Avrei pagato oro per venire a conoscenza dei fatti che gli erano accaduti in mia assenza, ma attualmente ero concentrata sulla clessidra che Marte mi stava prepotentemente puntando contro.«Dov'è?», chiese confuso l'uomo, e notai che non indossava più il suo solito cappello nero.
Lentamente uscii da sotto il tavolo, stando attenta ad evitare accuratamente i frammenti di vetro che giacevano ora su tutto il pavimento.«Chi?», domandai di rimando, pur sapendo già la risposta.
«La serpe.», rispose scocciato alzando gli occhi al cielo come per sottolineare quanto fosse ovvia quella frase.
«Sono qui.», parlò il diretto interessato da dietro l'albero remissivo.Gli altri sollevarono lo sguardo su di lui e i suoi candidi abiti. Artemide batté più volte le palpebre stupita e a Vulcano cadde la maschera per la sorpresa.
«Allora dicevi il vero.», sussurrò il ragazzo rivolto a Marte.
«Quando mai ho mentito?», replicò lui.«Sì, ma non è possibile!», esclamò Artemide. «Per tutto questo tempo. Me ne sarei accorta se fosse davvero stato così!»
«Ma è così.», disse pazientemente Tiwaz. «Lo è sempre stato e sempre lo sarà, almeno finché la morte non arriverà a bussare alla mia porta.»
«O a rompere la tua finestra.», ribatté Marte.Tiwaz posò gli occhi su di lui in modo accusatore. Non poteva vederlo con chiarezza, ma sapeva che sulle labbra dell'uomo si era formato un ghigno divertito.
«Mi domando solo come tu possa averlo capito.», continuò il Fedele con voce lievemente alterata.«L'ho sempre saputo, volevo solo tenerti d'occhio più da vicino.», rispose l'Esperto d'armi. «Ma ora dammi la collana.»
«Puoi prenderla se vuoi, è lì.», indicò la teca di vetro nel quale era racchiuso il cristallo.Marte stava per muoversi, ma io fui più veloce e mi parai davanti a lui con le braccia aperte.
«Aspetta!», esclamai. «Se la tocchi ti darà una forte scossa elettrica. Morirai sul colpo!»Lui mi fissò stupito e poi gettò uno sguardo oltre alle mie spalle, diretto verso il sacerdote che adesso aveva avanzato dei passi verso di noi.
«Prendila tu, Fedele.», gli ordinò Marte.
«Come desideri.», rispose lui con voce melliflua.Non feci neanche in tempo a far notare a Marte la gravità della situazione che Tiwaz si era già mosso. Con una rapidità fulminea aveva raggiunto la teca di vetro, sollevandola come se niente fosse. La forte scarica elettrica attraversò il suo corpo di carne, ma l'unica cosa che gli procurò fu un leggero brivido lungo tutta la schiena. Persino i suoi vestiti rimasero intatti a quell'esperienza di contatto con l'alta corrente elettrica.
Ne rimasi così sorpresa che aprii leggermente la bocca, socchiudendo le delicate labbra.Tiwaz estrasse dalla teca la collana con il cristallo, togliendola dal cono di luce che partiva dal soffitto della cupola. Il cristallo ondeggiò per pochi attimi sospeso nell'aria, attaccato soltanto alla cordicella.
Con una rapida mossa il Fedele estrasse il suo specchietto e fece passare la collana attraverso quel vetro.Se prima ero stupita adesso ero sconvolta. Mi si bloccò il respiro mentre guardavo impotente il cristallo sparire dentro a quello specchio. Esso stava ora diventando sempre di più simile al colore trasparente del cristallo.
Marte scattò in avanti verso Tiwaz, ma inciampò in qualcosa e cadde rovinosamente a terra. La cosa su cui era inciampato si rivelò essere un grosso occhio con l'iride bianca che sbucava dal pavimento. L'unica reazione che ebbe dopo essere stato pestato fu sbattere le pesanti palpebre fatte con il terreno stesso della stanza.
Come per magia lungo tutta la cupola comparvero occhi bianchi che ci guardavano, e la luce del sole sparì dietro alla maggior parte di essi. La stanza divenne all'improvviso più molle, quasi come un'appiccicosa gomma da masticare ricoperta di occhi.
Artemide urlò quando un grande occhio le si aprì sotto ai piedi, facendole così perdere l'equilibrio e cadere sul pavimento morbido. Il cerchietto con le orecchie da gatto si sfilò, venendo inglobato nella sostanza.
Vulcano tentò invano di raggiungerla, sotto di lui il terreno prese a sprofondare e a trascinarlo sempre più giù mentre si formava un occhio ancora più grande dei precedenti.Mi mossi per soccorrere Marte, caduto un po' più avanti a dove mi trovavo, ma il pavimento si agitava davanti a me e si cospargeva ancora di occhi. Fui spinta più avanti rispetto a lui e finii per cadere a gattoni su un bulbo oculare. Mi tirai su disgustata e cercai di asciugarmi nel vestito quell'appiccicaticcia membrana trasparente che ora mi ungeva le mani.
Tiwaz non si scompose affatto, anzi, fece qualche passo nella nostra direzione e ci puntò contro lo specchietto. Nel suo riflesso riuscivo a vedere la collana con il cristallo che fluttuava sospesa nel vuoto. Sembrava così vicina, eppure mi dava l'impressione di essere ancora più lontana e in profondità di quanto appariva.
Una strana e potente forza proveniente da quell'oggetto sembrò risucchiare me e gli altri al suo interno. La resistenza fu inutile, in un batter d'occhio mi ritrovai sbalzata contro un terreno freddo.
Alzai la testa per guardarmi intorno, ma c'era qualcosa che non andava nel luogo in cui mi trovavo. Tutto intorno a me era spento, come uno di quei vecchi film muti, con le battute scritte a interrompere la scena. Non era esattamente tutto in bianco e nero, solo molto più sbiadito, come se i colori fossero stati alterati, o forse ero io che guardando quel paesaggio intuivo i colori senza però vederli davvero.
Ci trovavamo in un giardino pesantemente illuminato. La luce biancastra che veniva dal sole era parecchio accecante e a sprazzi attraversava gli alti alberi dalle fitte foglie gialle. Dietro di noi si ergeva una vecchia casa abbandonata, con il tetto spiovente e le finestre barricate.
Marte mi saltò addosso e mi afferrò per la gola. «Tu!», sbraitò sputacchiandomi un po' di saliva in faccia. «È TUTTA COLPA TUA!»
«C'era una scarica elettrica, saresti morto sul colpo!», ribattei mentre cercavo di liberarmi da quella morsa.
«Avrei corso il rischio.», sentenziò.Artemide e Vulcano afferrarono Marte per le braccia e lo tirarono lontano da me.
«Scusa, la prossima volta non cercherò più di salvarti la vita!», dissi arrabbiata.
«Piuttosto che farmi salvare da te un'altra volta preferisco morire.», affermò lui.«Capo, non si scherza su queste cose!», lo ammonì Artemide, con l'aria di una madre che fa notare al proprio bambino che quello che sta facendo non va bene.
«Non sto scherzando, se lo fa un'altra volta la uccido io.», aggiunse ancora arrabbiato. «Piuttosto, dove siamo finiti?»
Ero offesa per come mi stava trattando, come tutti lì mi trattavano, ma dovetti ammettere che anch'io volevo sapere dove ci trovassimo.«Conosco questo posto», disse Vulcano quasi in un sussurro. «ma pensavo fosse andato distrutto tempo fa.»
«Vulc, dove siamo?», domandò Artemide, senza però ottenere risposta.«Ehi, Zolla-di-terra, ti senti bene?», chiese Marte facendosi più premuroso, senza però darlo troppo a vedere.
Vulcano era diventato improvvisamente più pallido. Del sudore gli colava dalla fronte e scivolava sulle tempie cadendo sul mantello nero.
«C-credo d-di S-sì.», rispose balbettando.Non l'avevo ancora visto così vulnerabile e non pensavo potesse nemmeno provare paura. Anche quando i mostri ci avevano attaccati all'isola lui non si era affatto scomposto, anzi, sembrava sempre avere sottomano il punto della situazione.
Vederlo in questo stato mi diede l'impressione che tutto stesse andando a rotoli e che ormai avessimo perso il controllo su ogni cosa.
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Voglio vivere
HorrorEster è una ragazza che cerca di sopravvivere in un mondo popolato da mostri. Le persone di questa realtà nascono divise in categorie, che non sono altro che stereotipi di personaggi in un horror. Per quanto tutto questo possa sembrare orribile non...