33 - Alyssa

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Questo ha fatto più male di quanto pensassi. Quando questa mattina mi sono svegliata, avevo il cuore pesante, come se un grosso macigno pigiasse con vigore sulla mia anima. Mi sono alzata dal letto cercando di non svegliare Hiroto. Dormiva così beatamente che non volevo interrompere il suo sonno. Ho indossato la prima cosa che ho trovato e sono uscita fuori dalla stanza. Ho pensato che fosse solo un incubo e che quella orribile sensazione che continuavo a portarmi addosso, fosse solo dovuta alle preoccupazioni. Quando qualcuno ha bussato alla porta, non immaginavo che fosse il braccio destro di Hiroto che portava infauste notizie.

Qualcosa si è spezzato in me. L'uomo che mi aveva cresciuta, addestrata, amata e resa la donna che sono diventata è stato ammazzato senza onore. Il mio maestro è morto da solo, senza nessuno che potesse dargli conforto nel momento finale della sua vita. E la cosa che fa ancora più male è vedere la reazione autodistruttiva di Hiroto. Sta distruggendo la stanza e se c'è una cosa che ho imparato durante tutti gli anni passati insieme, è che quando si trova in questo stato è meglio lasciarlo sfogare. Resto in piedi, impalata ad osservare un incubo dal quale non posso uscire. Lo vedo piangere, gridare e autocommiserarsi e questo fa veramente tanto male. Quando la sua furia si quieta, lo seguo in bagno ma prima prendo da sotto il cuscino la pistola che Hiroto è solito tenere sempre con sé.

Quando entro nel bagno, noto immediatamente la sua mano sanguinante. Lui non sembra nemmeno farci caso; si limita a fissare il suo riflesso nello specchio. Mi avvicino e mi appoggio al suo braccio.

«Prenderemo quei bastardi. Chiunque sia stato, la pagherà cara.» Gli dico sicura delle mie stesse parole.

Hiroto non mi risponde, ma mi bastano i suoi occhi fissi su di me iniettati di sangue per sapere che è perfettamente d'accordo con me.

Non ci diciamo nient'altro.

Iniziamo a spogliarci ed entriamo in doccia insieme. Cominciamo a lavarci con una calma serafica senza proferire parola. Mi assicuro di insaponargli bene la schiena e lui fa altrettanto con me. Mi lava i capelli con cura mentre mi assicuro di sciacquargli bene il petto per lavare via il bagnoschiuma. Non è una situazione romantica, non è nulla di tutto ciò. Ci stiamo preparando. Saremo pronti per la battaglia perché se prima il mio unico e solo obiettivo era fare in modo che mio padre mi liberasse dai vincoli della mia famiglia, adesso ne ho un altro: vendicare il mio maestro.

Non passa molto tempo e quando entrambi siamo pronti, lasciamo la suite dell'albergo protetti dalle innumerevoli guardie del corpo della Yakuza.

Nakagami si posiziona proprio al fianco di Hiroto e inizia a ragguagliarlo sull'intera situazione.

«Non ci sono testimoni, signore. Le uniche telecamere del porto sono state disattivate e non c'è modo di recuperare alcun dato.» Dice Nakagami con voce tesa.

Conosco quest'uomo da molti anni. Quando arrivai in Giappone per la prima volta, fu proprio lui a scortarmi da Tanaka-sama. Per quel che ne so, è da sempre il segretario della Yakuza e adesso seguirà fedelmente Hiroto nella sua ascesa.

«Avete controllato il telefono di mio padre?» Chiede Hiroto continuando a camminare per la hall dell'albergo.

«Sì, signore. C'è solo una chiamata in entrata ma il numero è criptato. I nostri migliori tecnici stanno cercando di rintracciare il numero. Per ora, non possiamo nemmeno dire se la chiamata provenga qui dalla Russia o da qualche altro paese.»

«Dove è stato trovato il corpo?» Chiedo continuando a camminare dritta.

Nakagami sposta i suoi occhi circondati da una spessa montatura nera verso di me.

«Al Plyazh Namyvnyye.»

Mi blocco immediatamente.

Hiroto fa altrettanto e si volta a fissarmi.

Fino all'ultimo respiroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora