3 - Alyssa

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Scendo dalla macchina seguita da Greta. L'autista mandato a prendermi, era pronto ad aprirmi la portiera, ma sono stata più veloce di lui. Quando mi ha vista uscire di casa mi ha guardato malissimo. Sarà stato per il mio outfit o non saprei cos'altro. Guardo la villa della mia famiglia. È enorme, con guardie appostate ovunque. Alcune di loro sono discrete con le armi, mentre altre girano sui balconi con fucili e altre diavolerie tecnologiche. Questa villa è una fortezza impenetrabile. Saluto qualche guardia che conosco sin da bambina e loro mi salutano a loro volta con reverenza. Arriviamo all'ingresso principale e Alfredo ci apre la porta. «Devo annunciarvi?» Mi chiede il domestico di famiglia.
«No Alfredo, grazie. Facciamo da sole.»
«Ehi Alfred!» Lo saluta Greta con la sua solita carica. «Come butta amico?»
Lui le sorride più che altro per cortesia e io mi scuso per lei.
«Sono a casa!» Urlo.
«Ecco la pecora nera della famiglia!» Grida Vito scendendo le sontuose scale nel suo completo blu di Armani. Devo dire che mio fratello è un gran figo. Alto, capelli scuri, occhi azzurri e fisico imponente. Greta sbava accanto a me.
«Ciao sorellina.» Dice lui scompigliandomi i capelli con la mano. «Sei ingrassata?» Mi chiede sapendo quanto mi dia fastidio che mi si faccia notare il mio peso.
«Ciao anche a te.» Lo saluto scostando la sua mano.
«Mmm...» Dice poi girando intorno a Greta che sembra essere diventata improvvisamente muta «...è così che ci si veste per una cena. Approvo in pieno, Greta. Sei uno schianto.»
Giurerei di aver sentito il cuore di Greta uscire fuori dal petto. Alzo gli occhi al cielo e vado nell'enorme salone. Vedo mio padre appoggiato al camino fatto di marmo intento a leggere una lettera. «Ciao papà.» Lo saluto io sorridendogli. I suoi occhi si illuminano vedendomi.
«Tesoro!» Esclama e corre ad abbracciarmi. Mi fa volteggiare e poi mi stampa un bacio sulla guancia. «Come stai papà?» Gli chiedo.
«Adesso che sei qui molto meglio... Greta!» Le dice appena la vede. «Sei uno splendore.»
«Grazie Signor Vincenzo.» Risponde lei timidamente. Mio padre sortisce sempre un certo effetto. Faccio questo pensiero ed ecco che mia madre appare sulle scale in pompa magna. Indossa uno splendido tubino nero che le sta d'incanto. «Sei arrivata finalmente tesoro.» Ci abbracciamo, era tanto che non ci vedevamo. «Come va mamma?»
«Potrebbe andare meglio...» Mi dice con il broncio «...se la mia unica figlia si presentasse con un ragazzo a casa almeno una volta nella vita.»
Sbuffo e alzo gli occhi al cielo. Ci risiamo - penso.
«Quando hai intenzione di darmi dei nipotini?» Mi chiede incrociando le braccia al petto.
«Perché non li chiedi a Vito? È lui il maggiore.» Le dico andando verso il camino.
«Non mettermi in mezzo sorellina.» E si tira subito fuori dalla conversazione. Codardo...
«Non troverai mai un uomo se continui a conciarti così... guarda Greta! Lei sì che sa come ci si veste. Tesoro...» Dice poi rivolta proprio a lei «...sei bellissima con quest'abito.»
«Grazie Signora Russo. La trovo molto in forma!» Greta la riempie di complimenti.
«Dici cara? Ho una nuova personal trainer e credo proprio che il duro allenamento stia dando i suoi frutti, non credi caro?» Dice adesso a mio padre, ma non credo che lui la stia ascoltando. «Ehm... sì cara. Senz'altro!» Io alzo le sopracciglia verso di lui e in cambio mi lancia un bacio. Alfredo interrompe quest'eccitante conversazione. «La cena è servita.»
Fa che finisca presto - penso tra me.
Ci sediamo ai soliti posti: mio padre a capotavola e mia madre alla sua sinistra. Io mi siedo alla sua destra e Greta accanto a me. Vito si siede all'altro lato del tavolo. Manca ancora mio fratello minore. «Dov'è Davide?» Chiedo incuriosita.
«Aveva delle faccende da sbrigare, ma sono certo che sarà qui a momenti.» Mi dice Vito.
Iniziamo a mangiare e come al solito le portate sono ottime. Abbiamo un cuoco personale che fa i piatti migliori del mondo. Sono trent'anni che è al servizio di mio padre e non vedo l'ora di andarlo a salutare. Parliamo del più e del meno. Mio padre mi prende per mano e mi chiede «Come vanno le cose?»
«Vanno bene papà, grazie.»
«Il tuo libro?» Si informa mia madre.
«Procede.» Non mi va di parlare del mio libro, la reputo una cosa molto intima e non vorrei mai che la mia famiglia lo leggesse.
«E la dieta?» Insiste mia madre.
«L'ho interrotta, mamma.»
«Perché?» Piagnucola lei.
«Perché mi metteva di cattivo umore, ecco perché...»
«E si vede.» Si intromette Vito.
«Gli uomini vogliono una donna in forma, io lo dico per te.» Continua mia madre. La fisso senza dire nulla. Lo sapevo che saremmo finiti a parlare di questo. Guardo Greta con la speranza che possa aiutarmi e lo fa. «Sapete, mio padre ha acquistato un Picasso dal valore inestimabile. Vuole esporlo nella sua nuova galleria!»
«Ma è una notizia strepitosa Greta, congratulazioni!» Le dice mia madre e per fortuna si cambia discorso.
«Ti occuperai degli affari di famiglia?» Le chiede mio padre.
«Sì, sto iniziando a gestire delle piccole quote e se tutto va bene, entro la fine dell'anno potrò dirigere la galleria di Palermo. Sono molto contenta!» Asserisce fiera Greta. Sono molto felice per lei perché è un'occasione d'oro.
«È giusto che i figli si occupino delle cose di famiglia.» Dice mio padre rivolgendosi a Greta ma guardando me. Io lo fisso a mia volta. Che cosa vuole intendere? C'è Vito e adesso anche Davide che si occupano di tutto. Io non sono inclusa nel pacchetto e non voglio esserlo.
«Ognuno dovrebbe fare la propria parte.» Risponde Greta con genuina sincerità.
«Parole sacrosante.» Rincara la dose mio padre.
«Parole che non tutti comprendono.» Aggiunge mio fratello e io lo guardo malissimo.
La cena continua abbastanza tranquillamente e per fortuna dopo un po' arriva anche il mio fratellino.
«Ehi sorellona!» Dice affettuosamente e mi bacia ovunque.
«Ciao nanetto.» Rispondo a mia volta pizzicandolo su un fianco. Con lui ho uno splendido rapporto. Lo chiamo "nanetto" da sempre. Quando era piccolo era molto basso e visto che non cresceva, cominciai a chiamarlo così. Lui non se la prende, anche perché adesso è un grattacielo. È alto 1.95 per novanta chili di muscoli. Ha un fisico molto atletico e più slanciato di Vito che è più tozzo. Davide si siede accanto a me e mangia come se non toccasse cibo da giorni. Invidio i miei fratelli che si ingozzano come se non ci fosse un domani e hanno fisici così perfetti.
«Dove sei stato?» Gli chiedo.
«Avevo delle cose da fare. Che mi racconti?»
«Il solito, Davide. Nulla di eccitante... cosa avevi da fare?»
«Lascialo mangiare in pace!» Mi rimprovera mio fratello. «Vuoi fargli l'interrogatorio?»
«Dovrei?» Gli chiedo con una punta di acidità. So bene che stanno spingendo Davide ad entrare nel modo del malaffare e questa cosa mi da fastidio. Il mio fratellino ha un grande talento artistico, ma alla mia famiglia sembra non importare minimamente.
Dopo la cena decidiamo di spostarci in salotto e ci sediamo sui divani di fronte al camino.
Greta riceva una chiamata inaspettata; sembra che ci sia un problema con un'asta online a cui stava partecipando e mi lascia sola nella tana dei lupi. «Mi dispiace Aly.» Mi dice. «Devo andare.»
«Fatti accompagnare da Manuel.» Le dico. Non mi piace che vada da sola.
«No, grazie. Ho già chiamato un taxi. Sta tranquilla. Ci sentiamo dopo.» Mi bacia sulla guancia e fa lo stesso con tutti. Quando saluta Vito, arrossisce un po' e lui sembra crogiolarsi nella sua cotta. Quando Greta mi lascia sola nella tana dei lupi, il branco parte all'attacco.
«Perché non hai richiamato Sebastian?» Mi chiede mia madre.
«Perché non mi interessava sentirlo.» Dico bevendo un sorso di limoncello.
«Ma ti piaceva!»
«No, mamma. Piaceva a te, non a me.» Replico fissando il bicchiere.
«Vincenzo!» Lo chiama mia madre. «Dille qualcosa. Rimarrà zitella se continua di questo passo.»
«Sarebbe il tuo incubo peggiore, vero mamma?» Rispondo freddamente.
«Alyssa!» Mi rimprovera mio padre. «Non parlare a tua madre in questo modo!»
«E allora lei deve smetterla con questa storia! Dovete lasciarmi in pace!» Urlo ad alta voce. Ho i nervi a fior di pelle. «Ogni volta la stessa storia. Mi attaccate in continuazione e non ho intenzione di subire!»
Per un attimo segue un silenzio tombale.
«Oh oh...» Dice Davide sottovoce.
«Sembra che qualcuno sia appena finito nei guai...» Replica Vito.
Mio padre mi guarda severo ma non proferisce parola. Io mantengo lo sguardo su di lui e non cedo di un millimetro. Non so per quanto tempo rimaniamo così, ma alla fine lo vedo accennare un sorriso. Sarà perché non ho ceduto o non so, ma sembra orgoglioso di me.
«Ci sarà un ballo.» Dice poi mio padre. È strano che sia lui a dirmelo; solitamente è mia madre a fare i salti di gioia per queste cose. «E...»
«E non verrò.» Lo interrompo subito io. «Non sopporto che mamma mi esponga come un trofeo da vincere per gli scapoli di Sicilia.»
«Io lo faccio per te!» Mi dice fermamente. «Hai appena compiuto ventinove anni... il tempo vola e ti stai perdendo gli anni migliori della tua vita. Alla tua età avevo già un figlio.»
«Non sono come te mamma. Non mi interessa avere un figlio o un matrimonio... non ora almeno.» Replico e sbuffo in contemporanea.
«Dovrai venire.» Mi dice papà. Ha assunto un tono molto serio; un tono che non ammette repliche. Perché gli interessa così tanto che io partecipi a questo ballo? «Non sarà una delle classiche feste di tua madre. Non sarà nemmeno in Italia.»
Socchiudo gli occhi perché la cosa comincia a farsi seria. Un ballo fuori dall'Italia a cui devo obbligatoriamente partecipare? E per di più dove è mio padre ad insistere?
«Cos'è che non mi stai dicendo?» Chiedo direttamente senza girarci troppo attorno.
«Perché pensi che stia omettendo qualcosa?» Si informa lui accavallando le gambe e poggiando il mento sulle mani come a valutarmi.
«Perché non avete mai organizzato un ballo fuori dal Paese. Non ti sono mai interessate queste cose "futili".» Sottolineo questa parola con enfasi affinché capisca che faccio sul serio. «...e hai fatto di tutto per farmi venire a cena da voi. Mandi addirittura Igor da me. L'ho capito, sai?» Gli dico «Ho capito che l'hai messo a sorvegliarmi. Era appostato dietro un paio di macchine quando Manuel è venuto a prenderci e sono sicura che l'hai ammaestrato per bene. O venivo con Manuel o con lui. Non avevo un'alternativa. Ora mi parli di questo ballo con molto interesse... interesse che tra l'altro non è sentito allo stesso modo da mamma, la quale mi guarda come se fossi un animale pronto da mandare al macello. Hai fatto sì che fossi sotto scacco matto. Hai in mente un piano che coinvolge anche me e voglio sapere qual è.»
Mio padre mi fissa con l'orgoglio negli occhi; è fiero di me. Fiero forse del fatto che ho capito il suo gioco o che non mi sono fatta problemi ad esporre i fatti per come sono.
«Lasciateci.» Dice poi agli altri e come se fossero dei cagnolini ammaestrati, se ne vanno ubbidienti.
Rimaniamo soli e solo lo scoppiettio del fuoco fa compagnia alle idee che vorticano nella mia testa. Mio padre continua a fissarmi. «Se Vito avesse la metà del tuo cervello, siederebbe già al Tavolo con me.» Sbuffo a quest'affermazione. «Se solo volessi...» Mi dice «...potresti seguire le mie orme e diventare una donna molto potente.»
«Non mi interessa il potere.» Replico di getto.
«Deve interessarti.»
«E perché mai?»
«Perché sei una Russo.» Piega il busto affinché entrambe le braccia possano sorreggere la sua testa. «Non puoi scegliere chi essere. Non se fai parte di questo mondo e che tu lo voglia o meno, sei mia figlia. Il potere scorre nelle tue vene; fa parte del tuo essere. Ho istruito Vito e ora sto facendo lo stesso con Davide ma tu... tu potresti succedermi tranquillamente anche adesso. Sei potente.»
«Non lo farei mai.» Gli dico con voce rotta.
«Perché?»
«Perché sei un criminale!» Gli urlo in faccia. Vedo i suoi occhi incassare il colpo e un po' mi fa male.
«Sono quello che devo essere.»
«No. Tu sei quello che "vuoi" essere. C'è differenza papà. Io non potrei mai fare quello che fai tu. Sei un criminale. Ammazzi le persone che intralciano il tuo cammino, metti in circolo la droga che uccide i ragazzini e lasci che delle donne vendano il proprio corpo per soldi e Dio solo sa cos'altro fai.»
«Io faccio tutto questo per il bene della famiglia.» Mi risponde raddrizzandosi come se quello che gli ho appena detto non gli facesse nessun effetto. Forse perché è la verità. Rimaniamo a fissarci per un altro po'. Lui non dice niente e alla fine sono io la prima a cedere.
«Perché dici che sono potente?»
Non risponde subito. Mi guarda attentamente e poi dice «Perché sei una donna.» La mia faccia è basita; non capisco cosa voglia dire. Poi continua «Le donne hanno sempre avuto un enorme ascendente sugli uomini. La storia ci insegna che sono sempre state le donne a guidare i loro mariti. Gli uomini sono scesi in guerra per delle donne; sono stati commessi omicidi; sono stati distrutti imperi. Può sembrare il sesso debole, ma lo è solo fisicamente. Una donna può governare i tasselli più piccoli e insidiosi di un'intera società. È per questo che voglio che tu vada a questo ballo.»
«Non capisco...»
«Vito partirà la prossima settimana. Lunedì per essere precisi. Stiamo avendo dei problemi molto seri e il Tavolo comincia a scalpitare. Sono anni che cercano di buttarci giù dalle sedie degli eletti e se continua così, potrebbero riuscirci.»
«Perché lo stai dicendo a me?» Gli chiedo confusa. Io non c'entro nulla con tutta questa faccenda.
«Perché tu andrai con Vito.» Dice accavallando le gambe e dalla tasca della sua giacca blu scuro tira fuori una lettera. Me la porge e ne leggo il contenuto.
«Vuoi che vada in Russia a stanare chi vi ha derubati insieme a Vito? Tu sei pazzo.» Rido istericamente.
«No. Voglio che tu controlla tuo fratello. Vito è una testa calda e ho paura che possa combinare qualche danno. La Bratva non scherza e anche se siamo alleati, non posso lasciare che Vito distrugga quello che ho faticato a costruire. Tu hai un'ottima tempra e carattere da vendere e so che potrai controllarlo e risolvere questo pasticcio.»
Lo lascio parlare perché so bene che non mi sta dicendo tutto.
«Devi sapere che al Tavolo ci sono quattro organizzazioni che superano tutte le altre in quanto a forza, risorse e controllo politico: la Mafia, la Camorra, la Yakuza e la Bratva. Ci chiamano: gli eletti. Siamo in cima alla catena alimentare, ma qualcuno ci sta prendendo di mira. Perché pensi che abbia messo Igor a sorvegliarti? Credi che voglia toglierti la tua tanto ricercata libertà? Devi capire Alyssa, che tu non sarai mai realmente libera, almeno finché non deciderai di accogliere gli oneri e onori che questa famiglia può darti.»
La cosa si sta facendo seria. «Cosa c'entra il ballo?»
«Tra dieci giorni, il Tavolo ha organizzato un ballo in maschera e mi è stato chiesto di occuparmi di alcuni dettagli noiosi. Dettagli che ho ovviamente lasciato a tua madre, ma sono sicuro che non deluderà le aspettative. A questo ballo, verranno presentate le nuove generazioni e vorrei introdurti.»
Rimango basita. Senza parole. Esterrefatta.
«Sei impazzito? Io ti dico che non voglio saperne nulla e tu vuoi presentarmi al Tavolo?» Scatto in piedi e comincio a fare avanti e indietro. «Io non andrò. Non puoi obbligarmi!» Faccio per andarmene ma davanti la porta del salone entrano alcune guardie di mio padre. Non ha intenzione di lasciarmi andare via.
«Cos'è...» Gli dico voltandomi «...vuoi rinchiudermi qui? Vuoi mettermi di forza su un aereo?»
«Se è quello che devo fare, lo farò.»
So perfettamente che mio padre non sta scherzando e inizio ad avere un leggero tremolio alle gambe perché capisco di non avere vie di fuga. Capisco che non posso fuggire da questa famiglie. Capisco che il mio destino è segnato e non oso immaginare cosa la vita abbia in serbo per me. Lo fisso con l'odio negli occhi. È una sensazione che credevo mi fosse estranea, ma che a quanto pare riesco a provare con estrema facilità. Lo vedo lanciare un'occhiata alle guardie e una di loro mi afferra per il braccio. Mi trascina su perle scale con una certa difficoltà perché sto opponendo resistenza. Mi fa ridere pensare che questo colosso sudamericano abbia l'ordine di accompagnarmi "gentilmente" in quella che era la mia stanza. Gliela sto rendendo molto difficile. Mi incita a camminare e lo fulmino con lo sguardo. Non è che possa fare chissà cosa. Un'altra guardia apre la porta e il sudamericano mi spinge dentro. Mi sembra di sentirlo dire "stronza", ma può essere che me lo sia immaginato. Richiude la porta a chiave e le tre mandate che sento mi fanno urlare per la frustrazione. Mi getto sul letto e fisso il soffitto. Non so per quanto tempo resto così. Decido di alzarmi quando vedo le luci del giardino affievolirsi. Ormai saranno andati tutti a letto e ripenso che a mezzanotte c'è il cambio turno delle guardie. Potrebbe essere un'occasione per fuggire da lì. Scosto un po' le tende e vedo che nel balcone non c'è nessuno. Non mi faccio illusioni di poter scappare facilmente, ma d'altronde devo provarci. Apro la portafinestra ed esco facendo finta di osservare l'orizzonte. Mi affaccio e vedo due guardie sul bancone di fronte al mio. Ci saranno una cinquantina di metri a dividerci; la villa è immensa. Li sento parlare in spagnolo e credo che non si siano accorti di me. In giardino vedo passare due guardie con i pastori tedeschi al guinzaglio. Merda - penso. Con i cani sarà tutto più complicato. Mi sposto un po' per vedere il retro della casa e sono felice di non vedere nessuno. La mia camera non è messa molto in alto; è al primo piano e in teoria, se saltassi, non dovrei farmi troppo male. Nella mia mente comincio a valutare le opzioni. Se mi aggrappo alla grondaia, potrei scivolare senza problemi ed evitare impatti spiacevoli, ma potrei fare troppo rumore e ammesso che riesca a non farmi sentire dalle guardie, non riuscirei ad ingannare i cani. Se mi gettassi, farei sicuramente meno rumore, ma potrei farmi male. Sono vestita con un abbigliamento da ginnastica e i movimenti mi risulteranno facili. Decido di optare per la seconda strategia e mi avvicino al bordo. Mi blocco un secondo per prendere in considerazione altre opzioni, ma qualcuno blocca qualsiasi mio tentativo di fuga.
«Molto divertente vedere idee di Signorina girare per sua testa.»
Igor è seduto sul tetto e fuma una sigaretta. Le mie speranze vanno completamente in fumo. È sul tetto della camera per una ragione: impedire la mia fuga. «Beh sai...» Gli dico «...bisogna sempre tenere la mente allenata.»
Lui mi sorride. «Signorina non può scappare.»
«Non avevo intenzione di farlo.» Gli dico con gli occhi più innocenti che riesco a mostrare.
«Signorina brava a mentire, ma ha occhi di odio.» Dice saltando nel mio balcone. «Sei tornato ad essere la mia guardia del corpo?»
«Igor mai smesso di essere sua guardia del corpo. Igor discreto.»
E con questa frase mi fa capire che mi ha sempre tenuta d'occhio, anche quando non lo volevo.

Passo il weekend chiusa in camera mia. Mia madre viene a trovarmi ogni mezz'ora, così come mio fratello Davide. Mio padre ha provato a parlarmi più di una volta, ma ho deciso che non ho nessuna intenzione di rivolgergli la parola.
Lunedì mattina mia madre viene per portarmi la colazione. «Tesoro.» Mi dice «Igor ti accompagnerà a casa tua per prendere una valigia con le cose necessarie per il viaggio.»
«Non voglio andare, mamma.» Le dico sperando che lei possa far cambiare idea a mio padre, anche se so che è tutto inutile.
«Non sarà così male. Tuo padre mi ha detto che dovrai solo accompagnare Vito, nulla di più. È molto orgoglioso di te e vorrebbe introdurti ai suoi collaboratori.»
«Sono criminali mamma.»
«Non guardarla da questo punto di vista. Tuo padre è un uomo buono che fa di tutto per noi. Ci fa vivere nel lusso e non ci fa mancare nulla. È stato un padre presente per tutti i suoi figli e tu lo sai. Concordo con te che il suo lavoro sia come dire... poco ortodosso, ma fa del suo meglio.» Guardo mia madre con occhi di compassione; non so se si renda realmente conto delle cose che dice o se sia ignara di molte cose, ma decido di lasciar perdere. Non servirebbe a nulla. Esco dalla camera e Igor mi segue come un'ombra. Scendendo le scale vedo Vito appoggiato alla porta del salone con il suo espresso fumante in mano. «Ci vediamo in aeroporto sorellina.»
Non lo saluto. In questo momento sono arrabbiata con tutti e ho la sensazione che potrei impazzire.

Fino all'ultimo respiroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora