𝓒5 | 2 𝓹𝓪𝓻𝓽𝓮

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(Pdv Erika)
Mi ritrovai di fronte al citofono di casa "De Angelis", un minaccioso condominio grigio con tre piani, come il mio. Accanto vi erano due palme imprigionate da una ringhiera nera dalle punte aguzze, mentre al posto dell'erba c'era un pavimento in pietra.

Solo le terrazze degli appartamenti erano decorate con fiori e piante di ogni tipo. Angelika mi passò davanti premendo il tastino accanto all'etichetta della casa dei suoi. Non sentii nulla, solo la tensione aggrapparsi sulla schiena. Deglutii percependo freddo, sebbene il sole mi riscaldasse le spalle, accarezzandomi la testa con i suoi raggi.

Mi fissai su Sissi: aveva i lineamenti del viso tesi, le dita giocherellavano con un anello che aveva al dito e continuava ad alzare ed abbassare lo sguardo alla terrazza del primo piano. Sarebbe uscito qualcuno?

Chissà cosa avrebbe pensato, appena mi avrebbe visto ridotta in quello stato pietoso... Soprattutto l'incartamento dei pasticcini mi sembrava troppo banale e comune, volevo che fosse stato più curato.

Ero lì, fuggire era impossibile, perché ormai Angelika aveva suonato, i suoi erano a conoscenza del nostro arrivo. Stavo provando la stessa agitazione di quando l'insegnante decideva di fare un'interrogazione a sorpresa, sapevi di non aver studiato, ma fingevi il contrario incrociando le dita.

Le sue dita scorrevano sul registro, facevano con calma sulla carta, guardavi il registro e vedevi che sorpassava il tuo cognome. Il cuore rischiava di uscirti dalla cassa toracica, mentre sentivi le pulsazioni nelle orecchie.

Ecco, successe questo quando una donna, dai capelli quasi neri, uscì sul terrazzo, ci scrutò, sorrise e rientrò. Ciò durò pochi secondi, ma mi parvero un'eternità, soprattutto nel momento in cui incrociai i suoi occhi scuri. Mettevano più paura di quelli di Angelika... Sembravano due buchi neri.

-Saliamo, sei pronta?-.

Sissi mi strappò da quel breve incubo su sua mamma. Accennò un sorriso, si avvicinò incontrando le mie labbra. Quel bacio mise in subbuglio la mia organizzazione mentale. Se mi ero preparata un piano d'azione, delle mosse precise, le parole da dire e cosa evitare di me stessa, Angelika mi aveva dato conferma che sarebbe stato un pranzo imprevedibile.

Ero soggiogata dalle emozioni, abbandonata dalla razionalità e niente avrebbe potuto aiutarmi, se non fare affidamento sulla mia ragazza. Avrebbe condotto lei le danze, quello era il suo regno.

Ero rimasta in silenzio da quando avevo lasciato casa mia, era come se mi fossi sdoppiata: la vera Erika se la stava spassando nella sua camera, a chattare con le amiche nella tranquilla solitudine, mentre la vecchia ero io. Mi sembrava di essere tornata allo scorso anno: timida, impacciata, chiusa e muta. Osservavo la realtà, ma non la vivevo.

Ero l'ombra di me stessa, il riflesso allo specchio e la ragazza che viveva solo nel suo mondo. Intanto Angelika mi camminava davanti a passo svelto, aveva fretta: il vestito riusciva a seguire a malapena i movimenti delle gambe e la cintura della giacca di continuo il corrimano in ferro, producendo un suono secco e metallico che mi riempiva le orecchie. Tra quelle pareti grigie, le finestre alte con le grate fuori e l'ambiente privo di quadri o decorazioni sui muri, mi fece sentire in prigione. Almeno a casa le pareti intere erano color caramello con qualche vecchia foto di Bergamo.

Qui invece sembrava che tutto dovesse rimanere anonimo, segreto e nascosto tra le mura di casa. Ogni famiglia pensava ai suoi bisogni, gli altri vicini erano superflui, solo fantasmi da salutare di tanto in tanto, o forse ombre proiettate sui muri la sera tardi, quando si incrociavano con altri condominiali. Insomma l'essenziale dei rapporti umani, il resto era fuori moda.

E così pensavo che i genitori di Angelika mi avrebbero accolto, un'estranea come tante, qualcuno da vedere una volta e poi cancellare dalle loro menti.

Blaue Blume - Il prezzo dell'amore (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora