8. Buio e boati

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Icaro, guerra, assedio, Dover.

Mentre formulò l'ultimo pensiero nella sua mente, prese coscienza di essersi addormentata seduta sulla coperta in plaid.
un rumore assordante susseguito da un tremore forte la fece scatta sull'attenti.

Scattò in piedi giusto il tempo di sentire un altro boato assordante e poi vide il buio più totale.
Le poche luci esistenti lì sotto terra, tremolarono fino a spegnersi.

La corrente saltò per poi ritornare a intermittenza, appena aperta la porta un enorme quantità di terriccio e polvere si alzò in aria, affaticata con il respiro per via del enorme quantità di terreno nell'aria, Skye avanzò nel buio.
I suoi occhi provarono ad abituarsi a quella luce e le sue mani tastarono il vuoto, iniziò a muoversi mentre una serie di suoni scoppiavano ripetuti sopra di lei creando forti scossoni.
Le pareti rocciose tremavano persino la terra sotto ai suoi piedi.
Grossi cumuli di polvere si innalzavano a sbuffi sotto al peso di alcuni massi che si staccavano dalle pareti per finire sul cammino stretto.
Sentì in risposta a quelle esplosioni, il sangue pompargli nelle vene. L'adrenalina era in circolo mentre Skye avanzava a grossi passi verso il buio. La luce tornò per un istante, quel che bastò per rendersi conto di aver superato i tendoni. Doveva essere non troppo lontana dalla Torre.

Sentiva tra un passo e l'altro, di nuovo la paura attanagliarle le gambe, era quell'orribile sensazione a sopraffarla negli ultimi giorni, la stessa sensazione che aveva provato al suo risveglio, quando Saleem l'aveva portata via dallo spettacolo di danza in cui si accingeva ad esibirsi.
Aveva scoperto che era stato così magnanimo da salvarla.
Salvare. Quella parola, per lei, era ancora priva di significato. Non si sentiva per niente al sicuro e tanto meno in salvo in quel posto.

Non avrebbe saputo vedere ad un palmo dal suo viso, per questo si stupì quando una luce tremolante balenò, attirando la sua completa attenzione.
Come un Falco si avventò in quella direzione, sorpassando quella che aveva tutta l'aria di essere un arco che creava una rientranza. Anzi, era una vera e propria entrata.
Assottigliò gli occhi per via delle nuvole di polvere e detriti che fluttuavano insistenti intorno a lei, ma continuò in quella direzione finché non finì contro qualcosa. O meglio qualcuno.

Fece un balzo indietro e sgranò gli occhi, poi li socchiuse sentendoli bruciare per la polvere.

«Chi sei?» chiese a denti stretti, portandosi le mani agli occhi secchi, dopo alcuni secondi di silenzio, la sagoma si mosse nel buio e prese forma, il viso grosso di Joseph divenne più nitido. Sorpreso la guardava di rimando.

«Che ci fai qui? Svelta. Vai alla numero 124!» Blaterò non prima di essersi coperto la bocca con l'avambraccio, indicandole quel che le parvero subito altre case simili a quella dove lei stessa aveva trascorso gli ultimi giorni.
Erano tante, si susseguivano fra loro e venivano contraddistinte da soli numeri scritti in nero, forse con della semplice vernice a spray sul fronte ma Skye non seppe decifrarlo bene per via della polvere.
Joseph la liquidò subito camminando a passo svelto nella direzione opposta, così a Skye non restò altro da fare che andare a cercare quel maledetto numero dove prima Joseph le aveva indicato.
E, quando lo trovò un'altra esplosione le stordì le orecchie, di rimando si precipitò sulla porta in legno grezzo, bussò a raffica, aspettando che si aprisse il prima possibile.
Poco dopo così fece, sentì la porta spostarsi dai suoi palmi chiusi a pugno che rimasero a mezz'aria. Ad aprirla era stato il viso angelico di un ragazzo biondo, dagli occhi color cielo e dal volto preoccupato che, senza dire una parola, le afferrò il braccio e la fece entrare dentro.
Il cuore le rischiava di fuoriuscire dalla cassa toracica e non sapeva se era per la bellezza del ragazzo, se per il fatto che uno sconosciuto l'aveva buttata dentro casa sua o per i continui boati che minacciavano di far crollare tutto.
Forse, per tutte e tre le cose.
Ansimante si guardò intorno, era poco più grande della sua camera, salotto vuoto, composto solo da pochi cuscini buttati casualmente a terra.

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