10.~Giocare~

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Era passata ormai una settimana abbondante dal loro "primo appuntamento" ma di lui più nessuna traccia. Volatilizzato nel nulla, continuava ad andare nel parco, sperando di ritrovarlo lì, nel suo albero ad aspettarla. I giorni passavano ma di lui non c'era traccia.

"Rhea tesoro..." una voce dolce e dispiaciuta entrò nella stanza della ragazza "Sono ormai tre giorni che non esci da qui... che succede?" chiese poi sempre la stessa voce.

Rhea stava distesa nel suo letto con la faccia completamente immersa nel cuscino, non ne voleva sapere nulla di niente e nessuno. Immersa da sensazioni e sentimenti contrastanti, sentiva una fitta costante al cuore, come se ci fosse un ago che le penetrasse la pelle costantemente, sentiva un bollore percorre le vene e scaldarle il viso, un brivido costante sulla schiena che portava le gambe a sbattere prepotentemente sul materasso. Insomma delusa, arrabbiata, amareggiate e triste. Si sentiva un'emerita stupida, aveva creduto di poter interessare effettivamente a qualcuno, di poter finalmente provare quelle sensazioni e brividi che ogni ragazza della sua età aveva già sperimentato, voleva dare finalmente il suo primo bacio, avere le sue prime esperienze e conoscere finalmente il vero piacere e non quello che leggeva solo nei libri. Voleva sognare le uscite che avrebbero fatto, voleva essere in fermento ogni volta che lui avrebbe bussato a quella maledetta porta di casa, voleva essere presa e accompagnata al bar a bere un fottutissimo caffe, avrebbe voluto sentire quel dolce sbuffo mentolato sulle sue labbra e assaporare quel soffice contatto. Avrebbe solo voluto innamorarsi e lasciarsi cullare da quel sentimento per sentirsi finalmente apprezzata, normale e viva.

Non rispose alla mamma, si voltò semplicemente dalla parte opposta della sua voce, lasciando trasparire uno sbuffo carico di tristezza e delusione. Cho si posizionò alle spalle della rossa, sedendosi accuratamente sul bordo del letto, accarezzandole la testa per tranquillizzarla. Le mani erano calde e davano quella meravigliosa sensazione di casa che mai nessun altro avrebbe potuto permettersi. La rossa abbassò la testa rannicchiandosi sempre di più su sé stessa e avvicinandosi così alle mani della mamma.

"Amore so che è successo qualcosa" cominciò a sussurrarle all'orecchio "Sappi che con me puoi parlere tesoro, per tutto quanto" concluse lasciandole un bacio sulla tempia e accarezzandole la spalla.

Rhea voleva solo che lui la cercasse, voleva solo che quelle sensazioni non cessassero, voleva solo che quel fermento di sentimenti non svanisse così nel nulla. "Mamma..." sussurrò con voce incrinata "potrò mai amare anche io?" concluse con un piccolo singhiozzo.

Dentro di sé la risposta era un No, secco e perforante. Sentiva che per lei non c'era speranza, chi mai nessuno avrebbe amato una disabile, chi mai dedicherebbe una vita intera ad una persona che non vede letteralmente nulla. Era un impego, una fatica, un disagio, era una rottura e un peso da portarsi dietro ogni volta. Non avrebbe potuto fare la spesa, cucinare, lavare o semplicemente sistemare la casa come una normale donna. Avrebbe sempre avuto bisogno di aiuto nel vestirsi, nel cambiarsi e magari anche nel solo lavarsi. Si sentiva semplicemente inutile e indispensabile. Sapeva benissimo quanto i suoi genitori soffrivano nel saperla una persona dipendente dagli altri, sentì quanto mamma si crogiolò per la sua malattia, sapeva benissimo che si incolpavano di qualsiasi cosa e si sentivano sempre in dovere di accudirla e non farle mancare nulla. Lei invece si sentiva sempre più in colpa, non era colpa dei genitori, ma della vita stessa, non era in obbligo o in dovere, non potevano crogiolarsi per lei. Ma bastò solo una frase di mamma per farla sentire bene e amata.

"Tutti abbiamo il diritto e il dovere di amare, non importa il colore la provenienza o le disabilità... Io, il nostro vicino, un assassino, il fiorista o il vigile del fuoco, tu amore mio... siamo fatti di sentimenti ed emozioni e dobbiamo saperle sfruttare e godere al massimo... Amare non è semplice, può ferire, deludere, rattristare e soffrire come non mai... ma ne vale la pena e tu ne vali la pena" concluse lasciando quella melodia di sincerità e benevolenza che riscaldò l'aria della camera da letto.

Pianse, pianse rumorosamente sentendosi inerme e maledettamente in colpa per aver anche solo dubitato un secondo di sé stessa. Sacrifici e sudore erano stati sempre all'ordine del giorno, aveva combattuto per anni lasciandosi convincere anche della sua inutilità, ma vincendo sempre e sconfiggendo le cattive sensazioni. Sì era cieca, una ragazza non vedente, ma ciò non significava che non potesse essere normale almeno un po'. Non significava che avrebbe dovuto rinchiudersi in casa e non far sapere a nessuno della sua inesistenza. Le cose sarebbero cambiate, avrebbe cominciato a vivere da teenager, sarebbe uscita la sera a bere con amici, passeggiate in centro, parco dei divertimenti, gite in montagna e tanto altro ancora. Alzò velocemente il suo busto dal letto, spaventando un po' la madre, cogliendola di sorpresa.

"Ho deciso" sentenziò la rossa sfarfallando le ciglia "sta sera uscirò" e il suo tono non accettava nessuna replica. "Mamma chiama Seokjin" concluse scendendo dal letto e con passi decisi andò verso il bagno.

Chiuse la porta alle sue spalle lasciandosi scivolare su di essa fino al pavimento freddo del bagno. I ripensamenti e le paure erano già arrivati nella sua mente, e se tutto fosse andato male? E se avesse creato solo confusione? E se l'avessero presa in giro sarebbe riuscita a mantenere un certo contegno? I rumori? Le vertigini e le nausee? Con prepotenza si lasciò un colpo in testa scuotendo violentemente i capelli lunghi in negazione. Doveva smetterla, chi se ne frega delle persone, doveva cominciare a vivere e lo avrebbe fatto. Alzatasi dal pavimento si spogliò lasciandosi cullare dal getto bollente dell'acqua. Mentre s'insaponava un ricordo colpì i suoi pensieri, quella sensazione di calore e delicatezza che sfiorò le sue rifiniture, quelle mani grandi appoggiate alle sue cosce, quel percorso breve ma intenso che fecero per il suo corpo. Infine quel profumo indimenticabile, colpì i ricordi lasciandola sorridere ingenuamente. Chinò il viso e portò le mani vicino al petto ove un colpo costante stava per perforare la sua candida pelle. Lo avrebbe incontrato di nuovo, a costo di chiede in giro se qualcuno lo conoscesse, lo avrebbe ritrovato e gli avrebbe confessato che sentiva strane sensazioni e che voleva assaporare insistentemente le sue labbra. Baciarlo fino allo sfinimento e forse anche qualcosa in più.

Scese le scale e arrivò in cucina, aveva ancora i capelli bagnati e il pigiama, un profumo fruttato colse i suoi sensi. Si voltò verso le sue spalle lasciandosi accogliere da due braccia magre che però riuscivano a chiuderla stretta fra loro. Seokjin era sempre stato una famiglia e un amico indispensabile, senza lui non c'era ossigeno, vita, senza di lui non c'era lei. Accoccolò il viso nel petto definito e morbido dell'amico lasciandosi andare al relax che percepiva.

"Buona sera principessa..." sussurrò abbracciandola ancora più forte "Mi hai fatto chiamare?" domando sapendo già la risposta. Nella voce del ragazzo si percepiva anche un velo di preoccupazione, probabilmente Cho aveva già raccontato cosa fosse successo qualche ora prima.

Teach Me ~ K.NamjoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora