55. Tutto sbagliato

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Se Saleem l'avesse creduta o meno, non lo diede a vedere, almeno non quella notte.
Guardava la soglia della porta nella sua camera come se da un momento all'altro potesse vederlo entrare come un tornado in cerca di risposte.
Immaginò le sue due amiche, Muna e Indie, zittirsi di colpo alla sua vista, perché lui aveva questo potere, quello di poter entrare in qualsiasi camera e far calare subito il silenzio, calamitando l'attenzione di tutti con la sua semplice presenza.
Ma questo non accadde, quello che invece successe furono le due ragazze che continuavano a ronzarle intorno preoccupate ma anche curiose, avevano chiesto ogni singolo dettaglio di quello che era rimasto della loro vecchia città, la stessa che non vedevano da diversi mesi.
Anche Indie, ricordò, conosceva bene le mura della corte, per questo faceva fatica a credere che le possenti pareti imperiali fossero crollate al suolo come foglie secche.
Avevano voluto tutte le informazioni, anche del modo in cui aveva ucciso i vari avvoltoi e aveva salvato Lama da un coyote, sorvolò appositamente il bacio di Saleem e l'incontro con Icaro, per il resto raccontò tutto.

Loro in cambio, raccontarono com'era stato divertente ammirare i vecchi artificieri alle prese con gli allenamenti, Patrick e i suoi scagnozzi erano stati mandati più volte in infermeria per due motivi: avevano ricevuto dei turni extra per la loro cattiva condotta e si erano quasi slogati una caviglia per la loro sbadataggine durante la spiegazione di alcuni esercizi, Joseph e George se la ridevano di gusto quando avevano trascinato i tre davanti alle porte dell'infermeria.

Svelarono che erano arrivati giusto in tempo per le scorte, perché erano giorni che mangiavano una sorta di brodo stantio senza nutrienti e sapore, per questo gli occhi di Muna si illuminarono come stelle quando seppe che era riuscita a trovare anche della menta nel bosco e ne aveva prelevato un bel po' dal terreno per scorta.
Era quasi giunta l'ora di dormire, quando Camille apparve sulla soglia della porta, invitò lei e Lama a farsi una bella doccia che fosse in grado di recuperare i giorni persi, le due accettarono molto volentieri e ne approfittarono per lavare anche i loro indumenti, che con il caldo del deserto avrebbero impiegato meno di una notte per asciugarsi.

Stava insaponando ancora la sua maglia, quando notò delle chiazze scure rimaste incrostate, più strofinava e più notava l'acqua tingersi di rosso, probabilmente era ciò che rimaneva del sangue dell'uomo che Icaro aveva ucciso tranquillamente, avvalendosi delle sorti della sua vita come se ne avesse avuto tutto il diritto.

Non si accorse di guardare quelle macchie ancora con la fronte corrugata, finché Camille gli tolse dalle mani la stoffa.

«Va pure, ci penso io qui» propose, omettendo il fatto che per tutta la doccia non aveva potuto fare a meno di guardarle i lividi che le avevano segnato grossolanamente gran parte delle braccia e del corpo.

«Tranquilla, Camille, ci riesco» mormorò ma lei insistette, premendole le dita ossute sulle spalle e facendole cenno di uscire. «Voglio sdebitarmi» pronunciò. «Non c'è nulla per cui tu debba farlo» ma ormai Camille era già alle prese con acqua e sapone, non degnandole più di uno sguardo, le rivolse solo un altro frettoloso cenno di mano che indicava la porta.

Quando ritornò in camera, Lama era già crollata in un sonno profondo, avvolta nel lenzuolo sonnecchiava beata e rumorosa, anche Muna nell'altro letto si era addormentata, i capelli sparsi su tutto il cuscino e le ginocchia a petto creavano una scena dolce, immaginò Indie fosse andata all'infermeria per iniziare il turno notturno.

Provò una sensazione di calore espandersi e irradiarsi dentro il petto, guardandole immerse nel sonno profondo, pensò che erano sue amiche. Aveva protetto Lama da un coyote, e lei le aveva curato letteralmente i suoi lividi. Sentiva di doverle proteggere e che se fosse ritornata a Dover avrebbe perso tutto ciò che invece aveva trovato.
Pensò che avrebbe voluto dormire lì con loro, sentirsi protetta anche lei, evitare di dormire sulla pietra rigida e disomogenea nella sala dell'arsenale. Di fronte a quella scelta rimase per un po' con i pugni stretti, poi indossò alcuni vestiti che aveva trovato nelle macerie, una semplice maglia larga e un pantalone grigio impolverato troppo lungo, si diresse poi verso la mensa quando nel corridoio incontrò Karim.

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