11. Mira al centro e spara.

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Erano due settimane ormai che Skye tracciava sul muro, con il carboncino trovato in uno dei tendoni in cui fabbricavano armi, delle X che simboleggiavano i giorni passati lì.
Subito dopo, si recava ai campi prima degli altri membri della squadra e con il silenzio che alleggiava ancora nell'aria, iniziava già i suoi allenamenti, doveva mettersi in qualche modo al pari con gli altri, anche se quello le sembrava ancora impossibile.

Iniziava dalla corsa del parco Avventura, dopo tre circuiti, passava al sollevamento pesi, agli addominali, alle flessioni, alle trazioni e cosi via. Da ballerina, era sempre stata allenata, ma ultimamente il suo corpo veniva messo a dura prova. Niente era paragonabile agli assidui e pesanti esercizi della sua squadra. Era snella, alta e tonica, ma niente in confronto ai muscoli guizzanti di Lama, o ai corpi scolpiti di tutti gli altri. Perfino Joseph, corpulento e alto, con la sua stazza spaventava chiunque. Sembrava un'armadio eppure era agile, padroneggiava bene le armi ed era più veloce di lei.

Fra loro, non aveva nessuna possibilità di sopravvivere.

Il giorno in cui Skye prese una magnum Glock tra le mani, aveva paura di sparare a caso a qualcuno. Anche mirare le costava fatica. Ad ogni suo tocco, scivolava miseramente il caricatore ai suoi piedi.
Anche solo l'idea che avrebbe realmente potuto ferire qualcuno, le faceva salire un conato.
La sua mira anche dopo svariati giorni, continuava dare risultati, per quanto si impegnasse a seguire ogni movimento dei compagni, studiandoli dal modo in cui posizionano il loro corpi e reggevano l'arma fino al momento dello sparo, falliva.

Skye aveva bisogno di essere forte quanto loro in quella battaglia.
Ma soprattutto voleva essere come loro; odiava sentirsi perennemente in svantaggio. Da quando era lì, continuava a sentirsi come una gazzella in una tana di lupi.

Una mattina, più o meno alla terza settimana, le cose cambiarono.
All'ennesimo allenamento sfinente, quando alzandosi da una flessiome, si ritrovò nel suo campo visivo degli anfibi consumati, seguendo le gambe lunghe di chi aveva di fronte, ritrovò presto il viso angelico di Wave.
Inizialmente ebbe un leggero sussulto di sorpresa, poi aveva provato un leggero imbarazzo a farsi scoprire lì, intenta a mettercela tutta per non essere un peso, ma sempre con scarsi risultati.

«Serve aiuto?» le chiese sorridente, senza nessun pizzico di malizia o rivalità.
Wave era ben diverso dall'ostilità di Saleem o di Lama. Lui era sempre sembrato...amichevole.ma non solo, era un tipo che sembrava spensierato anche in battaglia, non mostrava mai i suoi punti deboli, se mai ne avesse avuti, e non si demoralizzava di fronte a nulla, forse o perché già aveva visto il peggio e se n'era abituato ormai, o forse perché sapeva mentire bene.
In alcuni ambienti, soprattutto in circostanze simili a quella in cui erano, c'era bisogno di gente come lui, pensò Skye.

«Tranquillo, ce la faccio da sola» mentì, mettendosi in piedi e a pari con il suo viso.
«Non lo metto in dubbio, My Lady, sei in grado di farcela da sola e bla bla bla. Voglio solo spiegarti alcune cose, non ho sonno e mi annoio» propose con quel perenne sorriso sghembo in viso. «Sai che il mio nome è Skye vero?» puntualizzò, vedendolo sorridere ancora di più.

«Certo che lo so, My Lady»

Non abbassò per un attimo gli occhi da lei mentre afferrava dalla tasca larga dei pantaloni cargo il manico freddo della sua adorata APX, in contemporanea prendeva delicatamente le mani di Skye pronta a controbattere, chiuse le sue mani intorno all'arma.

«Spara» la incitò indicando un sacco di iuta rimasto sospeso in aria dal giorno precedente.

Wave posizionò il suo capo parallelo a quello di Skye, mirando lo stesso punto dall'altezza della ragazza e aiutandola a puntare al meglio la pistola verso il bersaglio, spostando per indirizzare il mirino nella giusta direzione.

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