Capitolo 40

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24 luglio, ore 3.15

- Si può sapere dove mi stai portando? - tutto intorno è silenzio, segno che stiamo percorrendo una strada poco trafficata, ma io non posso esserne certa perché quel folle del mio ragazzo ha pensato bene di bendarmi con una fascetta per capelli prima di farmi salire sulla sua auto.

- Sarà la centesima volta che me lo chiedi e per la centesima volta ti rispondo di non insistere perché non te lo dirò, tra poco lo vedrai con i tuoi occhi, siamo quasi arrivati - come d'accordo Alex è venuto a prendermi al lavoro e ha atteso pazientemente la fine del mio turno.

Non ho la più pallida idea di dove siamo diretti. Ho cercato di seguire i movimenti dell'auto per capire da che parte stesse svoltando ma non ho un gran senso dell'orientamento e mi sono persa alla prima curva.

Sento le marce che via via decelerano e il veicolo che rallenta fino a fermarsi completamente.

- Siamo arrivati? - senza rispondermi Alex sfila le chiavi dal cruscotto e apre la portiera dell'auto.

- Stai ferma lì, vengo a prenderti io - wow che tono serio! Mi sa che se non obbedisco mi sculaccia, non che la cosa mi dispiacerebbe... non riesco a credere di averlo pensato davvero, da quando la mia mente è affollata da questo genere di fantasie?

Pochi secondi e anche la portiera dal mio lato si spalanca, il tepore della calda brezza estiva mi accarezza la pelle.

- Posso togliermi questa cosa degli occhi ora? - domando incuriosita dal suo comportamento.

- Non ci provare! - mi afferra saldamente entrambe le mani per aiutarmi a scendere dal veicolo. Non appena i miei piedi toccano terra vengono a contatto con una superficie morbida, forse terra o erba, non certo asfalto. Dove diavolo mi ha portata? E perché tutto questo mistero?

- Ora seguimi, devi fare attenzione a dove metti i piedi, il terreno è un po' accidentato. Appoggiati a me - la fa facile lui, io non vedo nulla e tutti sanno quanto sia maldestra. Come minimo rotolerò a terra e finiremo la serata al pronto soccorso, si vede che l'ultima volta si è divertito a tal punto da voler ripetere l'esperienza.

Mi stringo di più a lui inalando il suo profumo che, con gli altri sensi attenuati, mi colpisce con una forza ancora più inebriante del solito. Credo che non riuscirò mai ad abituarmi all'intensità con la quale ogni emozione mi travolge quando c'è Alex a dividerla con me.

Sento il lieve fruscio delle fronde che si scostano per farci strada, evidentemente siamo circondati da alberi e l'erba, ora più alta, mi solletica i piedi lasciati parzialmente scoperti dai sandali.

- Ma dove siamo? Non è che mi stai portando in un posto isolato con l'intenzione di uccidermi e sbarazzarti del cadavere? - cerco di sdrammatizzare anche se l'idea di trovarmi in mezzo al nulla non mi tranquillizza affatto.

- Leggi troppi romanzi gialli e poi, anche se fosse non verrei di certo a confessartelo, non credi? - gli tiro un leggero scappellotto sul petto.

- Ti avevo dato una buona occasione per tranquillizzarmi e tu cosa fai? Non cerchi neanche di negare? - avverto un fruscio più forte accanto a me, il rumore dei suoi passi sull'erba mi fa intuire che ora è molto più vicino, le sue labbra sfiorano il mio orecchio e basta sentire il suo respiro che mi percorre il collo perché il mio corpo venga attraversato da una scia interminabile di brividi.

- Fidati, quando penso a noi due da soli in un posto isolato mi passano per la testa un sacco di cose che vorrei farti e ucciderti non rientra tra queste - deglutisco nel tentativo di recuperare un po' di lucidità e impedire alla tempesta appena esplosa nel mio petto di travolgere ogni cosa.

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