CAPITOLO 2

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Hermione era seduta al tavolo dei Grifondoro e faceva colazione; era contenta, quella sarebbe stata la prima mattina dell'anno a Hogsmeade e non vedeva l'ora di andarci e bere della Burrobirra con i suoi amici. Amici che ancora non si erano fatti vivi. La Sala Grande era stranamente mezza deserta, forse il primo fine settimana fuori dalla scuola non era un incentivo e motivo di entusiasmo per gli altri studenti come lo era per lei. Si guardò attorno in cerca di un viso familiare, qualcuno con cui scambiare due parole... Ma l'unico che riconobbe fu Draco Malfoy e non era un'opzione. Lo osservò di sottecchi e lui era talmente tanto assorto nei suoi pensieri da non notare lo sguardo della Grifondoro su di sé; se ne stava con la guancia pigramente poggiata sulla mano, mentre faceva ciondolare la forchetta nel piatto, giocando con il cibo senza mangiare veramente. 

Hermione non credeva ancora alla teoria di Harry, non pensava che Malfoy fosse diventato un Mangiamorte, ma doveva ammettere, almeno a sé stessa, che qualcosa non andava nel Serpeverde, quell'anno. Innanzitutto, era più pallido del solito e delle occhiaie violacee, che sembravano diventare sempre più evidenti man mano che passavano i giorni, spuntavano sotto i suoi occhi, intaccando l'immagine di impeccabile perfezione che il ragazzo aveva sempre ostentato. Sì, quell'anno Draco Malfoy sembrava quasi perennemente malato, o quantomeno in constante sofferenza.

Le parole che il Preside le aveva rivolto poco prima di tornare ad Hogwarts le riecheggiarono nella mente.

"Sarà un anno duro per tutti noi. Molte persone saranno in una posizione spiacevole, alcune tra le stesse mura di Hogwarts."

Scosse la testa; poteva scegliere di credere che il biondo non avesse preso il Marchio, di pensare che ci fosse qualcosa di buono in quell'ammasso di arroganza e superbia, ma lui non era comunque affar suo e lei, in ogni caso, non voleva che lo fosse. Se Harry aveva ragione e Silente sperava che lei potesse fare qualcosa a riguardo, che lei potesse andare oltre i loro trascorsi e offrirgli il suo aiuto, Hermione se ne rammaricava, ma aveva preso un granchio; anche perché Malfoy per primo non avrebbe mai accettato il suo aiuto, ammesso che necessitasse davvero di aiuto, e lei non aveva tempo da perdere con inutili e vane missioni.

Hermione fece appena in tempo a distogliere lo sguardo e puntarlo sulla porta di ingresso, quando Draco alzò il viso e diresse i suoi occhi verso di lei; la Grifondoro ringraziò mentalmente il tempismo dei suoi amici e sorrise loro.

«Era ora!», esclamò quando i ragazzi la raggiunsero al tavolo.

Ron afferrò del pane e si fiondò verso i piatti a centrotavola per impinguare il suo piatto, cosa che fece alzare gli occhi al cielo ad Hermione e sorridere Harry.

«Giorno, Mione» la salutò il moro, che quella mattina era di ottimo umore. Le uscite a Hogsmeade riuscivano sempre a tirarlo su di morale.

«Sbrigatevi, ho voglia di Burrobirra!»

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Uscirono dai Tre Manici di Scopa abbracciati, mentre canticchiavano e saltellavano allegri. Hermione si chiedeva quanti di quei momenti di spensieratezza gli restassero da vivere prima che si scatenasse l'inferno e se sarebbe sopravvissuta a quell'inferno per viverne di nuovi successivamente. Se tutti loro sarebbero sopravvissuti; aveva il terrore di perdere un'altra delle persone che amava. Spesso si svegliava sudata, al mattino, reduce di incubi in cui Ron o Harry venivano uccisi e più questi divenivano ricorrenti, più Hermione faticava a regolarizzare il battito del suo cuore e il respiro affannato, per non far capire alle sue compagne di stanza che aveva dei problemi; che lei, Hermione Granger, aveva paura; che la sua corazza stava crollando al punto che neanche la sua Occlumanzia sembrava più aiutarla a tenere fuori pensieri e timori funesti e indesiderati.

Fine Line | DramioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora