28. liberi o no

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Si disse che erano debolezze miste alla stanchezza. Skye si raccontò di ogni, pur di non pensare di nuovo al giorno in cui aveva sollevato il coperchio di quella maledetta scatola dal colore scarlatto. E aveva rivelato l'abito più bello e inquietante che avesse mai visto.
Ripensando ad ogni singola parola che conteneva quella lettera, si infuriò così tanto quasi da distruggere ogni sacco di iuta pieno presente ai campi.
Quella mattina gli allenamenti erano raddoppiati, quello era stato l'unico comando trapelato da Adil in persona, altre strategie e decisioni erano ancora tenute al segreto. A decidere le sorti di tutti gli altri, era lui e Saleem.
Una decisione per niente facile.
Eppure a lei non dispiaceva sfogare la sua frustrazione con gli allenamenti, portare a limite ogni suo muscolo le sembrava quasi un castigo che si infliggeva da sola.
"Manca poco al mio traguardo...Se lei non si presenterà al Palazzo, sarò costretto a ricorrere ad altri mezzi."
Quelle parole incise ad inchiostro non avevano mai smesso di ossessionarla, come un veleno la consumavano lentamente, lasciandola nel limbo di quale decisione avrebbe dovuto prendere lei per gli altri.
Indipendentemente dagli ordini dei suoi superiore.
In quei giorni non si era mai permessa di pensare a come si era sentita alla presenza di Saleem subito dopo aver letto quella lettera.
Di certo non avrebbe aggiunto alla confusione già presente anche quella che albergava dentro al suo cuore.

«Ehi basta, basta.» Due grandi mani si posarono sulle sue braccia e da dietro l'allontanarono dal sacco ormai riverso a terra.
Skye portó lo sguardo sulle sue nocche insanguinate e solo allora sentì il bruciore sfiorarle le mani mentre la presa non si allentò.
«Questo sì che è lo spirito giusto!» commentò sarcastico Joseph che la guardava con occhi brillanti.
Alzò lo sguardo verso tutti i suoi compagni, rimasti fermi a fissarla, Finn le fece un sorrisetto. Fece scivolare lo sguardo su tutti loro fino a raggiungere la persona che le era di fronte, ancora con le mani sulle sue braccia.
«Vieni, andiamo in infermeria» proferì con uno sguardo severo.
Sembrò quasi annoiato da tutta quella situazione, o riluttante.
Provò a seguire le sue falcate, rimettendosi in pari passo non con poche difficoltà.
Lo guardò di lato ma lui non disse nulla, come sempre Skye non lo capiva.
Né capì come non si era resa conto di aver sfasciato il sacco e assieme ad esso anche quasi le sue nocche.
Sfinita e rancorosa gli si piazzò avanti, Saleem non era la sua crocerossina e lei era in grado di medicarsi da sola.
«Ci so andare anche da sola» gli brontolò tagliandogli la strada, prima di affrettarsi ad andarsene il più velocemente possibile.
Spostò la pesante tenda che conduceva all'infermeria e vi mise un piede dentro, l'odore pungente di disinfettante le inondò i sensi.
Storse il naso ed entrò anche con l'altro piede.
I lamenti ridotti ad un sussurro di malati le diedero il voltastomaco.
Avrebbe voluto aiutarli tutti, proprio come Indie era impegnata a fare.
«Vieni andiamo» sentì dire da una figura che stava entrando nel tendone, stava per inveirgli contro prima di notare che a seguirla era stato solo Wave, che le rivolse un sorriso rassicurante che annullò tutta la sua rabbia.
Lo seguì dentro alla stessa stanza dove settimane prima aveva medicato il suo superiore per una ferita alla mano, si fece aiutare a mettere il disinfettante e delle spesse fasce che girarono intorno alle nocche.
«Sta più attenta, è facile farsi accecare dalla rabbia a volte. Lo so bene» disse, mostrandole alcune piccole cicatrici sulle mani.
«Ho provato a rompere di tutto, vetro, metallo, qualsiasi cosa avessi sotto tiro quando ero furioso» svelò non abbandonando mai quel sorriso rassicurante.
«E che...non so cosa accadrà ora» sbruffò Skye che era abituata a non saperlo, soprattutto da quando si trovava lì, dal momento in cui Saleem aveva deciso di prelevarla senza consenso e provare, in un modo strano e contorto, di salvarla.
Ma questa volta sentì che era tutto diverso, e che la guerra era più vicina che mai, quasi tangibile. Stava sfuggendo tutto dalle sue mani.
Inoltre aveva la spiacevole sensazione che la morte la stesse pian piano avvolgendo. Perché ormai sentiva fosse questione di poco tempo.
«Nessuno ora lo sa» bisbigliò, e per un attimo il viso del suo amico vacillò, mostrando tutta la preoccupazione che celava.

«Skye la guerra è inevitabile a prescindere da tutto ciò che è successo prima» lasciò le mani dell'amica ormai medicate. Dal modo in cui era stato accurato e delicato, capì che lei non era stata la prima a meritare le sue attenzioni al riguardo.
«Comunque credo che adesso Adil svelerà cosa ha deciso per noi, lo farà durante i pasti, sono passati troppi giorni» mormorò guardando al di fuori della stanza, dove Indie e gli altri membri curavano i pazienti rimasti sulle brandine.
«Comunque My Lady, se ti verrà voglia di spaccare qualcosa, prova a sparare, allenarsi anche lì non guasta» consigliò prima che entrambi si dirigessero al Villaggio.
Durante il loro cammino, nessuno della squadra accennò alle sue ferite. Stava per chiedere a Wave chi altro avesse dovuto medicare prima di sentirsi schiacciare la testa da una mano pesante.
«Come stanno le mani? Ce la fai a fare una lotta a corpo libero con me dopo?» Joseph continuò a scuoterle i capelli, aspettando una sua risposta.
Si divincolò presto dalla presa prima di guardarlo «Contaci» confermò sorridendogli. Era proprio quello di cui lei aveva bisogno, il confrontarsi con qualcuno per frenare per un momento la corsa dei suoi pensieri.
Superarono tutte le botole fra cui quella numero 125 che sapeva esser di Wave e Saleem.
Guardò le costruzioni susseguirsi l'una dietro l'altra prima di fermarsi tutti infondo, accanto ai tavoli imbanditi già di cibo.
Quando si accomodarono tutti al tavolo dei Soldati, notò subito il Vecchio rimasto in piedi davanti al suo posto.
Guardava che tutti i membri del Villaggio prendere posto. Skye fece volare i suoi occhi in quelli di Muna e Indie dall'altra parte.
Ci siamo, è arrivato il momento. Pensò.
E solo quando furono effettivamente tutti seduti davanti al loro pasto, Adil proferì parola.

«Immagino che ormai tutti siete al corrente della lettera ricevuta dal nostro più acerrimo nemico» pronunciò senza girarci troppo intorno.
Non vi furono sussulti da nessuno, erano realmente già tutti informati.
Le voci giravano velocemente anche lì.
Solo Muna che era seduta dinanzi a lei la guardò, ma senza malevolenza. Mentre Indie e tutti gli altri erano tutto orecchi.
«Ho pensato bene a qualsiasi eventualità, ponderando tutti i rischi e mi sono visto costretto a prendere l'unica decisione possibile che possa darci un minimo di vantaggio in questo conflitto» guardò ognuno negli occhi, soffermandosi infine a guardare il suo superiore con cui aveva condiviso la decisione.
«Fra sei giorni esatti usciremo allo scoperto. Ritorneremo all'aria aperta. Nasconderci a questo punto è inutile. Porteremo tutto il nostro arsenale, le tende, e tutto ciò che c'è possibile portare con noi. avremo modo così di mandare ronde e sperare di trovare il famigerato Palazzo per abbatterlo, la sorpresa sarà nostra alleata. Gli artificieri e i fabbri lavorano assiduamente da giorni per garantirci armi a sufficienza. Insieme, supereremo anche questo» concluse, facendo sollevare un enorme chiacchiericcio e confusione nell'aria, molti di loro si alzarono andando verso di lui in cerca di chiarimenti, nessuno era pronto ad evacuare a quanto pare.
Lama e Joseph ripristinarono un minimo di calma.
«Ascoltate. Zitti! Tutti!» braitarono fra la folla che si stava accalcano intorno al capo villaggio, quando quest'ultimo riprese la parola, tutti cessarono di parlare anche se di malavoglia.
«Preparatevi perché saranno giorni di preparativi. Fabbricheremo più armi possibili, alleneremo i nostri soldati fino allo stremo, e prepareremo le nostre poche provviste. Una volta giunti sopra» indicò il tetto dove ora Skye era sicura ci fossero distese chilometriche di detriti e resti rimasti dalla scia di distruzione che quel tiranno si portava dietro.
«Ci accamperemo, creeremo di nuovo il nostro piccolo Villaggio, ma sempre pronto a spostarsi e radicarsi ad ogni occorrenza. Sarà più facile trovare provviste e avremo una squadra per questo. Icaro non ci torcerà un capello se rimarremo uniti fino a quella data, dobbiamo approfittarne e prenderne atto, rafforzandoci sempre di più» Portò lo sguardo su Skye.
Di nuovo la confusione riecheggiò nelle pareti. Solo Saleem sembrò non essere per niente sorpreso.
Persino Joseph e Lama si scambiarono occhiate interrogative.
«E dopo quella data, se non avremo trovato il palazzo di Icaro, cosa succederà?» fu Muna a dare voce alle paure di tutti.
Si issò in piedi e guardò il Vecchio diritto in faccia, aveva i pugni serrati e il cuore le martellava nel petto. Tutti guardavano a intermittenza lei e Adil.
«Allora sarà guerra aperta. Non abbiamo altre soluzioni, vi ricordo che Icaro già sa dove ci troviamo, rimanere non è da prendere in considerazione» le rispose. Solo quando tutti i membri del Villaggio ebbero risposta alle loro domande, Adil diede loro le spalle per rintanarsi ancora nel suo edificio per perfezionare il loro piano. La squadra che Skye suppose fosse per ricreare il Villaggio lo seguirono a ruota, era composta semplicemente da tre ragazzi. Mentre gli artificieri pranzarono velocemente per dirigersi a fabbricare armi, lo sguardo che le rivolse Patrick mentre passava, fu triste.
Molti di loro già erano a conoscenza di tutto eppure in quella situazione nessuno era contento di uscire dal Villaggio.
Skye poté vedere la frustrazione nel viso pallido di Muna, che non toccò cibo.
Indie invece non aveva proferito parola. Aveva mangiato silenziosamente e si era dileguata informandoci che avrebbe parlato con il Vecchio riguardo al trasporto dei malati.
Il resto, era puro caos.

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