Lui girò con un calcio la lampada che aveva sul tavolo e la riposizionò aiutandosi con lo stivale. Sbattei più volte le palpebre accecata da quel faro di luce improvviso rivolto verso la mia figura. Accanto a me Artemide si scostò tornando nell'oscurità e lo stesso fece Vulcano. Provai a guardare meglio l'uomo che avevo di fronte, ma la luce me lo impediva.
Rimanemmo in silenzio per un breve periodo di tempo indefinito. Poi quell'uomo parlò.«Non mi piace», sentenziò prima di riabbassarsi il cappello sul viso. «Portatene un altro.»
Inizialmente non capii il senso di quelle parole. Cosa avrebbero dovuto cambiare? Poi compresi con estremo disagio che si stava riferendo proprio a me.«Capo, non si può cambiare il Protagonista.», rispose Vulcano senza scomporsi. «È quello che ci è capitato.»
«Non mi piace.», continuò l'uomo.
«È stato lei a richiedere che venisse portata qui.», gli fece notare Artemide, avvicinandosi al tavolo e abbassando di poco la lampada in modo che anch'io potessi vederli.«A me non piace, ho detto.», insistette lui.
«Ma non...», provò a dire.
«Civetta, non farmi arrabbiare», la ammonì Marte. «Valla a cambiare alla bancarella in cui l'hai acquistata.»«Non l'ho comprata!», sbottò lei.
«L'hai rubata?», domandò stupito, tirando su un sopracciglio appena visibile da sotto il cappello.
«No, non l'ho rubata...»«Vuoi dire che te l'hanno data gratis?!», esclamò sorpreso Marte mettendosi seduto di colpo. «Non pensavo esistessero simili negozianti! Se è gratis allora lo puoi tenere. La potrei usare come tiro a segno.»
«Signore, non può usarla per i suoi giochi.», spiegò calmo Vulcano.
«Perché no?»
«Ma l'ha vista?», disse indicandomi. «Non durerebbe a lungo neanche se usasse dei proiettili di vernice.»Ci fu un momento in cui gli occhi di tutti si puntarono su di me e sul mio corpo. Mi sentii leggermente imbarazzata e confusa. Non sapevo cosa guardare dato che non vedevo bene gli altri; quindi, rivolsi a me stessa quelle attenzioni.
«Sì, hai ragione, e poi non ha abbastanza roba a cui sparare.», disse Marte guardandomi bene. «Persino Ishtar sarebbe un bersaglio migliore. Allora cosa me ne faccio?»
«Io consiglierei di tenerla qui per un po'», continuò Vulcano. «Almeno finché non nascerà un nuovo Protagonista.»
«Sì, d'accordo. Sarà sicuramente un peso, ma la sua permanenza non durerà a lungo.», annuì l'uomo.Non sapevo come sentirmi, mi stavano trattando come un oggetto o un animale. Come se io non fossi presente e non potessi esprimere una mia opinione. Inoltre mi avevano letteralmente permesso di restare fino a che non sarei morta, e io lì non ci volevo rimanere un minuto di più.
«Io veramente preferi...», cominciai a dire, ma Artemide mi tappò la bocca e iniziò a trascinare via.
«D'accordo, allora se abbiamo finito noi ce ne andiamo.»
«Aspetta. Non mi ha detto ancora come si chiama.», la fermò Marte.L'Esperto di mostri lasciò andare a malincuore il mio braccio, permettendomi di avvicinarmi lentamente al fascio di luce della lampada. Arrivai fin davanti al tavolo su cui poggiava i piedi e mi fermai. Lì sopra c'era un piattino scheggiato pieno di mozziconi di sigarette spente, e sotto un vecchio giornale mostrava una foto di me in prima pagina. Il titolo recitava chiaramente "È nato un nuovo Protagonista! Morto il precedente". L'articolo parlava della mia nascita e riportava il mio nome e luogo di residenza, nel caso un mostro avesse voluto farmi visita.
Guardai quella strana figura seduta di fronte a me. I suoi capelli erano castani e gli arrivavano quasi alle spalle. Sul viso aveva un accenno di barba che aveva da poco ripreso a crescere. Gli occhi dovevano essere verdi, ma con quella luce non avrei saputo dirlo con certezza. Il viso era diviso in due da una cicatrice, come se qualcuno avesse cercato di tagliargli a metà la faccia.
Indossava dei vecchi e consumati stivali marroni e una giacca da aviatore dello stesso colore. Non capivo come, nonostante il caldo esterno, riuscisse a tenere addosso quell'indumento, ma non feci domande.
Mi sorpresi a guardare il braccio sinistro con cui ogni tanto reggeva i sigari, era di metallo o qualcosa del genere. Sembrava il braccio di un robot.Mi sorrise ed estrasse i due sigari, buttando fuori una nuvoletta di fumo che arrivò vicino al mio viso. Continuò ad osservarmi in cerca di una reazione. Aspettava come se io fossi una preda e lui un sadico cacciatore, questo è quello che mi esprimeva la sua presenza. L'intera stanza era fatta in modo che lui avesse il controllo su tutto.
«Quindi, come ti chiami?», ripeté lui indicandomi con i sigari.
Presi un respiro e risposi: «Il mio nome è Ester.»
«Nientaltro?»Classica battuta sul mio cognome che almeno una volta nella vita qualcuno ha pensato di farmi. Il giorno in cui avrei conosciuto qualcuno capace di idearne una diversa mi sarei spinta addirittura a stringergli la mano.
«Sì», risposi fredda. «e tu sei solo Marte?»
Lui scoppiò in una fragorosa risata finta. Quello mi diede la conferma che almeno in quanto senso dell'umorismo non fosse tanto migliore di me.«Tu non mi piaci affatto. Ce l'hai un'arma?»
«No», scossi la testa.
«Come pensi di difenderti? Con il potere dell'amicizia? Vuoi andare addosso ai mostri e abbracciarli perché così diventeranno magicamente buoni?», domandò sarcastico. «Dovrai renderti utile qua dentro, altrimenti sarò costretto a cacciarti con una M9 puntata alla testa.»«Non penso che sarà necessario, me ne vado subito via da questo posto.», lo informai. «Cinz-... Artemide, accompagnami fuori. Voglio andarmene.»
«Ma, Ester...», tentò di replicare la diretta interessata.«Se non vuoi accompagnarmi me ne andrò via da sola, non c'è problema.»
«Ferma ragazzina!», ordinò Marte. «Oppure ti ritrovi con qualche buco in più.»Aveva estratto dalla manica del giubbotto una nera pistola e adesso me la stava puntando contro. Mi fermai, girandomi verso di lui, volgendo prima lo sguardo sull'arma che stringeva in mano e poi verso i suoi occhi dall'espressione decisa. Non scherzava quando parlava di volermi sparare, lo si poteva leggere dallo sguardo e nella postura che aveva assunto.
«Non ti conviene disubbidirmi.», disse freddo, spegnendo i sigari nel piattino e abbandonandoli lì.
«Non lo sto facendo.», risposi a tono. «È solo che dovresti metterti d'accordo. Vuoi che resti oppure me ne vado? A te la scelta.»Marte si lasciò cadere del tutto sulla sedia tirando in dietro la testa. La pistola la teneva in grembo era ancora puntata su di me. Si passò la mano robotica in viso e la fermò sulla fronte con un'espressione esasperata sul volto. Mugugnò qualcosa tra sé stesso e poi tornò a noi.
«Artemide, accompagnala.», sentenziò, prendendosi una pausa prima di continuare a parlare. «Deve andare a scegliere un'arma, glie ne ho già lasciate un paio sul bancone.»
«Sìììì!», esclamò Artemide contenta dalla piega che aveva preso la faccenda. «Grazie, capo. Le voglio tanto bene!»«Muoviti a portarla via, altrimenti ci ripenso. La mia 92FS è ancora carica.», sbuffò lui infastidito.
«Non me lo faccio ripetere!»La ragazza mi prese felicemente a braccetto e aprì la porta. Trotterellando mi spinse fuori lasciando che essa si richiudesse da sola con un sonoro cigolio. Non feci in tempo nemmeno a replicare perché ormai ci eravamo lasciate la stanza buia alle spalle.
Ero molto infastidita dalla piega che aveva preso la situazione, ma ero felice di essere uscita da lì ancora tutta intera. Verso la fine del nostro acceso dialogo avevo quasi temuto che Marte ci ripensasse e decidesse di uccidermi. Gli sarebbe bastato premere il grilletto e poi rapire il nuovo giovane Protagonista che sarebbe nato alla mia morte. Lui o lei sarebbe stato sicuramente più manipolabile e più divertente da usare come bersaglio.
«Dove mi porti ora?», domandai scocciata.
«All'armeria. Lì troveremo l'arma che fa per te fra quelle che Marte ha scelto.», spiegò la ragazza.
«Non vedo l'ora.», dissi sarcastica.Vulcano era rimasto da solo con quel pazzo uomo e pregai per lui che non facesse una fine troppo brutta. Ma come ben si sa, le preghiere rivolte a nessun dio non hanno alcuna importanza.
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Voglio vivere
HorrorEster è una ragazza che cerca di sopravvivere in un mondo popolato da mostri. Le persone di questa realtà nascono divise in categorie, che non sono altro che stereotipi di personaggi in un horror. Per quanto tutto questo possa sembrare orribile non...