58. La verità è

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Trovò Karim nella cucina della mensa, era indaffarato e assieme a lui altre due persone si dilettavano fra pentole e stoviglie.
Si fermò sulla soglia, guardando la carne spennata dell'avvoltoio che aveva ucciso giacere sul tagliere, riconobbe Leon che era intento a sminuzzarla accuratamente mentre Karim preparava qualcosa che assomigliava a dell'insalata di cactus che solo poche volte aveva visto nelle pagine del ricettario di sua nonna.
Leon quando la vide indugiare sull'uscio, si aprì in un sorriso «Skye! Che bello rivederti» chiamò, ma Karim non alzò gli occhi da ciò che stava preparando nemmeno per salutarla.
Fece un cenno di saluto all'uomo riccioluto, prima di rivolgersi a quest'ultimo «Possiamo parlare?» propose e il modo in cui incurvò le spalle quasi spazientito, non le diede un buon presagio.
«Sono impegnato ora» rispose atono, Leon gli diede una grossa pacca sulla spalla «Suvvia! Non c'è molto da fare, sicuramente puoi prenderti cinque minuti» disse dalla sua statura tozza ma lui non si mosse.
Quanto aveva capito da quello straccio di conversazione? Si ammutolì e fece un passo indietro.
«Va bene allora dopo se vuoi...tengo davvero a parlarti» frenò l'istinto di portare i palmi sul cuore per sincerarsi anche se lui continuò a non distogliere lo sguardo dalla sua ciotola.
Non annuì, la congedò semplicemente ignorandola.
Quello non era il Karim che conosceva, a cui si era abituata, specialmente negli ultimi giorni. Piuttosto quel viso impassibile le ricordò lo sguardo carico di veleno che le riservò la prima notte alla base, quando danzò con Saleem.
Non attese altro, se ne andò con il viso chino.
Stava perdendo la sua fiducia, nonostante avesse respinto sempre i suoi sentimenti era certa che non l'avrebbe mai compresa realmente.
D'altronde, chi poteva realmente comprendere qualsiasi cosa ci fosse fra lei e il suo superiore per quanto ambigua fosse?
Finn lo sapeva e anche Wave immaginò non fosse all'oscuro di ciò che era accaduto fra loro, quando perfino Patrick aveva notato ci fosse qualcosa, qualsiasi cosa essa fosse.
Ma Karim... le aveva chiesto più volte se ci fosse qualcun altro, e lei non aveva mai saputo rispondere.
Attese impaziente in camera sua che Karim comparisse sulla porta per poter finalmente parlare, ma quando non accadde, accettò l'invito di Indie di andare in mensa mentre Lama le dava il cambio nell'infermeria, si arrese anche lì quando non lo vide arrivare dopo i pasti, né lo trovò seduto al suo solito posto.
Si alzò, e prima di percorrere il corridoio, scrutò fra tutto il Villaggio, speranzosa che fra tutte quelle centinaia di facce lo trovasse.
Nessuna traccia neanche lì, quando intravide Muna nel corridoio, chiese anche a lei se sapesse dove fosse finito il suo amico, ma non ottenne nessun'informazione utile, né da lei né da Joseph che fece spallucce e si dileguò veloce.
L'arsenale era troppo visibile agli occhi di tutti essendo che cenavano, cosi deviò strada.
Immaginò di trovare Karim in quel posto quando aprì l'anta pesante, ad accoglierla però vi era solo il buio che ormai aveva imparato a conoscere, rilassò le spalle sul metallo della porta che si stava lasciando dietro.
Quiete.
Chiuse gli occhi, espirò e rilassò finalmente i muscoli.
Si costrinse a non indugiare molto con i pensieri turbinosi che la portavano sempre alla deriva.
Accantonò tutto, rilassandosi in quel silenzio, lontano dal chiacchiericcio del Villaggio che proveniva dalla mensa sita nell'altra estremità.
Un fruscio le fece spalancare di scatto gli occhi mentre anche un piccolo movimento catturò la sua attenzione.
Qualcosa più buia delle tenebre stesse, si mosse seguita da un rumore di ruote che stridevano sul pavimento.
La luce blu dei monitor presenti illuminò scarsamente la figura che era china sulla sedia.
Quando i suoi occhi si adattarono alla scarsità di quella luce, notò la marea di fogli sparsi lungo tutta la scrivania, creando un disordine caotico composto da mappe, matite, pagine e altre cose che non riuscì ad identificare in quell'oscurità.
Aveva cercato cosi assiduamente Karim, da non rendersi conto chi altro mancava alla mensa.
Saleem era in silenzio di fronte a lei, si voltò appena per guardarla severamente mentre rimaneva con un sopracciglio alzato.
«Scusa non sapevo ci fossi tu» a volte sembrava che il destino volesse farli incontrare per forza, continuava a metterla sotto pressione da quegli incontri fugaci ma intensi. Lui si rivoltò dandole la schiena, immergendo il capo in quei fogli e tamburellando una matita sul tavolo mentre rifletteva.
«Ora lo sai» biascicò austero, immerso nei pensieri o in qualsiasi cosa stesse facendo. Era un modo come un altro per liquidarla e sapeva che in cuor suo non poteva aspettarsi molto altro da lui. Dopotutto l'aveva cacciato bruscamente quel pomeriggio, per non parlare di com'era scappata via durante il loro ultimo bacio.
Sapeva che doveva ritornare indietro, lasciarlo solo, essere coerente con ogni sua singola azione, l'aveva respinto e non poteva ritornare sui suoi passi, avrebbe dovuto cercare Karim piuttosto, ma non ci riuscì. Le sue gambe si disconnetterono dalla mente e non le obbedirono quando realizzò che sarebbe stato meglio andarsene per non complicare le cose.
Si distaccò dalla maniglia, facendo qualche passo verso la sedia vuota accanto a lui.
Guardò la mappa striminzita e piena di scarabocchi che manteneva fra le lunghe dita.
«Cosa fai?» domandò non riuscendo a trattenere la curiosità, solo allora lui posò la matita, sollevando il capo ritto verso di lei, lame affilate come rasoi la scrutavano ora dal basso.
«Cosa credi che faccia? Lavoro» rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Si chiese da quanto tempo svolgeva diverse tipologie di lavoro per quella piccola comunità, era un superiore, un soldato e ora... quello.  Saleem aveva dedicato tutto se stesso al Villaggio e a quella guerra, si chiese se si fosse mai preso un momento libero da dedicare a se stesso o a quelle che erano state le sue vecchie passioni.
Ignorò lo sguardo tagliente a cui ancora non riusciva ad abituarsi «Osservi mappe, ma perché?» constatò, solo il deserto e vari monti si estendevano disegnati in grosse pennellate di fronte a lui, i contorni calcati di nero fra le città aride e le infinite dune desertiche si estendevano lungo tutta la carta spessa.
«Perspicace» il tono freddo e distaccato l'avrebbe dovuta far ritornare sui suoi passi, invece si sedette al suo fianco, guardandolo attenta mentre lavorava, tracciava linee e studiava ogni millimetro di quel disegno.
«Siamo qui?» chiese dopo svariati minuti, picchiettò su un punto evidenziato in rosso. Annuì semplicemente, non sprecando neanche una parola in risposta.
«Perché le studi tanto?» intendeva tutte le varie mappe sparse lungo i bordi della scrivania. Ci mise cosi tanto tempo a rispondere che pensò non le avesse di nuovo dedicato altro tempo, ma la sorprese quando invece lo sentì dire «Ipotizziamo dove possa essere il Palazzo di Icaro» dischiuse la bocca dallo stupore mentre osservava con nuovi occhi quegli intrecci e la cartina nel suo insieme, sospettò che quelli dove vi era disegnata una grossa X sopra erano già stati supervisionati.

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