28 - Infortuni dolorosi

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Finita la partita, i ragazzi scesero di sotto in infermeria, avevano visto il loro amico andare via sopra un lettino e da allora non avevano saputo più nulla.

Una volta scesi, le urla di Nicolò si potevano sentire anche a chilometri di distanza, erano forti, potenti e talvolta dolorosi per chi le ascoltava da fuori.

<<Cosa gli stanno facendo?>> chiese ingenuamente la ragazza spaventata da tutto quel rumore.

<<Non lo so>> rispose prontamente Fede <<ma quest'infortunio deve essere peggiore degli altri>> ribadì <<non è la prima volta che prende un fallo del genere, ma mai in vita mia e in tutti gli anni che giochiamo a calcio insieme, l'ho sentito urlare in questo modo>>.

Se prima la ragazza era spaventata, dopo le parole del suo migliore amico, era completamente nel panico, in più le urla del ragazzo non aiutavano di certo la sua concentrazione.

Avrebbe voluto fare qualcosa, sapere cosa stesse succedendo e soprattutto cosa gli procurasse tanto dolore. Ma perchè nessuno usciva per comunicare quali danni avesse contratto?

Come se qualcuno avesse udito le sue parole, il paramedico lì presente uscì e i ragazzi non persero tempo ad andargli incontro.

<<Salve, voi siete gli amici del ragazzo?>> disse indicando la porta da cui era appena uscito.

<<Sì, io gioco in squadra con lui, possiamo sapere come sta?>> domandò Federico.

<<Beh...>> tentò di parlare, ma la voce di Lorenzo la sovrastò.

<<Possiamo vederlo?>> chiese infatti.

<<No, non voglio vedere nessuno>> urlò la voce quasi irriconoscibile di Nicolò.

Ovviamente nessuno seppe capire il perchè il loro amico non volesse vederli, nè tantomeno perchè voleva restare da solo in un momento come quello.

<<Non gli dia ascolto, noi dobbiamo vederlo capisce? È nostro amico>> prese parola Hayley cercando di smuovere un po' le acque.

Non sapeva bene perchè voleva sapere delle sue condizioni, ma in quel momento tutto l'odio e l'astio che provava nei suoi confronti, li aveva messi in secondo piano.

Lo aveva visto cadere davanti ai suoi occhi, lo aveva sentito urlare, cosa che non era mai accaduta in tutti quegli anni che lo conosceva. Come aveva detto Federico, di falli ne aveva subìti tantissimi, alcuni lo avevano costretto a letto per mesi senza poter giocare, ma mai aveva fatto come stava facendo adesso, quindi la situazione doveva essere più grave di quello che pensavano.

<<Mi dispiace, avete sentito il vostro amico. Tra l'altro noi qui non possiamo fare granchè, ma vi comunico già da adesso che verrà trasferito nell'ospedale pià vicino per altri accertamenti, poi vi diremo dove verrà portato e se vorrete e ovviamente se lui vorrà, potrete andarlo a trovare>> li congedò il paramedico che lo aveva assistito fino ad allora.

Non c'era altro che potevano fare se non quello di aspettare che fosse trasferito e finalmente poter vedere il loro amico.

Si sentivano così impotenti in quel momento, erano una bellissima squadra e lo si poteva notare in momenti del genere. Quando uno di loro era contento, tutti gli altri gioivano con lui, quando uno di loro era triste, tutti gli altri cercavano di tirargli su il morale, quando uno di loro si faceva male e soffriva, tutti gli altri cercavano di stargli vicino come meglio potevano... ma Nicolò era testardo e pur di non farsi vedere debole da nessuno, avrebbe allontanato anche i suoi migliori amici.

<<Io direi che possiamo andare a casa, appena ci daranno notizie, andiamo in ospedale>> pronunciò Federico ormai esausto, doveva ancora farsi una doccia e aveva un disperato bisogno di riposarsi, almeno per qualche minuto.

<<Voi iniziate ad andare, io arrivo tra poco>> disse la ragazza prendendo la strada opposta sotto gli sguardi attoniti dei suoi amici.

<<Lily dove stai andando? Lily?>> tentò di chiamarla il suo migliore amico, ma fu tutto vano, Hayley era già sparita oltre gli spalti in direzione degli spogliatoi.
Ma cosa ci doveva andare a fare negli spogliatoi?

Senza pensarci due volte, si ritrovò davanti a una porta tutta laccata di grigio, in alto la scritta "spogliatoi", con accanto il disegno di un omino, era scritto in grande e a chiare lettere.

Hayley prese un grosso respiro ed entrò, "ora o mai più", pensò una volta dentro.

Si finse cieca per un istante visto che i ragazzi lì dentro erano tutti mezzi nudi, chi doveva ancora entrare in doccia e chi invece aveva già finito e si stava rivestendo.

<<Ma chi è?>> sentì chiedere da un ragazzo.

<<Cosa ci fa qui dentro? Avrà sbagliato stanza>> proferì un altro.

Il problema era che non aveva sbagliato stanza, si trovava lì per un motivo e proprio in quel momento, il soggetto di tale motivo le si presentò davanti.

<<Hayley, che ci fai qui?>> domandò il coach cercando di coprirsi come meglio poteva.

<<Perchè l'hai fatto?>> domandò soltanto la ragazza.

Una semplice domanda che non aveva bisogno di soggetti, complementi o verbi, in quella domanda era chiaro tutto il significato del perchè gliela stava ponendo.

<<Non so di cosa parli>> si difese il biondo tornando a fare quello che stava facendo.

<<Invece lo sai benissimo>> continuò la ragazza seguendolo fino al suo armadietto <<perchè gli hai fatto così male?>>.

<<Questo è il calcio tesoro, è uno sport violento e come tale va rispettato>>.

Ma Hayley, che conosceva quello sport come le sue tasche, non la pensava minimamente così. Era ovvio che poteva capitare di farsi male, ma quel gesto era stato premeditato, lo aveva letto nei suoi occhi il minuto dopo che si era girato con quel sorriso beffardo.

<<Non è un ring, non stavate facendo pugilato, non serviva fargli così tanto male per prendere una stupida palla>> iniziò ad innervosirsi, se fosse stata un'altra probabilmente gli avrebbe spaccato la faccia, ma aveva ancora un po' di dignità da preservare.

Intanto tutti gli altri componenti della squadra si erano feramati a osservare il piccolo spettacolino che avevano messo su.

<<Sapevo che ti interessava Barella, ma non fino a questo punto>> esordì scherzando il coach prendendola in giro.

<<Tu non sai niente>> proferì la ragazza avvicinandosi sempre di più al viso del biondo <<non voglio vederti mai più>>.

E con quelle ultime parole, lasciò lo spogliatoio e si diresse dai suoi amici, sentiva il cuore più leggero anche se batteva come un forsennato, ma forse aveva fatto la scelta giusta. Qualsiasi cosa poteva nascere tra loro due, lui lo aveva distrutto in meno di mezzo secondo.

Dimmi che ne vale la pena || Nicolò BarellaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora