1. Una vita lineare

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La mattina era tremendamente odiata da Skye poiché sin dal risveglio si hanno innumerevoli varianti sull'andamento della giornata stessa.

Proprio per questo la mattina dovrebbe essere un inizio facile da affrontare, dovrebbe incominciare sempre con una tazza di caffè fumante sulla tavola e una ciambella glassata al suo fianco; ma non era sempre cosi.
Skye quella mattina non riusciva proprio a scrollarsi via la sensazione di inquietudine che l'avvolgeva già dall'alba fresca, aveva aperto gli occhi qualche minuto prima che il buio facesse marcia indietro nel cielo di Parigi.
Non sapeva l'esatto motivo del suo risveglio; non aveva nessun dolore fisico né aveva fatto qualche incubo mentre era rannicchiata tra le braccia di Morfeo, eppure la sera prima si era coricata sfinita dalle prove per l'imminente spettacolo di danza.
I suoi muscoli per tutta la giornata precedente erano rimasti stremati per l'allenamento completo ed erano alla ricerca di un bramato timeout che aveva ricevuto solo a tarda sera, una volta distesa sul materasso rigido della sua camera, non aveva riconosciuto nemmeno l'esatto momento in cui era crollata in un sonno profondo ma non altrettanto lungo.

Quella mattina era rimasta nel letto a fissare il soffitto bianco con delle macchioline a spruzzo nei bordi da un colore poco promettente, poi quando il cielo si era dipinto dei colori più accesi di un alba maestosa, aveva tirato via il pesante piumino dal suo corpo e aveva raggiunto il piccolo terrazzo, appoggiandosi alla ringhiera arrugginita del quarto piano, aveva assaporato l'aria fresca non ancora del tutto impregnata dello smog cittadino di una città frenetica come quella.

Quel giorno si sentiva totalmente vuota.
C'erano volte, come in quella, in cui si sentiva insoddisfatta della propria vita e di sé stessa.
Non sapeva realmente dov'era il posto in cui voleva vivere e costruirsi un futuro tantomeno chi essere davvero, proprio quando sentiva un bisogno immenso di conoscersi.
Insomma, ballare le era sempre piaciuto, si sentiva viva dinanzi ad un palco. Eppure... ultimamente se lo chiedeva più che mai che cosa avrebbe fatto realmente in un futuro imminente. Non riusciva più a vedere la sua danza come un lavoro promettente a cui realmente attingere. Ormai la sua carriera le sembrava più un concetto astratto e ora più che mai desiderava stabilità e certezza nella propria vita.
Chiuse gli occhi per un istante e immaginò in un altro luogo. Desiderando di essere ovunque, ma non lì.

Sentiva che ormai non riusciva proprio a sfuggire alla solitudine che spesso l'attanagliava, quindi stava semplicemente imparando a conviverci. Si chiedeva spesso cosa le fosse successo, perché cosi di punto e in bianco si sentiva cresciuta e distaccata dal mondo che la circondava, perché non riusciva a dare un nome alle sue emozioni e a capire cosa volesse davvero.
Insomma la danza le era sempre piaciuto, sin da piccola e ora... ora sentiva come se avesse tradito chi era davvero. Se crescere e cambiare voleva dire questo, Skye voleva non doverlo fare mai più in vita sua.

Parigi dormiva ancora, era cosi silenziosa quella mattina, anche gli uccelli erano pigri nel canticchiare sentendosi ancora pesanti per la folta umidità che regnava ancora sulla città in pieno aprile.

Si preparò per l'imminente partenza per cui si era tanto esercitata da mesi.

Scelse una sciarpa color crema e una camicia bianca però non volendo rimanere troppo sul classico lasciò scivolare le gambe in un semplice jeans chiaro; Il suo look era sempre stato poco definito, era sempre rimasta nel mezzo, né sportivo né classico, né caffè macchiato né latte a caffè, era sempre rimasta giusto al centro e nessuno mai l'aveva notata per davvero; l'avevano sempre sottovalutata o valutata troppo, era sempre stata spinta troppo in basso o troppo in alto e proprio per questa ragione si trovava lì, lontana da chiunque conosceva da una vita solo per trovare la sua strada senza che nessuno la giudicasse.

La lancetta dell'orologio appeso al frigo segnava a malapena le sette e mezza quando uscì dal buco che ormai definiva appartamento. Raggiunse tramite taxi tutte le compagne di danza in aeroporto.
Erano già tutte ammucchiate poco dopo la porta girevole d'ingresso. Indaffarate com'erano le rivolsero un cenno distratto con la testa prima di proseguire con la loro ricerca dei biglietti per il check in.
Le osservò mentre si scambiavano consigli, fogli, valigie, e chissà cos'altro. Skye vide solo un via vai di braccia e mani davanti a lei e di urletti striduli che dimostrava quanto erano tutte emozionate e frenetiche per il viaggio che le aspettava, in netto contrasto con ciò che provava lei.
Dopo più di sei ore di volo, Skye sonnecchiava per gran parte dell'atterraggio e vide a malapena le luci della cittadina sottostante che venivano risucchiate dal buio assoluto del deserto poco distante da loro.

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