Mi sveglio con un forte mal di testa, sono ancora mezza assonnata ma questo non basta a farmi capire che non sono nel mio adorato letto.
Mi alzo di scatto temendo, per un attimo, di svenire e esploro la stanza con gli occhi.
Il comodino di legno bianco situato accanto al letto dalle lenzuola del medesimo colore, l'armadio, non tanto grande, è tutto ricoperto dal vetro che riflette la mia immagine ancora mezza assonnata con una camicia da notte color celeste e i capelli arruffati.
A destra, è situata una finestra abbastanza ampia da occupare quasi un'intera parete, il sole in alto splende come sempre e i suoi raggi mi accarezzano la pelle donandomi un piacevole e leggero calore.
Torno subito alla realtà dopo quell'attimo di pace. E' bello non pensare.
Mi guardo ancora una volta allo specchio e realizzo che cosa indosso, una camicia da notte celeste, ma sul serio?
Mi levo subito questo vestito che mi fa sembrare una suora e rimetto i miei adorati capi neri pece che sono situati sulla sedia accanto alla finestra, piegati, stirati e profumati.
Apro lentamente la porta causando un cigolio sperando di non svegliare nessuno, non so se sono svegli a quest'ora o dormono.
<<Sei sveglia>> sobbalzo alla voce roca e familiare che proviene alle mie spalle, portandomi a voltarmi verso la figura da cui proviene essa.
<<Si, scusatemi se vi ho svegliati>> affermo imbarazzata.
<<Non ti preoccupare, siamo svegli da molto>>
Le occhiaie che contornano gli occhi e il viso stanco mi fanno notare che l'uomo davanti a me non ha chiuso occhio e per questo mi sento tremendamente in colpa.
Sono piombata nella loro vita di botto, senza pensare alle conseguenze, speravo solo di riavere i genitori che non ho mai avuto, ma a quanto pare sono il motivo della loro sofferenza.
<<Andiamo giù, tua ma... Katsue sta preparando la colazione>>
Una volta a tavola, sembra che nessuno abbia voglia di mangiare o di far finta, i piatti pieni di prelibatezze rimangono intatti e al loro posto come le posate e i bicchieri. Nessuno osa fiatare.
Dopo minuti che sembravano ore a giocare nel cibo con le bacchette in segno di noia, mi alzo dalla tavola e annuncio l'ultima cosa che avrei voluto fare.
<<Volevo chiedervi scusa se sono piombata così all'improvviso, non credevo steste soffrendo o che avrei causato problemi... forse è meglio che vada>>
Sembrava tanto eppure non ho niente.
Mentre faccio per voltarmi cercando di trattenere le lacrime che minacciano di uscire Akito prende parola bloccandomi.
<<Asak... Asami>>
<<Si?>> mi volto verso le due persone sedute ancora a tavola mentre sorrido facendogli credere che va tutto bene. Ma chi prendo in giro.
<<E-ecco... N-no->>
<<Noi vorremmo che restassi>> Katsue interrompe il marito con voce ferma e sicura, alzando la testa dal piatto e inchiodando quei bellissimi occhi color nocciola nei miei.
<<Non vorrei...>>
<<Per favore>> stavolta Akito interrompe me con sguardo supplichevole.
<<Se per voi va bene...>> annuisco e per un attimo posso giurare di aver visto un piccolo sorriso malinconico e allo stesso momento allegro sulla bocca di entrambi.
<<Hai programmi per oggi?>> chiede Akito puntando il suo sguardo verso di me.
<<No>>
<<Vieni, usciamo>>
L'uomo si alza e mi fa strada verso l'uscita.
<<Va tutto bene?>> domanda Akito mentre camminiamo lungo le strade di Konoha.
<<Si>> rispondo.
Kakashi potrebbe essere preoccupato, non gli ho detto che ho trovato i miei genitori, ma spero che Sasuke gli abbia accennato qualcosa per non farlo stare in pensiero per me.
<<Ti va un gelato?>>
<<La mamma... volevo dire, Katsue non si arrabbierà?>> mi correggo subito imbarazzata, non so se a loro fa piacere se li chiami mamma e papà.
<<No, se non lo verrà a sapere>> mi lancia un'occhiata d'intesa facendomi l'occhiolino, nascondo una risata e continuiamo a parlare come se ci conoscessimo da anni mentre camminiamo.
<<Sul serio>> esclamo tentando di soffocare la grossa risata invano.
<<Dovevi vederla, sai, dopo aver mandato in fumo tutta la cucina non mi ha più permesso di metterci piede, a stento potevo entrarci per mangiare>>
Al pensiero di papà che cerca di preparare una cena romantica alla mamma mi fa sbellicare dalle risate, sembra abbiano vissuto una vita normale e ne sono felice. So che hanno sofferto quanto ho sofferto io ma adesso non c'è più motivo di essere tristi. Tutto quello di cui ho bisogno c'è l'ho qui.
<<Ma sul serio mangi pistacchio e nocciola insieme? Il tuo stomaco non ne risente?>> lo guardo esterrefatta e incredula al fatto che abbia combinato due gusti di gelato totalmente diversi fra loro, e la cosa che mi preoccupa è che li sta gustando come se fossero l'unica cosa che abbia mai mangiato in vita sua.
<<Non dirmi che non li hai mai provati insieme>> risponde con tono incredulo.
<<Dispiace ferirti, ma preferisco la fragola a quei due>> indico il suo gelato con l'indice con faccia schifata mentre lui scuote la testa in disappunto.
<<Provalo>> allunga la mano con cui tiene quella che secondo lui, una prelibatezza e me la mette sotto al naso.
Posso sentire il velo di freschezza che si insinua nelle mie narici e il profumo dolce della nocciola mischiato al pistacchio.
<<Coraggio>> mi incita papà quando mi vede titubante.
Sposto lo sguardo dal gelato a papà e viceversa, do una leccata a entrambi i gusti che si mischiano lasciando un dolce sapore con il retrogusto alla nocciola.
Chiudo gli occhi beandomi del piacere che solo il cibo può offrirmi.
<<Allora?>>
Provo a dare un altro assaggio ma Akito ritrae subito il gelato allontanandolo dalla mia bocca <<Ehi, è mio>> dice con fare possessivo.
<<Egoista>> borbotto riprendendo a gustare il mio normalissimo e comune gelato.
Akito gusta il suo gelato come se fosse oro mentre io lo guardo con invidia.
<<Mmm, è un peccato che tu non l'abbia preso>> dice provocandomi.
Lo fa apposta.
Ingoio l'ultima pallina di gelato e mi alzo dalla sedia incamminandomi verso non so dove.
<<Avanti, tesoro non fare così>>
Akito mi segue mantenendo il mio passo.
<<Così come>> dico con finta innocenza.
<<Non dirai alla mamma del nostro piccolo spuntino post-colazione, vero?>> domanda con l'espressione di chi ha visto satana in persona.
<<Quale spuntino?>> sorrido facendoli capire che non aprirò bocca, facendolo ridere.
Papà mi prende per mano come se la cosa fosse naturale, certo, sono sua figlia, ma è da anni che non mi vede e non mi conosce, infatti a quel tocco mi irrigidisco ma quando vedo che mi sorride, non solo con la bocca, ma con gli occhi, mi rilasso e ci incamminiamo con il sole che splende sopra di noi mano nella mano.
Come padre e figlia.
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L'Ultima Erede
FantasyUna ragazza che fin da bambina ha vissuto nelle menzogne e provato un dolore che insieme ai sensi di colpa con cui ci conviverà finché non diventerà grande. Cresciuta senza genitori, ma con solo l'affetto della migliore amica ormai deceduta e del su...