Capitolo 72

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Santorini. Sesto giorno.

- Alex vuoi dirmi una volta per tutte dove diavolo mi stai portando? Lo sai che non amo le sorprese - lui scuote leggermente la testa rallentando l'andatura per poter attraversare un incrocio in sicurezza.

- È proprio per questo che non te l'ho detto, se l'avessi saputo non avresti mai accettato di venire - metto il broncio per manifestare il mio disappunto incurante del fatto che sia troppo concentrato nella guida per potersene accorgere.

- Lo sai che in questa maniera non mi tranquillizzi affatto? - dove diavolo stiamo andando e perché non avrei mai accettato di seguirlo volontariamente? La cosa comincia decisamente a preoccuparmi. Per non parlare del fatto che è da più di un'ora che percorriamo in lungo e in largo le impervie stradine di quest'isola senza un'apparente destinazione, è evidente che stiamo girando a vuoto, inizio a credere che neppure lui sappia esattamente cosa sta facendo.

Le immense distese di campi coltivati a vitigni che caratterizzano il paesaggio in questa parte dell'isola cominciano a scorrere più lentamente davanti ai miei occhi, segno che finalmente la Vespa ha cominciato a rallentare la sua corsa. Forse siamo arrivati.

Imbocchiamo un'anonima strada circondata da bassi fabbricati fermandoci davanti ad un ampio portone. Ai lati del cancello troneggiano delle torrette non troppo alte che ricordano quelle di un avamposto militare, purtroppo le alte mura che circondano l'intera struttura non mi permettono di scorgere altro, ma quel poco che vedo non promette proprio nulla di buono.

- Sei sicuro che siamo nel posto giusto? - domando nutrendo nel mio cuore la flebile speranza che ci sia un errore, riaccenda il motore e mi porti in un posto decisamente più romantico di questo, ma Alex scende dalla Vespa sfilandosi il casco e mi invita a fare lo stesso.

- Secondo il navigatore siamo esattamente dove dovremmo essere - ribatte osservando lo schermo del cellulare che ha estratto dalla tasca.

Va bene, vediamo cosa ha in mente. Il viaggio mi ha leggermente indolenzita e male che vada potrò sgranchirmi un po' le gambe.

Sotto il mio sguardo attento Alex parcheggia il nostro mezzo per poi avvicinarsi al campanello e suonarlo. Qualcuno gli risponde utilizzando una lingua che proprio non riesco a comprendere e dopo qualche secondo il cancello si apre davanti ai nostri occhi.

- Mi hai portata in una base militare? - sembra piuttosto divertito dalla mia reazione, mi fa piacere che almeno lui se la stia spassando perché io non ci trovo proprio nulla di divertente.

- Non è una base militare, è un eliporto - sgrano gli occhi sperando di aver capito male, che diavolo ci facciamo noi due in un eliporto? Alex mi porge una mano ed intreccia le sue dita alle mie, mollando la presa solo per salutare il signore distinto che ci sta venendo incontro. L'uomo non avrà più di cinquant'anni e indossa quella che, al mio occhio inesperto, sembra una tuta da saldatore di un arancione sfavillante.

Rimango in disparte guardandomi intorno spaesata, forse qui dentro si nasconde il più romantico ristorantino dell'isola ed Alex ha pensato di portarmici altrimenti che cosa saremmo venuti a fare noi due in un eliporto?

- Ali, lui è Giorgio, il fratello di Corrado - l'omone mi stringe la mano presentandosi ed io istintivamente ricambio il suo caloroso saluto ma nella mia mente tutto si svolge come se stessi guardando la scena dall'esterno e non ne fossi io la protagonista.

- Venite vi accompagno fino all'hangar, ho già preparato le pratiche burocratiche di routine e, una volta che vi sarete liberati delle scartoffie, un mio collaboratore vi accompagnerà al velivolo e sarà a vostra disposizione per qualsiasi cosa - Alex lo ringrazia mentre io non riesco ad uscire dallo stato di sbigottimento in cui sono precipitata.

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