subito l'infermiera che mi prescrive 10 giorni di isolamento (visto che l'esito potrebbe essere errato per il non determinato periodo di incubazione) al termine del cui dovrò fare un altro tampone che mi consentirà di nuovo la libertà, in caso di negatività. Ed eccoci qua dunque, il quarantenato è tornato, si spera per un periodo minore rispetto quello della prima parte, ma fino a quel giorno sono qui, assieme a voi a farci di nuovo compagnia. Lasciatemi un commento in cui magari mi chiedete qualcosa, qualsiasi domanda o curiosità, oppure raccontatemi voi qualcosa dato che non mi sono dimenticato di voi. Ci sentiamo domani, ciao a tutti :)


Diario di uno in quarantenaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora