33.

5 1 1
                                    


Avevo già aperto una scommessa con la voce nella mia testa sul colore che potevano avere il sangue del mostro e le sue cervella, e tra parentesi avevo puntato tutto sul giallo, quando lui parlò di nuovo.

«No, Aspetta!», aveva gridato l'essere nell'udire il suono del grilletto che veniva premuto.

L'Esperto d'armi gli aveva appena sparato, ma lui non sembrava aver subito alcun danno. Tremante il mostro riaprì gli occhi che aveva precedentemente chiuso nel subire l'azione dell'uomo. Rimase immobile con la bocca aperta a boccheggiare in cerca d'aria. Nello spavento aveva fatto cadere il suo grande cappotto rivelando quello che rimaneva di due grosse ali bucherellate.

Marte abbassò l'arma e se la rimise alla cintura, estraendo poi l'altra pistola.
Il mostro nel mentre si toccava il punto dove fino a poco prima era stata appoggiata l'arma da fuoco. Era tutto a posto, non c'era nessun buco fumante nella sua testa. La pistola che era stata usata non aveva proiettili all'interno.

«Mi hai ingannato!», esclamò il mostro quando finalmente si recuperò dallo spavento.
«Sì, ma non credere che ti risparmierò anche adesso.», disse Marte, con l'aria di uno che si era solo dimenticato di ricaricare l'arma dopo il combattimento. Poi si riprese, puntando la pistola carica nuovamente contro la fronte del mostro. «Allora, dove si trova?»

La creatura esitò, probabilmente stava pensando a un modo per ingannare l'uomo o riportare la conversazione a suo vantaggio, ma la pistola puntata alla tempia non lasciava molte vie d'uscita.
«È nella città di Amor.», disse in fine.
«La capitale», mormorò Vulcano entrando nella conversione.
«Sì, proprio quella. L'arma che cercate mi è stata sottratta e portata in quel luogo.», affermò il mostro.

«Stai scherzando? Perché portare un'arma in un luogo per Fedeli e turisti? Non ha senso. Per di più l'ingresso per un mostro lì è quasi impossibile, e inutile.», feci notare.
«Non è di mostri che sto parlando, ragazzina, o almeno non di quelli che intendi tu.», spiegò pazientemente la creatura mostruosa.

«Mostro è chiunque uccida.», affermai seccata.
«In questo caso allora sì, parliamo di un mostro.», si corresse.

«Dimmi chi è!», sbraitò Marte, ancora intenzionato a continuare il suo interrogatorio.
«Tiwaz III.», rispose, come se dire quel nome gli costasse molta più fatica del semplice pronunciarlo.

Nella stanza calò il silenzio più completo, non si sentiva più nemmeno il rumore delle tubature dell'acqua che gocciolavano lungo la parete.
«Chi?», domandai confusa.
Artemide mi guardò con gli occhi sbarrati.

«Tu non sai chi è Tiwaz III?!», esclamò Vulcano sorpreso.
«No»
«Tiwaz III detto Il Santo.», insistette lui.
Scossi la testa negando e sentendomi quasi stupida.

«Il protettore dei poveri e dei malati. Ha risolto il problema della disoccupazione giovanile e ridotto al minimo i suicidi di quasi tutto lo stato di...»
«No, niente, non so chi sia.», lo interruppi, accettando il fatto di non poter sempre sapere tutto.

«Certo che tu vivi proprio su un altro pianeta.», esclamò Artemide mettendosi una mano sulla fronte, coprendosi così gli occhi.
«Visto!», bisbigliò Marte rivolto a Vulcano. «Te l'avevo detto che è un alieno sotto copertura.»

Vulcano lo ignorò come era solito fare in quei momenti e si rivolse a me con delle spiegazioni. «Tiwaz III è il capo della Chiesa, la figura più importante al potere della religione di questo periodo.»

«Ah, certo, ecco dove l'avevo già sentito!», esclamai colpita dal ricordo delle rare ore di vera religione che avevo fatto a scuola.
«SMETTETELA DI RIPETERE IL SUO NOME!», urlò il mostro aggiungendo poi a bassa voce. «Lui può sentirci.»

Voglio vivereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora