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Mentre mi sollevavano a forza dal ponte della barca vidi Agni seduto in un angolo che pregava. Ecco, lui era un altro che persino la voce nella mia testa non avrebbe voluto rivedere troppo presto.

Artemide e Ishtar mi trascinarono in un capannone per gli attrezzi che si trovava vicino al molo di quella nuova città. Ancora una volta non capivo dove fossi, sapevo solo che, da quello che ero riuscita a vedere, quella cittadina era molto più soleggiata e abitata di quella di prima. Il capannone in compenso era un luogo umido e ammuffito.

Mi lasciarono andare solo quando Vulcano ebbe chiuso a chiave la porta dall'esterno, e mi ficcarono in mano un sacchettino di carta con all'interno una grossa e molle ciambella dalla glassa rosa pastello.
«Cosa ci facciamo qui?», chiesi scocciata mentre con decisione addentavo il dolce.

Quelle due mi guardarono soffocando una risata complice.
«Ti devi cambiare i vestiti.», rivelò Artemide ricomponendosi.

Finii in fretta di mangiare e deglutii con forza mandando giù il cibo. Avrei tanto voluto avere qualche cosa in più da mangiare o bere, ma al momento sembrava un'opzione impossibile.

«E cosa ci sarebbe di tanto divertente?», domandai notando che anche loro indossavano vestiti diversi, quasi normali... quasi.

Artemide aveva indosso una lunga felpa lilla con la cerniera che partiva dal collo e arrivava al fianco destro, e dei pantaloni celesti. Aveva sostituito gli stivali con delle scarpe da tennis bianche con linee rosa, giallo e azzurro pastello.
Ishtar indossava una magliettina bianca a maniche corte e una gonnellina rosa. Al collo portava una sottile collanina rossa con un ciondolo a forma di cuore.

«Prima di farteli vedere ti dobbiamo avvisare che l'idea non è stata nostra, ma di Marte.», mi preparò Artemide, presagendo il peggio.
«Quindi se devi arrabbiarti con qualcuno quello è lui.», continuò Ishtar.
Mi passai una mano sul viso e dopo aver fatto un profondo sospiro sbottai: «Tirateli fuori.»

Ishtar si piegò su un borsone nero che aveva appoggiato sopra una cassa di legno e ne estrasse un lungo abito bianco. Inizialmente non capii cosa ci fosse di divertente, sembrava solo un semplice vestito chiaro. Certo, a me i vestiti non piacciono, ma questo sembrava abbastanza lungo da coprirmi fino alle caviglie.

La ragazza me lo mise davanti per permettermi di vederlo bene. Adesso che lo osservavo meglio capivo che c'era qualcosa che non andava.
L'abito aveva cucita su entrambe le maniche e il busto una stella a otto punte di color oro. Quello era l'abito per un Fedele, pensai, non certo per un Protagonista come me.
Le guardai confusa e sperando che si mettessero di nuovo a ridere dicendo che era uno scherzo, ma così non fecero.

Artemide si avvicinò e mi mise una mano sulla spalla. «Abbiamo bisogno di un altro Fedele e lo puoi fare solo tu.»
«No!», esclamai ritirandomi da quel contatto. «Può benissimo farlo qualcuno tra voi.»
«Noi non possiamo e lo sai, non ne saremmo capaci.», ricordò lei. «Io sono un Esperto di Mostri e lei un Amico di Terzo grado.»

«Hai fatto finta per tre anni di essere un Amico di Secondo grado, puoi fingere per un giorno di essere un Fedele.», ribattei.
«Sono riuscita a farlo solo perché mia madre lo era, ce l'ho nel sangue, ma in questo caso non ci posso fare niente. Non sarei capace neanche di atteggiarmi come tale.», spiegò.

«Può farlo lei.», proposi indicando Ishtar.
«Guardala bene e dimmi se riesci a vederla come un Fedele.», mi sfidò lei.

Guardai per la tredicesima volta da quando avevo aperto gli occhi la ragazza, e in effetti Artemide aveva ragione. Nonostante stesse indossando degli abiti che la coprivano in gran parte, Ishtar, sembrava comunque troppo. La vita da Fedele è basata sulla rinuncia di molti dei beni materiali e il sacrificio. L'abbronzatura finta della ragazza non avrebbe lasciato dubbi a nessuno.

«Perché serve un altro Fedele? Avete già Agni.», insistetti.
«Vulcano dice che sarebbe meglio averne di più in questa missione. È sospettoso girare per una città di Fedeli avendone come copertura uno solo.», rispose Artemide.

«Potremmo fingerci turisti.», suggerii speranzosa.
«Quello lo facciamo già noi», sghignazzò Ishtar. «ma abbiamo bisogno di due Fedeli che vadano a controllare dove per noi l'ingresso è proibito e, sai, Agni avrà un po' di difficoltà ad essere i nostri occhi. Se hai capito cosa intendo.»

Finsi di non aver sentito quell'affermazione, che probabilmente nella mente della ragazza doveva essere sembrata una cosa divertente da dire.
«D'accordo, ma facciamo in fretta.», pronunciai arrendendomi al fato.

Tutto sommato non era così terribile, pensai, mentre Ishtar mi aiutava ad indossare l'abito. Mi arrivava, come avevo previsto, fino alle caviglie, anche se era pensata per coprire tutto il corpo. Le grandi maniche del vestito erano molto lunghe e mi nascondevano le mani. La gonna dell'abito aveva a sua volta un'altra gonna corta e gonfia sopra, tipica degli abiti dei Fedeli. Il girocollo dell'abito era come quello di una comune maglietta e ringraziai il fatto che lo fosse perché non avrei mai sopportato il caldo che si prova indossando un dolcevita.

Artemide mi legò al collo una catenella con la stella, mentre Ishtar mi aggiustava l'abito. Per fortuna non ebbi bisogno di truccarmi, ma Istar passò comunque una decina di minuti a spazzolarmi levando via tutti i nodi che si erano formati tra i miei capelli che non vedevano un pettine da giorni. In fine mi mise in testa un cerchietto leggermente dorato che portano alcuni Fedeli quando fanno voto di silenzio.
La guardai come per capire se fosse davvero seria con quel gesto, ma ancora una volta lo era.

«Questa è stata sempre un'idea di Marte.», mi avvisò la ragazza ridacchiando. «Dice che è meglio se non parli, potresti combinare guai.»
«Sarà facile per te visto che non parli mai molto.», commentò Artemide trattenendo una risata.

La guardai male e mi concentrai su Ishtar che stava cercando di sfilarmi a forza gli stivali di dosso.
Saltellando su un piede solo esclamai: «Cosa stai facendo?!»
«Non puoi tenere su questi, nessun Fedele indosserebbe mai un paio di stivali neri.», rispose lei tranquilla.

Mi porse dei sandali con delle stringhe color sabbia che indossai di malavoglia.
Artemide aspettò che io fossi pronta e poi bussò tre volte sulla porta che fu lentamente spalancata dal ragazzo.
Si misero a ridere, ma almeno Vulcano ebbe la decenza di cercare di nasconderlo.

«Quel vestito ti dona proprio, mostra il lato di te che più ti rappresenta.», si complimentò Marte mentre si appoggiava a un palo della luce. «Il Fedele recluso.»
Stavo per ribattere, ma lui mi bloccò dicendo: «Ah! Non puoi parlare, ricordatelo.», e indicò il cerchietto che portavo tra i neri capelli sciolti.

La voce nella mia testa trovò le parole giuste per esprimere il mio disappunto e raggruppò tutte le forze per scagliare con esse una maledizione sull'Esperto d'armi.

L'unica cosa positiva di quella faccenda del silenzio era che non avrei più dovuto pensare a cosa dire dato che non potevo proprio dire niente. Me ne rimasi zitta e voltai la testa da un'altra parte. Le persone che ci passavano di fianco iniziavano a notare questo nostro strano gruppetto, e io non volevo attirare l'attenzione.

«Se siamo pronti andiamo.», ci incitò Vulcano, vestito con una normale maglietta arancione e un paio di jeans.

Marte indossava sempre lo stesso, e ancora una volta non sembrava intenzionato a volersi cambiare.
Agni invece aveva aggiunto una maglietta bianca, probabilmente solo per nascondere il tatuaggio sulla schiena. In mano stringeva un lungo bastone di legno chiaro con il quale si aiutava a camminare. Era ancora a piedi nudi, ma la cosa non sembrava dargli fastidio. Al collo portava anche lui il suo ciondolo con la stella e in tasca pareva tenesse il suo inseparabile specchietto con gli smeraldi.

«Allora andiamo pure.», concluse Artemide.

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