17. La Cena

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<<Allora, dove eravamo rimasti?>> domanda Kabuto riprendendo la sua tazza ancora fumante di tè.

<<Mi hai detti che sai dove si trovano>>

<<Io ti posso indicare la strada ma non posso venire con te>>

<<Perchè?>>

<<Ho una missione>> afferma subito.

<<Non ti preoccupare, mi basta sapere dove sono>>

L'adrenalina che ho in corpo non è nulla in confronto a quando stai aspettando che si cuocia il cibo quando hai una fame da lupi.

In questo momento so dove sono i miei genitori, sto andando da loro seguendo le indicazioni che mi ha dato Kabuto, subito dopo è scappato via dalla finestra dicendomi di avere una missione e di dover incontrare qualcuno.

Mentre corro verso la meta mi vengono in mente mille domande da fargli lasciando spazio anche alle paranoie.

Saranno contenti di vedermi?

Mi riconosceranno?

Sanno chi sono?

E se hanno un'altra figlia?

E se non mi vogliono?

Scaccio via questi brutti pensieri, ormai sono vicina, manca così poco per poterli riabbracciare e non saranno due paranoie a fermarmi.

Arrivo davanti alla casa color panna che mi ha descritto Kabuto, è contornata da un cancello e un giardino verde dove sono piantati fiori e piante di ogni tipo.

Faccio un passo in avanti quando vedo la porta di casa aprirsi, d'istinto mi nascondo dietro al muretto per non farmi vedere.

Perché lo sto facendo? Sono venuta fin qui per vederli e ora non ho nemmeno il coraggio di affrontarli.

<<Cara, quanti te ne servono?>> domanda l'uomo che è appena uscito dal portico.

<<Prendi tutti quelli maturi!>> urla una voce femminile dall'interno dell'edificio.

L'uomo si dirige verso il giardino fermandosi davanti a un albero di arance.

Mi fermo a guardarlo, la chioma color pece con qualche capello bianco è legata in un codino alto, gli occhi sono contornati da delle occhiaie leggere che si mescolano perfettamente con le rughe.

Non sembra tanto vecchio, ma nemmeno tanto giovane.

Indossa una maglietta nera e dei pantaloni del medesimo colore, vedo i muscoli contrarsi a ogni movimento che fa, mentre allunga il braccio per prendere un'arancia e porla nel cestino assieme alle altre.

Rimango incantata da quei movimenti, è davvero mio padre?

<<Hai bisogno di aiuto figliola?>> faccio un sussulto quando vengo scoperta, si sta riferendo a me, la sua voce roca mischiata al tono gentile riecheggia nelle mie orecchie, non so cosa stia pensando in questo momento siccome lo stavo fissando come una ciotola di ramen.

<<Oh no, beh ecco, a dire la verità...>> non so cosa dire, di certo non posso dirgli 'ciao signore, sono sua figlia, sono qui dopo quattordici anni, potrebbe accogliermi in casa e trattarmi come tale?'

<<Hai bisogno di aiuto?>> continua a farmi domande mentre vago nella mia mente a delle possibili scuse da dirgli.

<<La verità è che mi sono persa>> butto tutto d'un fiato sperando che creda alla mia banale scusa.

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