23. Un tesoro nei meandri della terra

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Erano passate poco più due settimane quando gli stivaletti di Skye riapparvero fra il terriccio dissestato dei campi di addestramento.
Sotto consiglio di Indie e Lama, era stato a riposo che fu incredibilmente lento e estenuante.
Insomma, al Villaggio se eri malato non c'era nulla che potessi fare, lì ognuno si rendeva utile a fare qualcosa.
Negli ultimi giorni, si era limitata a tagliare delle erbe nella cucina. Grazie a Muna, aveva conosciuto altri membri. La cuoca principale era una donna che prima faceva la badante, era spiritosa e arzilla anche se aveva passato i sessant'anni, si chiamava Imane. Al suo fianco lavorava un ragazzino di nome Omar e un'altra ragazza che si faceva chiamare da tutti "Eva"
Avevano creato un trio spiritoso degno di una serie tv, pensava Skye ogni volta che era in loro compagnia.
Dopotutto era bello passare il tempo con persone cosi leggere, con loro sembrava sempre che non vi fosse nessuna guerra in agguato.
Nonostante la bella compagnia, non le erano mancate le ore a tagliare alimenti, soprattutto quando era toccato il turno della selvaggina.
Fu anche per questo lieta di riprendere gli allenamenti, ed era certa di dover recuperare molto, anche se a piccole dosi.
La ferita le si era cicatrizzata, ma comunque le tirava e doleva, non poteva esercitarci pressione, né sforzarla. Ma il pericolo che le si infettasse era praticamente passato.
Wave appena la vide le andò contento incontro.
«My lady! Non startene lì impalata, non ricordi più da dove iniziare?» Scherzò, abbracciandola, l'alzò senza sforzo dal suolo, facendola volteggiare nell'aria.
«Hai una bella cera» le urlò quasi dall'euforia, rimettendola a terra.
«Wave. Sta attento alla ferita almeno, altrimenti sarebbe stato tutto un lavoro sprecato» interruppe Lama, che soltanto dopo poco degnò a Skye di un veloce cenno del capo.
La pelle diafana era candida di sudore, i suoi muscoli erano perfetti, come se fossero stati disegnati.
«Tu. Muoviti. Oggi mi assisterai e farai essatamente tutto ciò che ti dirò, sono ordini di Adil» disse poi riguardandola.
«Qui non abbiamo tempo per gli strappi muscolari, le ferite, o chissà cosa. Sarai più pronta ad un ipotetica missione soltanto se ti rimetterai al passo con tutti noi. Più ti alleni, più avrai risultati, più avrai risultati, più garantirai sicurezza» si mise sul tratteggio bianco che delimitava la partenza del campo,  iniziò subito a correre senza batter ciglio. Skye silenziosa la seguì, incidendo così l'inizio di una pessima giornata.
Sicuramente fra tutti, quella che non preferiva era proprio la compagnia di Lama, non che la odiasse o cosa, ma era sempre stata troppo scontrosa nei suoi confronti. Non le serviva di certo voluto la sua approvazione per entrare in squadra, ma sicuramente avrebbe aiutato in parte.
Dopo sette giri finalmente si fermarono, Lama era impegnata a bere dell'acqua direttamente a canna dalla sua borraccia, mentre Skye pregava che quello che sentiva al polpaccio non fosse già un crampo.
Erano bastate poche settimane per non starle già più a passo. Quando Lama finì di bere, era già pronta per il secondo allenamento, mentre Skye supplicava mentalmente di ritornarsene nella botola e dormire.
Quando finirono era l'ora di pranzo, finito il pasto, che era composto da l'ennesimo brodo di funghi, Joseph e Finn si issarono dal tavolo riempiendosi le borracce e abbandonandoli.
«Vanno di guardia all'ingresso» anticipò Muna guardandola sottecchi mentre finiva il suo brodo. Skye arrossì per la sua perspicacia.
«Hanno rinforzato la sorveglianza dopo che...sai...» concluse Indie inserendosi nel discorso, lasciando le parole a mezz'aria.
Quindi il Villaggio sapeva. Evidentemente Adil aveva comunicato loro l'imminente pericolo, ma gli aveva rivelato anche che era stata Skye stessa ad aver rivelato tutto ad Icaro?
Guardò meglio Indie era una persona pacata e tremendamente cordiale, una di quelle che non ferirebbero una mosca, proprio per questo forse studiava medicina. Pensò che forse le avrebbe fatto comodo avere proprio un medico come lei durante la scorsa missione. Anche se Lama se l'era cavata piuttosto bene.
«Già» sussurrò solo, incupendosi. Non si sarebbe mai perdonata.
Dopo quella stessa missione aveva anche altri tipo di timori. Le sue paure più intime la portavano spesso a pensare all'ostilità del suo superiore, Saleem. In cuor suo sapeva che ora era protetta dall'ala di Adil, e che era diventato un soldato a tutti gli effetti. Poteva finalmente porre fine all'apprensione che aveva sul fatto che gli altri potevano partire per qualche pericolosa missione senza di lei. Che da un giorno all'altro potessero lasciarla lì in quella botola.

Era vero, si era messa in pericolo mettendosi come scudo fra Icaro e Saleem, ricevendo un colpo non indirizzato a lei. Sapeva bene che per questo il suo superiore non l'avrebbe presto perdonata. Ma era certa che avrebbe fatto un questo anche per un altro membro della squadra.

E infondo, se non c'era stata lei, chi l'avrebbe salvato?

«A volte penso che Icaro è proprio come una macchia d'olio stesa su una camicia di lino, si espande irreversibilmente. Rimane lì, indelebile, macchiandoti per sempre» confessò Muna, lasciando definitivamente il pasto nel piatto. «La penso proprio come Muna. Skye, io capisco perché tu sei andata a quella missione. E non ti biasimo. Avrei fatto la stessa cosa molto probabilmente, se solo non servissi di più qui, ad accogliere malati» confessò Indie, la guardò diritta negli occhi per farle capire la veridicità delle sue parole e, per un singolo attimo, a Skye le si riscaldò il cuore.
Non capitava da un po' di tempo di essere realmente compresa da qualcuno.
Non parlavano spesso di Icaro, ma in cuor suo sapeva che condividevano gli stessi ideali e volevano lo stesso lieto fine.

Allungò le mani verso le ragazze in un gesto di genuinità, si allungarono a loro volta, stringendole i palmi.

Nei giorni seguenti, la speranza di poter salvare non solo la gente del Villaggio ma anche le persone che le stavano più a cuore proprio come Indie e Muna, diedero più grinta agli allenamenti di Skye, che riuscì suo malgrado, a seguire precisamente tutti gli esercizi sfinenti di Lama.
Badava alla ferita da sola, una volta rinchiusa nella botola, la disinfettava e medicava, anche se questo non bastava ad alleviare il dolore. Per questo la notte rimaneva sveglia a guardare il soffitto.
Indie si era spesso offerta di darle un occhiata, ma aveva sempre declinato.
Voleva smetterla di sentirsi un peso.
Ed era certa che prima o poi la ferita si sarebbe rimarginata del tutto.
Sia quella alla spalla, sia quella incisa nel cuore.

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