7 - the rainy night

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Yuta pov

Mi svegliai in preda al sudore, avevo tutta la fronte bagnata, persino la mia schiena lo era. Per un attimo mi sentii quasi ancorato alle lenzuola sottostanti. Mi girai verso la sveglia a lato del mio letto, segnava le 02:35. Non potevo crederci, avevo ancora avuto un incubo. Non uno qualsiasi, era lo stesso che mi perseguitava da qualche anno a questa parte. Non ne potevo più.

Cercai di alzarmi e di appoggiare i piedi per terra. Guardai fuori dalla finestra e notai ancora qualche locale aperto in lontananza, con le insegne illuminate. La luna era alta in cielo, la luce si rifletteva su metà del mio corpo. Questa era l'unica cosa che mi faceva stare meglio, quando mi svegliavo in piena notte.

Mi alzai e mi diressi verso la scrivania. Avevo bisogno di bere e non solo acqua. Mi avvicinai quindi all'armadietto poco distante e presi fuori una bottiglia di soju. 

Yuta, non puoi ridurti sempre così, non è questo il modo di affrontare il problema, pensai. 

Me ne versai un po' nel bicchiere pulito. Sapeva ancora di vino della sera precedente. Questa cosa non mi fece schifo, stranamente apprezzai l'ultimo sapore prima di pere il soju. Era davvero un buon vino, pensai.

Aprii leggermente la finestra, per fare entrare l'aria fredda, così da risvegliarmi un po'. Era davvero bello per me, forse il momento più bello della giornata, starmene lì in piedi ad osservare ciò che accedeva fuori dalla mia stanza, mentre tutti gli altri miei compagni stavano dormendo. Ero solo, avevo tutto il tempo per ammirare gli alberi che circondavano il resto degli edifici, la luce della luna che si rispecchiava sulle foglie, sulle strade, solo così mi sentivo veramente a casa.

Mi spostai i capelli all'indietro e mi sedetti sulla poltrona affianco del mio letto. Ritrovai un pacchetto di sigarette per terra, forse mi era scivolato dalla tasca. Presi fuori una sigaretta e me la portai alla bocca. Ma dove cavolo è l'accendino, pensai. Mi guardai un po' intorno cercando di capire la sera precedente dove l'avessi lasciato, quando ad un tratto lo vidi luccicare vicino al mio comodino. Mi alzai per andarlo a prendere quando decisi poi di accendere il mio cellulare per ascoltare un po' di musica. 

Mi accesi la sigaretta e aspirai con calma. Era così bello vedere il fumo dirigersi verso la finestra, uscendo, espandendosi verso l'esterno. 

Presi un paio di pantaloni dall'armadio e li indossai, iniziava a fare un po' freddo, tanto ormai non avevo più voglia di dormire. Volevo solo starmene così, da solo al buio a fumare, a bere e ad ascoltare qualche canzone. Forse era veramente l'unica cosa che mi facesse rimanere vivo. 

Il mio cellulare si accese e poco dopo notai vari messaggi di Mark. Mi aveva cercato la sera precedente. Ma perchè non era venuto a bussare se tanto ci teneva a vedermi? 


21:13  Mark: Yuta, stai bene? Come mai non sei venuto a magiare alla mensa sta sera? Vuoi che ti porti qualcosa?

21:46 Mark: Non preoccuparti di Jungwoo, lo conosci, sai perchè si comporta così con te, non dargli da vedere che stai così per colpa sua.

21:47 Mark: Domani mattina dopo lezione ti vengo a trovare. Sei in biblioteca? O rimani in camera tua? 

23:02 Mark: Yuta, stai bene? Ne parliamo domani.


Mark si preoccupava sempre troppo per me, era questa la verità. Lui era fatto così. Sapeva di essere il mio unico amico qui alla Soongsil, per questo continuava ad assillarmi. Per un attimo mi sentii in colpa ad aver spento il telefono, ieri sera non avevo voglia di sentire nessuno. Non volevo farlo preoccupare, così decisi di inviargli un messaggio, anche se eravamo nel pieno della notte.

2:50 Yuta: Mark scusami se non ti ho risposto, avevo bisogno di stare da solo. Questa mattina sarò in biblioteca a studiare, raggiungimi pure.

Mark si preoccupava troppo inoltre della situazione che avevamo io e Jungwoo. Ancora non aveva capito che non stavo così per lui, ormai ci avevo fatto l'abitudine. E' sempre stato così nei miei confronti, da quando avevamo 15 anni. Da quando ho lasciato Osaka per trasferirmi a Seoul. Dopo tutto il male che mi aveva fatto di certo non mi preoccupavo di un po' di cibo per terra o di un pugno sulle costole. Forse a lui non andava giù proprio questo, che per me il tutto fosse indifferente, che ormai non provassi più niente nei confronti dell'essere solo. Non sentivo più niente, nessuna emozione, nessun dolore. La mia unica preoccupazione era andarmene di lì nel giro di due anni, di scappare da qualche parte, provare a cercare ciò che avevo perso. 

Anemone | Yuta NakamotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora