𝓒11 | 𝓖𝓮𝓻𝓱𝓪𝓻𝓭 𝓜𝓪𝓷𝓷 | 1 𝓹𝓪𝓻𝓽𝓮

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(Angelika)
Delle sottili nuvole bianche si sollevavano dalla tazza di caffè, si contorcevano, s'allungavano e si dissolvevano verso l'alto, mentre le osservavo rapita. Il caffè scuro emanava un delizioso aroma che riempiva l'intera stanza.

Le mie mani avvolgevano la tazza, volevo scaldarmi un pochino dopo essermi svegliata senza piumone: Erika s'era avvolta come un involtino primavera alle verdure. In particolare i suoi capelli mi ricordarono la doratura del cavolo cotto. Sorrisi. A volte ero proprio strana: paragonavo la mia ragazza al cibo. Di questo passo me la sarei mangiata...

Erano quasi le sei e mezza e il sole tardava a farsi vedere. Ormai ottobre aveva preso posto sul calendario, settembre era un lontano ricordo anche se era appena passato. Tra qualche settimana sarebbe stato un mese da quando eravamo qui a Brunico. Il tempo era trascorso così in fretta!

Giusto ieri sera avevo sentito i miei per sapere come andava a casa. La mamma aveva fatto la vaga, raccontandomi le solite cose: il lavoro che andava bene, l'estenuanti pulizie della casa e i nuovi vicini che facevano casino fino a notte fonda. Papà non aveva voluto parlarmi.

-Si è addormentato sul divano-.

Questa era stata l'ennesima scusa nelle uniche volte che avevo chiamato. Chissà come era sempre impegnato... Dentro di me sentivo che c'era qualcosa fuori posto, lo sapevo benissimo: non approvava la mia relazione. Per quanto facesse male, il suo pensiero valeva poco. Amavo Erika, ero adulta e nessuno poteva mettere in discussione i "miei gusti".

Al giorno d'oggi dover litigare era ridicolo. Quindi, conoscendolo, prima o poi l'avrebbe accettato. Aveva solo bisogno del suo tempo...

Lasciai correre il pensiero verso una strada senza fine, mentre bevvi un sorso di caffè. Stiracchiai le gambe: le allungai verso il pavimento, passarono sotto una sedia e i muscoli si rilassarono. Chiusi gli occhi percependo un certo piacere. Non amavo lo sport, ma lo stretching ogni tanto era d'aiuto. Nella mia mente balenarono altri pensieri: l'aperitivo con Johanna e Gerhard Mann, il maestro di scienze. Ne avrei affrontato uno alla volta...

Sabato scorso, verso sera, ero andata a casa di Johanna in auto. Avevo scoperto che viveva in una villetta a schiera rosa con un grazioso giardinetto dal confine recintato, e adornato di piante vivaci. Forse le ultime prima dell'arrivo del vero inverno. Le nevicate sarebbero cominciate verso la metà di ottobre e fino a maggio ne avremmo avute, almeno in alta montagna. A Brunico ero sicura c'è ne sarebbero state di minori.

L'allegra risata di Johanna m'aveva riportato alla realtà. I capelli biondi e l'abbigliamento elegante, composto di giacca e vestito nero lungo fin sotto le ginocchia, si palesarono davanti al finestrino della mia macchina. Aprii la portiera, scesi, e lei mi strinse in un leggero abbraccio. Rimasi un attimo stupita dal suo gesto. Non ero abituata a tanta confidenza...

Mantenni comunque il sorriso e la feci salire. Il tragitto lo passò a parlare solo lei. Passava da un argomento all'altro così rapida che mi fu difficile tenere il filo del discorso.

Appena fummo al locale, un certo Aperocafe, prendemmo un aperitivo con spritz. Non ero in vena di chissà quali drink e neanche Johanna sembrò dell'idea, anche se in chiamata m'aveva accennato a degli ottimi cocktail. Il cameriere, un uomo sulla cinquantina, ci portò anche degli stuzzichini: patatine, pizzette, anacardi, affettati e pane integrale.

-Potremmo anche cenare...-.

Johanna era stata diretta, alcuni clienti l'avevano guardata male e io avevo fatto finta d'assaggiare un po' di spritz. Il gusto appena appena dolce in contrasto con l'amaro mi diede una botta di vita. Era da molto che non toccavo qualcosa di alcolico. La serata dell'anniversario di me e Erika era stata l'ultima.

Blaue Blume - Il prezzo dell'amore (completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora