Capitolo 44

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Ancora affannata per aver corso dalla fermata della metropolitana fino all'atrio della stazione lancio uno sguardo veloce all'orologio appeso appena sopra al tabellone che annuncia gli arrivi e le partenze. Ore 20 e 28 minuti.

Per una serie fortunata di coincidenze, di solito a me estranee, sono arrivata nell'atrio della stazione ferroviaria alle 20:28, rischiando davvero di riuscire a prendere il treno delle 20 e 30 ed arrivare a casa ad un'ora decente. 

Tutto è filato stranamente liscio: dall'ascensore che ho trovato fermo al piano, alle porte della metro che si sono aperte proprio di fronte a me non appena ho messo piede sul marciapiede antistante il binario. 

Ma devo comunque sbrigarmi, i piedi cominciano ad accelerare senza che nemmeno me ne accorga e percorrono rapidamente il tratto di strada che mi separa dal binario venti, ovviamente l'ultimo sulla destra, quello più distante dal punto in cui mi trovo. Manca davvero poco alla partenza del treno e anche l'aria nei miei polmoni comincia a scarseggiare, devo assolutamente fermarmi per riprendere fiato. 

Le mie dita esaminano minuziosamente ogni tasca della tracolla alla ricerca del biglietto che mi sono procurata questa stamattina ben sapendo che al ritorno non avrei avuto il tempo di fermarmi allo sportello per acquistarne uno. Devo trovarlo ad ogni costo se voglio vidimarlo prima di salire sul treno. 

La mia mano si fa strada nella borsa tastando ogni oggetto con cui viene a contatto ma del portafoglio neanche l'ombra. Possibile che tutto quello che entra qui dentro sia destinato ad essere fagocitato senza alcuna possibilità di fare ritorno?

Mi distraggo solo per un secondo, distolgo lo sguardo dalla mia traiettoria per il tempo di un battito di ciglia e tanto basta per far sì che io vada a sbattere contro qualcosa di duro con una violenza tale da farmi finire rovinosamente a terra.

A quattro zampe, con il capo ancora rivolto verso il marciapiede, impreco constatando che quasi l'intero contenuto della mia borsa si è sparso alla rinfusa sulla banchina. 

Non tutto il male vien per nuocere però! Ecco il portafoglio, mi affretto a raccoglierlo estraendo il biglietto e alzandolo in aria come a voler esibire un trofeo appena vinto. Ma mentre sventolo in aria quell'insignificante pezzetto di carta qualcosa attira improvvisamente la mia attenzione facendomi gelare il sangue nelle vene. Vengo pervasa da un profumo unico e familiare, il suo profumo, l'unico capace di mandare in tilt ogni cellula del mio corpo. 

Scuoto il capo nel tentativo di scacciare gli assurdi pensieri che, contro ogni volontà, si stanno facendo strada nella mia testa. Di sicuro si tratta di uno scherzo della mia immaginazione, devo solamente vidimare questo stramaledetto biglietto, salire sul treno, raggiungere la mia casa sicura e confortante e chiudere tutto il resto fuori.

- Se dovevi prendere il regionale delle 20 e 30 è inutile che ti affanni tanto, è appena partito, l'hai perso per un soffio - sono pronta a giurare che il mio corpo si sia trasformato in una statua per quanto mi si sono irrigiditi i muscoli, tutto ciò che mi circonda scompare all'improvviso ed anche i rumori frenetici della stazione giungono ovattati alle mie orecchie. Solo quella voce, così profonda, continua a rimbombare limpida nella mia mente, una voce che potrei riconoscere anche in mezzo al brusio più assordante, una voce che non sono riuscita a dimenticare nonostante tutti gli sforzi fatti negli ultimi sei anni.

Lentamente recupero il controllo sul mio corpo e finisco di raccogliere le cose sparse sul marciapiede ma non riesco a sollevare il capo per paura di perdermi nell'abisso di due iridi scure che non vedo da troppo tempo. Vorrei solo potermi teletrasportare il più lontano possibile da qui.

Mi muovo con estrema lentezza, forse così facendo la persona di fronte a me deciderà di proseguire oltre e mi lascerà in pace. Purtroppo però il ragazzo non sembra intenzionato a scomparire. 

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