19. Una squadra.

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In una frazione di secondo, Saleem ebbe le stesse identiche emozioni di Skye:

un inaspettato e struggente dolore.

Eppure la pallottola non l'aveva presa lui, ne era certo.

La vista di entrambi si annerì, era come quando si resta troppo tempo a guardare il sole, poi quando si abbassa lo sguardo c'è un attimo in cui non si riesce a vedere niente se non un insieme di puntini neri che coprono totalmente la vista.

Il rumore assordante dello sparo aveva lasciato posto ad un ronzio intermittente nei timpani, sembrava che tutto si fosse fermato.
La sagoma indistinta di Yuri si era già dileguata nell'attimo esatto in cui Saleem aveva posato gli occhi sul corpo della ragazza che stava copiosamente cadendo a terra.

Non era la prima volta che gli succedeva. Aveva già visto molti soldati cadere al suolo dopo uno sparo, lo stesso sparo che avrebbe potuto colpire lui.
Eppure non era mai abituato a quella sensazione opprimente di paura, che si intensificava nel momento esatto in cui si raggiungeva il corpo caduto al suolo dell'alleato per capire le sue condizioni ma soprattutto se era ancora vivo.

Il senso di vomito che provava ogni volta che avvicinava l'orecchio al naso della vittima, sperando di sentire il suo respiro lasciare ancora una volta i polmoni.

Ci voleva un enorme coraggio a raggiungere un corpo appena colpito e mantenere i nervi saldi, e Saleem non avrebbe mai dimenticato il sollievo di quando, appoggiando le dita sul arteria principale, sentiva battere flebile il cuore di Skye.

Il tempo si era dapprima fermato per poi riprendere a scorrere velocemente.

Saleem nonostante vivesse in loop il momento esatto in cui la pallottola aveva colpito decisa la spalla di Skye, fu in un millesimo di secondo accanto a lei; Pronto per aiutarla.

Il suo cervello era rimasto in quel loop e a quel suono, ma le sue mani si muovevano su di lei.
Aveva sperato con tutto se stesso che Icaro l'avesse miracolosamente mancata di striscio, e invece si ritrovava a guardare il sangue che sgorgava dalla ferita e si riversava sui vestiti, creando macchie troppo grandi.

Troppo grandi.

Saleem distolse lo sguardo dal sangue, si spostò per usare le proprie ginocchia per un appoggio alla sua nuca mentre Skye annaspava gli occhi di lei vagavano alla sua sinistra, non lo vedevano. Lui le spostò il viso delicatamente, guardandola diritto negli occhi.
Sono qui. Avrebbe voluto dirle.
Ma si limitò ad intrecciare i loro sguardi.

Non sapeva precisamente cosa aspettarsi, i suoi occhi non erano lucidi bensì spalancati.

Quando Saleem fu certo di poter avere la forza di staccare il loro contatto visivo, constatò la ferita e le lesioni, spostando leggermente il tessuto della maglia, dove era certo di trovare la ferita e ancora la pallottola.
Fu quasi sollevato nel vedere che il colpo le aveva colpito la spalla sinistra e non era più al centro.
Almeno questo le parve una buona notizia.
Alzò dunque poi gli occhi di fronte a sé e iniziò imperterrito a urlare i nomi dei suoi compagni.
Di una cosa era certo, avrebbero dovuto estrarre quanto prima la pallottola e medicare la ferita.

Aveva quindi bisogno di Lama. La migliore a curare i feriti.
Ognuno nella sua squadra eccelleva in qualcosa. Per questo continuò ad urlare i loro nomi.

Skye voleva rimanere immobile perché ogni respiro le mozzava il fiato ma il suo corpo era incapace di assecondarla e continuava a tremare convulsamente.

Il suo mondo si era fermato nell'esatto momento in cui aveva incassato il colpo e, solo in quel momento, alla vista del viso preoccupato e contratto di Saleem era riuscita a tornare lentamente alla realtà.

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