49. Con il vento nei capelli

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Neanche quel giorno Skye andò da Karim. Provò a nascondere il senso di colpa che si palesava ogni qualvolta passava fuori alla sua camera, si concentrò esclusivamente sugli allenamenti, trovò fosse meglio cosi.
Alla fine di uno di essi, sentì un senso di vergogna quando vicino alla porta della sua camera, trovò Leon ad attenderla.
Quando la vide le andò incontro, con lo sguardo preoccupato le afferrò subito le mani.
«Mi scuso se ho detto qualcosa di sbagliato» il viso era tirato dal dispiacere e gli occhi erano sinceri. Lei scosse il capo.
«Leon, sono solo molto stanca» continuava a ripeterlo a tutti, ed era vero; tutti gli esercizi degli ultimi giorni non le davano pace e dormire sulle pietre della grande sala non era un granché per recuperare tutto il sonno arretrato. Da quando erano andati via dal sottoterra, non riusciva a dormire mai più di una manciata di ore per notte, evitò di pensare invece a tutte quelle rare volte in cui era riuscita invece ad addormentarsi suo malgrado solo in presenza del suo superiore.
«Lo capisco, solo che lui è tanto preoccupato, non potresti passare a trovarlo cinque minuti?» chiese, ma Skye tagliò corto, rispettosa lo rassicurò in tutti i modi prima di salutarlo.
Quando lei e la sua squadra entrarono in mensa, tutti li salutarono inchinandosi, il loro volto era premuto contro il suolo in un segno di venerazione, guardandoli aveva sempre un senso di disagio, mentre gli altri della squadra ormai si erano abituati a tutte quelle attenzioni.
L'indomani avrebbero iniziato la loro missione, per questo i loro piatti erano più colmi del solito e gli zaini erano stati già preparati e posti vetrine della dispensa in attesa che li ritirassero.
Mentre consumava il suo pasto, vide Camille avvicinarglisi, mostrandole un pettine che passava da una mano all'altra.
«Potrete fare la doccia questa sera, essendo che non ci sarete nei prossimi giorni» ondeggiò il piccolo pettinino davanti ai suoi occhi. Lei e Lama, non se lo fecero ripetere due volte.
Dopo aver consumato il cibo, erano saltare sull'attenti spaventando tutti i ragazzi della loro tavolata.
«Calma, fanciulle» scherzò Geroge, guardandole divertito. «Volete che vi raggiunga?» intese nelle docce, ma loro due erano già sfrecciate via senza degnarlo di una risposta, immergendosi nel calore tiepido del flusso debole dell'acqua stantia, ma comunque ben apprezzata.
Sedute sullo sgabello vicino a Camille, si fecero pettinare i capelli silenziosamente, mentre le mani raggrinzite passavano fra i loro capelli corti, lei canticchiava allegra una vecchia canzone popolare.
«Allora, pronte per domani?» gracchiò con la voce ruvida quando stavano per terminare, George, suo nipote, sarebbe restato alla base insieme a Joseph per continuare gli allenamenti con artificieri e fabbri, per sua fortuna neanche Patrick sarebbe partito assieme a loro. In effetti, solo i membri più esperti della squadra erano autorizzati a partecipare a quelle missioni.
Si lasciò districare i nodi che formavano un nido scompigliato sulla sua testa.
Fu Lama a risponderle «Come sempre» disse guardandosi le unghie e pulendosele con i denti, notò fosse un brutto vizio che aveva spesso quando era nervosa.
«Bene» rispose terminando l'ultimo groviglio, quando vide le due ragazze sul ciglio della porta, le richiamò ancora. «Mi raccomando, state attente. Spero di rivedervi tutte intere» saettò gli occhi vitrei sui loro corpi. «Tutte e due» puntualizzò inchiodandola.
Chiudendosi la porta alle spalle, camminarono a piedi nudi nel corridoio, Skye pensò che mancava poco più di due settimane al termine del suo patto con Icaro.
Arrivato quel giorno, avrebbe scelto se si sarebbe presentata a Palazzo, oppure avrebbero dichiarato guerra aperta.
Quando finirono di vestirsi in camera, osservò Indie e Muna passare nella stanza prima di andare in infermeria.
Appena la videro, corsero ad abbracciarla.
«Torna presto» sussurrò Indie contro il suo orecchio, quando la vide aveva già gli occhi bagnati dalle lacrime argentee.
Muna non disse nulla, ma aveva un sorriso triste sul viso mentre l'abbracciò fugace e stretta.
«Grazie» si beò del calore vivo di quell'abbraccio.
Muna una volta le aveva detto che in quel posto non vi era  nessuno che si preoccupasse per loro. E si sbagliavano di grosso.
Lì, nel bel mezzo di quel deserto, Skye era riuscita a trovare degli amici in grado di farle provare moltissime altre emozioni oltre alla paura cieca.

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