25. un nuovo giorno

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Seduta accanto all'entrata della grotta, osservò Joseph d'innanzi a lei dormire, il russare dell'uomo riempiva tutta la caverna creando un eco assordante.

Ma a Skye non dava fastidio, anzi. Ad ogni ronfare, lei si calmava, si sentiva man mano più sicura. Infondo se qualcuno dormiva mentre era di guardia, per lei voleva dire che non vi erano pericoli imminenti.

Eppure non era sempre cosi, ogni giorno che passava al Villaggio dopo l'incontro, si sentiva sempre più agitata, e se ne rendeva conto anche duranti gli allenamenti, quando perdeva la concentrazione su ciò che stava facendo.

Guardò il soldato con la testa penzolante verso le braccia conserte, la bocca dischiusa e gli occhi chiusi crearono un'immagine diversa dell'uomo cui era solito vedere. La stazza grossa e i muscoli massici spaventavano chiunque non lo conoscesse bene, ma in realtà Joseph era sempre stato gentile con lei, e a quella visione in cui dormiva di sasso come un bambino, si addolcì.

Da quando aveva messo a rischio qualsiasi membro del Villaggio, si era offerta per alcuni turni di guardia, e da quando era un soldato a tutti gli effetti, nessuno si era potuto opporre, neanche lo stesso Saleem, che cocciuto com'era, provava sempre a remarle contro e allontanarla il più possibile dal campo di battaglia.

Probabilmente al suo superiore avrebbe fatto piacere se lei fosse rimasta al Villaggio e avesse preso a fare mansioni diverse come curare i malati o preparare i pasti, forse anche produrre armi era meno rischioso di far parte di quella squadra.

Ma Skye sentiva quella guerra scorrerle nelle vene, come un richiamo lontano.

Si voltò verso le tenebre della notte, da lì non poteva ammirare le stelle, le due sedie per le sentinelle erano poste nella rientranza sotto ad un tetto di rocce ma abbastanza erano comunque vicini all'uscita, la stessa che diversi mesi prima, aveva cercato di oltrepassare.
Ricordò i primi giorni al Villaggio, quando Saleem ancora non le parlava e lei credeva di esser stata rapita da chissà quale viscido maniaco. Provò quindi a scappare dalla botola speranzosa di essere salvata da qualcuno una volta uscita dal sottoterra, era ignara che probabilmente, se fosse davvero riuscita ad andare oltre quell'entrata, la sua sorte l'avrebbe accompagnata a morte certa.

Era quello stesso giorno quando incontrò per la prima volta Joseph e Finn, seduti l'uno di fronte all'altro, le avevano puntato contro due grossi fucili.

Ironia della sorte, ora era lei seduta di fronte a Joseph ad avere un fucile e proteggere quello stesso Villaggio.

Fissò l'arma ai suoi piedi, la lunga canna era rivolta verso di lei. La paura che provava ogni volta che toccava un'arma, era scomparsa da molto tempo. Ma avrebbe comunque saputo premere il grilletto se sarebbe servito?

Un conto era allenarsi e mirare a dei sacchi di iuta, un altro era uccidere davvero qualcuno.
Era disposta a tanto per il Villaggio?
Le parole del Vecchio le ritornarono in mente, molto probabilmente intendeva proprio quello quando gli aveva detto che man mano avrebbe perso pezzi della sua anima.

Eppure...se pensava ad Icaro, la sua sete di vendetta l'annebbiava cosi tanto da immaginarlo lì morto ai suoi piedi.

«Sembra che tu non ne abbia mai visto uno» Sentì dire da Joseph, cosi assolta nei suoi pensieri, non aveva notato che gli echi e il ronfare erano cessati da un po'.

Alzò gli occhi verso l'amico che ora l'osservava con gli occhi assonnati.

«Vorrei poterti dire buongiorno, ma credo sia ancora notte fonda» osservò lei guardando le tenebre.

Lui annuì e distese meglio le gambe, sbadigliando e portando il fucile alla spalla.

«Già e scommetto che tu invece hai pensato a chissà quale diavoleria per tutto il tempo» brontolò nello sbadiglio, distendendo e aprendo anche le braccia. Lei ridacchiò e riportò lo sguardo al fucile.

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