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«Cos'è quella?», dissi indicando un'arma da fuoco dalla forma davvero strana.

La afferrai per guardarla bene. Dal grilletto in giù era una normale pistola, la cosa bizzarra era la direzione nel quale mirava la canna, che si trovava rivolta verso colui che l'avrebbe dovuta usare. Artemide la afferrò con un balzo e andò a rimetterla velocemente al suo posto sulla parete più lontana borbottando qualcosa come: «Perché deve sempre comportarsi così! Non può smettere di scherzare almeno per un momento?! Spero l'abbia fatto per sbaglio.»

Decisi che era meglio far finta di niente e osservai le altre armi rimaste sul tavolo. Seconda nella fila si trovava un'altra pistola che inizialmente scambiai per un semplice coltello, dato che la piccola canna era posizionata sopra a un'affilata lama.

Spostai poi lo sguardo lontano da quell'arma dall'aria pericolosa e vidi uno di quegli strani oggetti di metallo che si indossano come anelli e assomigliano a delle manette per le dita. Tirapugni era la parola che cercavo, ma anche sapendola non sarei certo riuscita a usarli, quindi andai oltre. Di fianco era stata messa una carabina e più avanti un lungo fucile, ma non mi servivano armi troppo ingombranti da portare in giro.

Ancora una volta vidi una pistola, ma evidentemente quelle normali qui non erano molto apprezzate. Difatti questa era piccola, sembrava nana in confronto alle altre. C'erano anche una mazza di ferro, una balestra e un arco con le frecce. Non sapendoli usare però non sarebbe stato intelligente prenderli. Mi domandai perché non ci fossero spade o veri e propri coltelli su quel tavolo, ma pensai che forse non avrei saputo adoperarne comunque. Presi la piccola pistola, era la scelta migliore dato che il resto sembrava troppo pericoloso.

Quell'arma così piccola sarebbe stata semplice da usare, pensai. Mi sbagliavo e me ne accorsi quando Artemide mi portò davanti al bersaglio in una stanzetta insonorizzata lì accanto.
Provai a sparare tenendo salda la pistola davanti a me con entrambe le mani, proprio come ci si aspetterebbe. Premetti il grilletto e la pistola produsse un forte suono. Forse fu per colpa delle gambe troppo tremanti o del fatto che non sapessi come mettere le mani su quel piccolo oggetto, sta di fatto che me la tirai quasi in faccia. Il bersaglio non l'avevo centrato neanche per sbaglio. Il proiettile era finito contro al muro, e a questo punto era già tanto che non mi fosse rimbalzato addosso.
Andai a posare la pistola e giunsi alla conclusione che quelle armi non facevano affatto per me.

«Ehi, ferma!», mi intimò Artemide inseguendomi. «Hai bisogno di un arma.»
«Ci penserò dopo, adesso sto morendo di fame.», rivelai, incrociando le braccia sulla pancia e contraendo il mio viso in un'espressione di dolore.

Sì, perché fino a quel momento avevo cercato di non badare al brontolio di protesta del mio stomaco, ma adesso aveva iniziato a fare male sul serio.
«Hai ragione, ormai è l'ora di pranzo. Thor avrà finito di cucinare e adesso saranno già tutti in mensa.», disse Artemide. «Raggiungiamoli!»

In fretta scendemmo dalle scale, tornando al punto dove sapevo esserci il passaggio. L'albina posò la lanterna ai suoi piedi e si mise a tastare la parete fino a cliccare qualcosa. Il muro si spostò permettendoci di uscire. Dietro di me la ragazza spense la lanterna e appena uscita rimase ferma per sicurezza a vedere se il passaggio si sarebbe richiuso.
Non c'era nessuno nei corridoi e nelle stanze che attraversammo, notai. Probabilmente aveva ragione Artemide, erano già tutti in mensa.

Ci arrivammo con molto ritardo, erano già in tanti lì. I tavoli erano tutti occupati, ce n'erano sette e avevano circa sei persone ciascuno.
Thor era in un angolo della sala appoggiato a un tavolo con una pentola e dei piatti. Lì a fianco si trovavano anche un cesto con il pane e uno con le posate.
Lucky alzò la testa quando ci sentì arrivare, ma poi, annoiato, tornò a concentrarsi sulla sua ciotola di cibo.

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