35. Veleno e antidoto

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Anche la fine di quel giorno arrivò presto e senza troppi intoppi lungo il cammino. Avevano attraversato gran parte della città che si era rivelata come sospettato completamente deserta, essa ora veniva illuminata da un crepuscolo mozzafiato come quello dei giorni precedenti.

Si era offerta di fare anche quella notte da guardia, ma il suo superiore le aveva esplicitamente proibito di passare ancora un'altra notte sveglia, esordendo sul fatto che tutti i soldati dovevano riposare a dovere per poter affrontare a meglio le difficoltà, essendo che quelli sarebbero stati tutti giorni incredibilmente duri.

Nessuno di loro sapeva dove tutto questo li avrebbe portati, Adil rimaneva vago sul piano, per lui dovevamo stabilirci in una vecchia base militare a qualche città di distanza e prepararci allo scontro finale, non menzionando il fatto che se Icaro li avesse trovati prima avrebbe potuto sterminarli in un batter d'occhio, per questo i loro occhi erano attenti e i furgoni continuavano a stare in avanti per sorvegliare tutta la zona del loro tratto.

Wave si era addentrato fra gli abitanti del Villaggio, e aveva presto preso sonno seguendo gli ordini dettati da Saleem. Mentre lei e Lama avevano preferito andare verso i pazienti insieme a Muna, George ed Indie.

Avevano trovato rifugio ancora su un palazzo, tenuto molto meglio rispetto a quello del giorno precedente, eccetto sul fatto che erano dovuti salire fino al secondo piano essendo che il primo era stato messo a soqquadro in cerca di qualcosa, molto probabilmente dai soldati precedenti qualche  tempo addietro perché tutto aveva uno spesso strato di polvere. Il secondo piano invece era spoglio, privo di mobilio ed era composto da un'unica grande sala, secondo George era un vecchio ufficio ma era difficile a dirsi quando tutto era cosi tanto in disordine e deteriorato.

Ai lati della grande sala, vi era un'enorme portafinestra che prima affacciava sicuramente su un balconcino che aveva ceduto durante tutti quei bombardamenti, lei si era seduta sulla soglia e si limitava ad altalenare le gambe nel vuoto come quando era piccola e sedeva su una sedia troppo grande e non riusciva mai a toccare il pavimento.

Sotto di lei, il suo superiore faceva la guardia con Joseph e Finn, borbottavano qualcosa e ogni tanto alzavano lo sguardo verso di lei che le faceva un segno per specificare che la città era priva di fonti nemiche.

Poco dopo l'entrata della notte, Lama prese posto accanto a lei e l'odore pizzicante del disinfettate le fece storcere il naso.

«Che dicono quei babbei?» Chiese facendo un cenno del capo verso i soldati sottostanti, si sedette anche lei vicino allo strapiombo. «Non riesco a sentirli» ammise poi, continuando a guardare le sagome scure nel buio essere completamente indefinite.

«Mah, sicuramente niente di interessante» mormorò con un sopracciglio alzato, mentre con una salviettina umida si puliva le mani da del mercurio o sangue secco, Skye non lo seppe.

Indie e Muna le avevano chiesto di riposarsi, e l'avevano assicurata che quella sarebbe stata una notte tranquilla anche per i loro pazienti, anche se forse l'avevano detto soltanto per tenerla lontana, Lama si destrava bene fra l'essere un soldato e un bravo medico, ma questo spesso comportava essere sempre vigile e attenta diminuendo nettamente le ore di sonno.

«Dove hai imparato a curare?» le chiese, ricordandola mentre era stata attenta e impeccabile nell'estrarle il proiettile dalla spalla. Probabilmente se non fosse stata per lei, sarebbe già morta per le stesse mani di chi ora invece l'attendeva a Palazzo.

«Qua e là» mormorò. Lama non le dava la sensazione andarle a genio a volte, non avevano mai avuto una conversazione lunga più di due frasi messe insieme ed era stata la prima a non supportarla quando entrò nella squadra. Quindi capì che doveva lasciarla in pace e stette in silenzio ed è per questo che si sorprese quando la sentì continuare.

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