61. È solo l'inizio

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Urlò disperata e a perdi fiato il nome di colui che l'aveva rinchiusa in quella stanza, pregando che davvero non le avesse fatto un torto simile.

Si sentì spezzare il cuore quando non ricevette nessuna risposta nei seguenti e inesorabili minuti, scivolando lenta sul pavimento ebbe la sensazione che la disperazione che aveva sempre tenuto a bada e covato dentro, per la prima volta da quando era giunta in quelle terre, la invadesse con un impatto cruento.

Trattenne l'ondata di gelo e tremolii, era quell'orrenda sensazione che Wave le aveva spiegato pochi giorni prima, l'aveva chiamato: attacco di panico. Provò a respirare profondamente proprio come le aveva suggerito quella volta, ma ad ogni respiro sentiva di non incanalare abbastanza aria nei polmoni. Era come se le avessero appena strappato via le sue ali e il suo vessatore era stato proprio l'impensabile Saleem.

Si alzò a stento mentre si avvicinava ad uno dei monitor illuminati, non sentiva più le urla di terrore della gente del Villaggio provenire da stanze adiacenti, voltò il capo verso il fuoco che continuava ad ardere e ad inghiottire sabbia e cenere oltre il labirinto, avanzava piano verso di loro.
I radar segnalavano due punti rossi in continuo movimento sopra di loro, corse verso la vetrata, saltando sulla scrivania per ergersi meglio, sentì il vetro sotto alle sue mani sussultare, percepì anche il rumore delle eliche in alto che roteavano frenetiche.
Icaro.
Icaro era riuscito a fare l'impossibile, stanandoli anche in quel deserto mentre erano nascosti fra le rocce incastonate che fungevano da barriera.
Diede dei pugni sulla finestra, sperando crepasse sotto alla sua forza, poi saltò giù dalla scrivania, sovraccarica di angoscia prese una delle sedia fra le mani e la scaraventò con tutta la sua forza su di essa.
Cadde sul piano in legno con uno schianto, senza rompere in mille cocci quella superficie, ringhiò per la frustrazione.
Negli attimi che seguirono, non seppe quante cose acciuffò sotto mano per tutta la stanza, ma lanciò su quel vetro una miriade di cose in modo compulsivo nella speranza di aprirsi un piccolo varco e reclamare la sua libertà, voleva poter aiutare e dimostrare quello che finalmente aveva scoperto d'essere, essere utili, aiutare tutti i suoi amici.
Poi diede delle grosse spallate alla porta, sperando potesse abbatterla e scardinarla, ma ogni suo tentativo erano invano e completamente inutile.
Urlò ancora, mentre strofinava le mani sul viso nervosa e batteva i denti dal freddo insistente della paura.
«Stupido, egoista!» imprecò nella speranza che in qualche modo potesse sentirla, non ebbe altra scelta.

Sfoderò infine la sua pistola, puntandola verso il vetro con un colpo di dita slacciò la sicura, stava per colpire diretta la superficie quando pensò fosse meglio abbattere la serratura della porta.
Proprio mentre gli si avvicinava sentì uno scatto secco, incredula corse verso di essa e titubante mosse di nuovo la maniglia, finalmente si aprì leggermente.
Nessun volto si celava dietro, guardò allora entrambi i lati del corridoio trovandoli completamente vuoti, fece un passo verso l'esterno.
Schiacciò per sbaglio qualcosa che giaceva al suolo, più precisamente notò essere una scatola rossa cremisi.
Alzò lo scarpone testa di moro, guardando confusa la scatola stropicciata già da un lato per via del suo peso, si abbassò per prendere il contenuto fra le mani e una scossa di brividi la percorse ancora prima di aprirla.
Già conosceva cosa stava per alzare, strinse leggermente i suoi bordi prima di sollevare il coperchio, gettandolo poi via.
Chi le aveva lasciato quella scatola fuori dalla porta? non era neanche a conoscenza che qualcuno si fosse preso l'impegno di portarla fin lì dal vecchio Villaggio.
Qualcuno l'aveva dovuta per forza trasportare nascosta nel furgone o nel proprio zaino con quel intento, si domandò chi poteva essere.
Un altro boato scosse la base e le luci tremolarono tutte intorno a lei, mentre alzò alla sua altezza il vestito blu sontuoso.
Corse verso la sala da cui era appena uscita, le vetrate lasciavano intravedere altro fumo denso, questa volta molto più vicino, lo riconobbe; quello... era il suo segnale, il suo richiamo.
Senza troppi indugi, tolse via la canottiera lasciandola cadere sul pavimento e slacciò con una mano i pantaloni spessi, mentre a tentoni proseguiva in avanti, si trascinò dall'alto verso il basso il vestito sfarzoso, che le si impigliò sulle spalle prima di scivolare lungo i fianchi con il tessuto che aderiva ai fianchi.
Fece due passi per togliersi definitivamente i pantaloni caduti sulle caviglie, non si era presa la briga neanche di togliersi le scarpe ed ebbe solo poco tempo prima di munirsi di pistola e sciabola, lasciando nei tasconi dei vecchi pantaloni a terra l'altra pistola e la mitragliatrice poiché non ebbe altro spazio in cui riporle.

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