89 - promise you

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Yuta pov

Ero seduto su una delle tante sedie della sala d'attesa dell'aeroporto, quando sentii una voce elettronica dire che era pronto il mio volo per Seoul, stavo seriamente partendo.

Strinsi il biglietto che avevo accuratamente stampato e mi alzai in piedi. Per poco le mie gambe non crollarono, da quanto ero agitato, così mi aggrappai alla valigia che avevo vicino. Successivamente mi incamminai verso il gate, tenendo lo sguardo basso.

Pensai per tutto il tempo ai mesi trascorsi a Tokyo, al signor Matsuda e a sua madre e infine a Shotaro. Erano davvero trascorsi velocemente, tanto che facevo ancora fatica a credere di aver messo fine a quel capitolo della mia vita. Uno di quelli che mi fece crescere di più.

Nell'ultimo periodo ero cambiato tanto. Assumermi più responsabilità mi fece maturare ancora di più, tanto da pensare a quanto fossi stato stupido prima a prendere certe decisioni. 

A Maggio fortunatamente riuscii a vivere un po' più serenamente, forse perchè avevo finalmente trovato un lavoro che mi permettesse di non preoccuparmi a livello economico. 

La madre del signor Matsuda mi disse che il figlio di suo fratello minore aveva appena licenziato un cameriere, appunto per la sua scarsa capacità nel mestiere. Così mise una buona parola per me e in pochi giorni riuscii a fare un colloquio con lui.

 Hayato era un uomo sulla quarantina, molto scontroso e diretto nei modi. Nonostante questo suo atteggiamento cercai di non scoraggiarmi e così facendo, credendo in me e nelle mie potenzialità, riuscii a farmi assumere.

Il suo locale era veramente piccolo, facevano molti cibi tipici giapponesi e mi stupii di quante persone frequentassero quel posto, dato il poco senso estetico che aveva. Non appena assaggiai i loro piatti capii che quello era il loro punto di forza.

Lavoravo a pranzo e a cena, sempre, ogni giorno, finchè non passava più nessuno da quanto fosse tardi. Il più delle volte ero sempre tra la cucina e i tavoli a portare via piatti, consegnare il bere e raccogliere le ordinazioni. Mi stavo seriamente appassionando al mestiere, proprio perchè quando avevo tempi morti me ne stavo a guardare le persone mangiare, da dietro il bancone. 

Osservandoli mangiare potevo veramente capire che tipo di persone fossero. Spesso fantasticavo, chiedendomi che tipo di relazione avevano tra loro, se erano fratelli, parenti, fidanzati o semplici amici. 

Quel lavoro mi aiutò tanto ad aprirmi di più e ad essere socievole con gli altri. Arrivavo ai tavoli sorridente con un vassoio, consegnando il cibo, ringraziandoli e augurandogli buon appetito. Erano così gentili quando mi rivolgevo a loro così. Capii che il più delle volte le persone si comportano in base a come ti mostri e a che sensazioni emani. Forse è proprio per questo che non mi ero mai circondato troppo di persone, proprio per il mio costante atteggiamento di riluttanza. 

Quando non avevo nulla da fare mi sistemavo il grembiule che mi avevano dato e mi appoggiavo allo sgabello, così da riposarmi un po'. Ogni volta che tornavo in camera finivo con il crollare sopra il letto da quanto mi facessero male le gambe.

Hayato si congratulò con me più di una volta, dicendomi che stavo eseguendo il mio lavoro al meglio e che sarei diventato un ottimo cameriere un giorno, pensando che avessi continuato a lavorare lì da lui per molto tempo. Non appena gli dissi che sarei tornato a Seoul per i primi di Settembre lui ci rimase molto male, ma non mi disse niente. 

Nonostante avesse un atteggiamento molto riservato e scontroso si era affezionato subito a me, forse perchè non avevo mai fatto alcun errore all'interno del suo locale. Così mi lasciò andare a malincuore, dandomi la paga di fine mese, dicendomi che era stato davvero bello che avessi lavorato per lui.

Anemone | Yuta NakamotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora