Solo dopo essermi assicurata che il cannibale non si fosse acquattato dietro a un edificio per tenermi d'occhio feci le mie mosse.
Mi avvicinai rapidamente al corpo di Federica, per poi piegarmi all'ultimo sulla borsa viola al suo fianco. Per fortuna i miei libri c'erano ancora, e anche il cioccolato, ma lo stesso non potevo dire delle mele, misteriosamente sparite. Non avevo tempo di piangere quella inaspettata perdita, problemi più grandi mi aspettavano.Mi concentrai poi sulla mia amica, il battito del cuore non era affatto regolare. Provai a smuoverla ed emise dei lievi lamenti.
Dovevo assolutamente portarla in un ospedale. Per fortuna il più vicino si trovava a circa cento metri da lì, ma non essendo io molto forte non sarei mai riuscita a trasportarla in braccio fino a quel luogo. Non trovando però altre rapide alternative provai lo stesso, me la misi a fatica sulle spalle insieme alla borsa e uscii da quel riparo.La strada era piena di buche e l'asfalto che stava ancora fumando si attaccava in modo spiacevole alla suola dei miei amati stivali. L'odore di quel luogo era terribile e l'aria rimase quasi del tutto irrespirabile fino a quando non riuscii a superare la zona che aveva subito l'attacco. Oltrepassato il cemento sciolto presi una grande boccata d'aria molto più fresca e sicuramente più pulita di quella precedente.
Mi accorsi solo ora, passando la lingua sulla bocca, che stavo ingerendo del caldo sangue. Sentivo dei sassolini dell'asfalto rimasti attaccati al mio labbro superiore, che aveva meno sensibilità del solito. Piegai faticosamente la testa contro la mia stessa spalla e sfregai la bocca lungo la maglietta. Una striscia di sangue colorò l'indumento lasciando sulle labbra una sensazione aliena.
Non avevo percorso neanche cinque metri da quel punto che già le mie braccia iniziavano a dolere. Dovevo trovare una soluzione migliore. Appoggiai la ragazza a terra e stiracchiai la schiena e le braccia verso l'alto. Era più pesante di quanto immaginassi, ma forse era anche merito dei libri che mi ostinavo a portare dietro.
Come già avevo accennato Federica aveva visibilmente bisogno di un medico, e alla svelta. Continuando di questo passo non sarei riuscita a portarla da nessuna parte. Sarei anzi stata più visibile e facile preda dei mostri avendo un ferito con me.Non sono una persona che qualcuno potrebbe definire buona o generosa, ma non ho comunque mai avuto nessuna intenzione di abbandonare lì la mia amica, per quanto il nostro non fosse un solido legame. In verità, ora che ci pensavo, Federica non aveva mai considerato la nostra una vera e propria amicizia. D'altro canto lei era uno Sportivo e io un Protagonista, secondo le leggi di questo mondo potevamo solo andare d'accordo.
Questo mondo è ingiusto, classifica le persone in categorie e si aspetta sempre che le regole legate a esse vengano rispettate. In anni di storia nessuno è mai riuscito a cambiarle, sono scritte nei geni umani e il nostro DNA lo dimostra. Le nostre attitudini, il nostro carattere, il nostro odore e il sapore del nostro sangue. Insomma, la persona che siamo non è altro che un copia e incolla dei nostri predecessori.
Io sono un Protagonista e in quanto tale ho delle libertà di scelta che altri non potranno mai avere. Questa è l'unica cosa che mi fa sentire speciale e mi rende migliore di loro.Mi guardai intorno e senza rendermene conto borbottai ad alta voce: «Prima avrei giurato di aver visto...»
Girai a destra in una vietta abbandonata e vidi un carrello della spesa a testa in giù.
«Eccolo!», esclamai.Il mezzo era un po' arrugginito, provai a spingerlo e scoprii che pur cigolando si muoveva. Lo portai fino al luogo dove avevo abbandonato la ragazza semi-svenuta. La infilai dentro insieme alla borsa e iniziai a spingere il carrello lungo la strada principale.
In fondo era come portare a spasso la spesa in un grandissimo supermercato in cerca della cassa per poter pagare.Per tutto il viaggio mi sentii come osservata nonostante per strada non ci fosse un'anima viva, ed era vero, c'erano a tratti solo dei cadaveri squartati. Provai a osservarli mentre gli passavo accanto. Alcuni avevano lo stomaco e la gola lacerati, altri erano divorati per metà o schiacciati a terra.
Ne notai uno in particolare, accasciato su di un fianco. Era di una donna che indossava un lungo cappotto fuxia dall'aria particolarmente calda per quel giorno. I suoi capelli castani erano sporchi del suo stesso sangue. Le mancava una scarpa rosa, che si trovava a un metro dal corpo in putrefazione.
Lì vicino gli spazzini del Triassico attendevano che io mi allontanassi per continuare il loro pasto. Procompsognathus, o più semplicemente Compy. Si tratta di un piccolo dinosauro carnivoro che si ciba dei resti lasciati dagli altri dinosauri.
La cosa che mi colpì di più non fu il fatto che dei dinosauri, praticamente già estinti, si trovassero davanti a me. No, mi inquietarono i loro fluenti capelli che davano quasi l'impressione di essere una parrucca.Passai oltre a quella scena cercando di non farmi notare troppo, a quelli ci avrei pensato più tardi. Entrai nel giardino fatiscente dell'istituto ospedaliero Memento mori. Perché un nome più azzeccato di quello non c'era.
Mi soffermai a guardare la cartina rovinata che si trovava davanti alla portineria e giunsi alla conclusione che sarebbe stato molto più semplice fare affidamento ai cartelli con le indicazioni.
Mi sbagliavo. I cartelli erano un incrocio di segnali impossibili da decifrare. Uno conduceva alla "Salvezza", partiva da destra, si annodava con un altro e in fine indicava il cielo. Un altro poco sotto era completamente nero e pendeva in obliquo verso sinistra, indicando la fermata del bus. Gli altri portavano quasi tutti all'obitorio o al cimitero. Tranne uno che credo portasse al dipartimento di chirurgia plastica.Decisi che l'unica possibilità era il pulmino, così trasportai il carrello fino alla fermata e attesi. Rimasi ad aspettare per quasi tutto il pomeriggio, il bus sembrava non arrivare mai e intanto Federica si lamentava. La sua pelle iniziava a diventare sempre più pallida e i suoi movimenti parevano ogni volta meno percettibili.
Durante la mia, al momento breve, vita avevo perso più volte persone che mi stavano troppo vicino. Le avevo avvisate di allontanarsi da me, avvertite del pericolo che correvano rimanendo in mia compagnia. Mai nessuno mi aveva dato retta, ma d'altro canto io non avevo mai fatto tanto per allontanarmi da esse. In fondo è anche un po' per causa mia se sono morte, ma preferisco attribuirne tutta la colpa alla loro incapacità di imparare dagli errori già compiuti da altri.
Provai più volte ad avventurarmi nel giardino circondato dalla nebbia in cerca di aiuto, ma ogni volta mi ritrovavo nel punto di partenza.
Ormai avevo già mangiato tutto il cioccolato che avevo con me e iniziavo ad annoiarmi.Osservai per un po' le copertine dei libri che avevo da poco acquistato. La prima era rosa con una scritta scura che recitava le parole "I eat you all". Per quanto lo potesse sembrare, il libro non era un ricettario, ma una valida soluzione per molti dei problemi del mondo.
Il secondo invece raccontava la storia di una ragazza inseguita da un incubo, letteralmente.Non potevo ancora permettermi di iniziare a leggerli per via di una questione di principio. Senza un segnalibro mi sarebbe toccato ricordare il numero della pagina, o ancora peggio, avrei dovuto piegare un angolo di essa danneggiandola in modo permanente. Fortunatamente questo terribile scenario non ebbe il tempo di vedersi realizzato.
Sentii da lontano lo scoppiettio del motore e poco dopo spuntò da dietro gli alberi, avvolti dalla chiara foschia, un bianco pulmino fatiscente con i fari rotti. Si fermò a un metro da me, producendo una scura nuvola di gas, e quasi investì il carrello con Federica. Le porte si aprirono con un sonoro cigolio e da esse cadde un po' di polvere che si staccò dai vetrini appannati.
«Biglietto, prego.», intimò l'autista, quasi infastidito dalla mia presenza.
«I-io non ce l'ho il biglietto.», risposi titubante.«Allora non puoi salire.», biascicò lui scocciato, facendo per richiudere le porte bruscamente.
«Aspetti! La mia amica non sta bene e dev'essere ricoverata con urgenza. Potrebbe morire!»
«Tutti prima o poi dovremmo morire!», rispose lui di rimando.

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Voglio vivere
HorrorEster è una ragazza che cerca di sopravvivere in un mondo popolato da mostri. Le persone di questa realtà nascono divise in categorie, che non sono altro che stereotipi di personaggi in un horror. Per quanto tutto questo possa sembrare orribile non...