34. Feelings crash

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Quando l'alba arrivò, diede una strana sensazione di pace a Skye. Seduta sul muretto con Wave, se ne beò.
Forse era l'aria meno arida e leggermente più frizzante o forse era il fatto che erano sopravvissuti ad un'altra notte, e non una qualunque, ma la prima fuori dal Villaggio, ovvero il sottoterra che avevano adoperato come piccola base, seppur fatiscente aveva comunque reso possibile la sopravvivenza per molte persone.
La speranza che Icaro avesse mantenuto davvero la parola e avesse ritirato le sue truppe nell'ipotesi che Skye avesse davvero preso in considerazione di accettare il patto, si fece più solida.
Il sole colorò il cielo quasi nero, le stelle si dissolsero costringendo il buio a fare retromarcia dando spazio ad un cielo quasi limpido.
Aveva meno paura di guardare i confini, quasi non si aspettava più che i nemici sbucassero fuori da un momento all'altro. Ma per Wave non era ancora cosi, rilassato alle sue spalle, reggeva ancora saldamente l'arma fra le sue mani, non sapeva se lo faceva per paura o per abitudine ormai.
I primi abitanti del Villaggio si alzarono grazie ai primi raggi, presero un sorso della loro acqua e iniziarono a guardarsi anche loro intorno, dopotutto non era la sola a cui era stata privata per mesi della luce diurna e delle stelle.
Il picchiettio del bastone di Adil li raggiunse poco dopo, quando il tonfo del bastone divenne più vicino, videro la sua figura coprire l'alba, l'immagine candida composta dalla folta barba chiara e il netto contrasto con la pelle quasi ambrata del Vecchio gli diede il buongiorno.

«Com'è andata la prima notte?» chiese, voltando il viso assieme agli altri due che si voltarono all'unisono quando sentirono dei passi frettolosi raggiungerli, il Vecchio sorrise contro la figura di Lama.
«Bene» risposero in coro quando la donna li raggiunse, Adil annuì sereno, voltandosi anche lui a guardare la prima alba sulla città.
«Perfetto, avete finito il turno ora, rilassatevi un attimo perché fra un'ora si riparte» suggerì prima di allontanarsi lentamente, seguito da Lama che invece andò a riporre il suo zaino nell'edificio adibito ad ospedale e finalmente si distese chiudendo subito gli occhi. Anche Wave le andò vicino e si accomodò alla meglio sul pavimento sconnesso, Skye invece salì i gradini del primo piano.
Ora che la bellezza di quell'alba era svanita, anche la sua stanchezza si fece sentire piombandole addosso come un sacco di patate, spossata si accomodò in una piccola rientranza, vicino a dove il corpo di Karim stava riposando profondamente, la bocca dischiusa e il respiro regolare la rassicurarono, cosi Skye appoggiò anche lei lo zaino accanto al suo e, sdraiandosi sul quel che rimaneva di un pavimento piastrellato, si immerse in un sonno profondo che la raggiunse subito.
Si svegliò poco dopo, quando sentì una mano stringerle ferrea il polso.
Aprì lentamente gli occhi, con ancora le palpebre pesanti guardò chi le stava stringendo il polso; una figura sfocata divenne lentamente più nitida e dovette combattere contro l'istinto di richiudere gli occhi per razionalizzare ciò che la circondava. «Scusa» mormorò Karim con occhi e denti serrati fra loro, era ancora tutto confuso ma Skye capì presto la provenienza del suo dolore quando il suo sguardo scivolò sull'uomo al suo fianco, era Indie la causa, o meglio, ciò che stava facendo. Ristendeva meticolosamente l'unguento del giorno prima sulla ferita aperta. 

«Ci siamo quasi» lo rassicurò, estraendo dallo zaino una pinzetta con la punta curva, trafficando poi con i lembi di cute necrotica. «Mi dispiace Karim ma dobbiamo assolutamente rimuoverla ora» continuò, disinfettando ripetutamente l'area al contempo.

Skye si mise seduta soffocando uno sbadiglio,  guardò poi la presa sul suo polso, le nocche bianche di lui le suggerivano che stava stringendo forte, eppure lei era ancora cosi intontita da non sentir nulla.

Si concentrò sulla sua pelle madida di sudore e le piccole necrosi che fuoriuscivano dal quadricipite non erano di certo un buon presagio.
Karim la guardò, scusandosi ancora con lo sguardo ma non diminuendo la presa, lei scosse il capo per rassicurarlo, poi si sporse leggermente per togliergli i capelli bagnati appiccicati alla fronte, essi erano cosi lunghi che dovette spostarli anche dai suoi occhi.
«Andrà tutto bene» biascicò, togliendogli l'ultima ciocca dal viso umido, stava rimuovendo la sua mano quando l'altra libera di lui la prese a volo riportandosela sul volto.
«Continua» la supplicò stringendo di più i denti.
Lei continuò, pensando che l'odore acre e il rumore di quelle pinzette erano gli unici suoni nella stanza, Karim non emise un lamento.
«Andrà tutto bene vedrai» ripeté con la voce più rassicurante che possedeva, ma lei non era brava a mentire e la sua voce era troppo acuta in quel momento per poter rasserenare qualcuno, specialmente in quella situazione.
«Ecco!» esclamò Indie dopo quello che parve un'infinità di tempo, sfoggiava fiera fra le mani l'ultima parte di tessuto necrotico che rimase penzolante fra le punte curve dell'attrezzo.
«Oh Signore» esclamò grato Karim. «Dobbiamo comunque tenerla sottocchio, non posso operarti qui, ma appena ci stabiliremo dovrò vedere se sotto lo strato si nasconde altro tessuto infetto, purtroppo questo viaggio non aiuterà le tue condizioni» avvertì mentre prese della garza dallo zaino.
Tutte e tre sospirarono comunque di sollievo. Non sapeva se era la temperatura del corpo dell'uomo oppure il calore esterno aveva già fatto comparsa, ma nell'aria era diventato già difficile respirare normalmente, l'aria frizzante di quella notte era stata spazzata già via dal sole rovente.

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