28.

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Girai per le stanze in cerca dell'uscita, riuscendo a trovare persino i bagni. Alla fine la vidi solo grazie al mio prezioso senso dell'orientamento e alla fortuna sfacciata che ogni tanto si alterna alla sfiga.
Superai il freddo corridoio e mi avvicinai alla porta di metallo. Piegai la maniglia e aprii.

La luce del sole mi accecò in un primo momento. Feci qualche passo venendo investita dal calore nell'aria. I miei muscoli si appesantirono di colpo e non mi accorsi neanche di essere inciampata su qualcosa e di stare cadendo a terra. I gradini di marmo si scontrarono con la mia faccia, e non era la prima volta che succedeva quel giorno. Mentre mi massaggiavo il naso mi accorsi di una mano che mi toccava.

«Ti sei fatta male?», chiese Agni, piuttosto preoccupato.
«No, credo sia tutto a posto.», risposi in fretta, pulendo con la mano il sangue che iniziava a scendere dal naso. «Mi spiace di esserti caduta addosso.»
«No, è colpa mia che ero in mezzo.», si scusò.

A quanto pareva stavo avendo a che fare con un Fedele intenzionato a prendersi tutte le colpe degli altri. In situazioni normali avrei dovuto essere in grado di vedere il grosso tappeto rosa e l'uomo che lo occupava, ma il Sole me ne aveva impedita la vista. D'altronde però era vero che lui avrebbe potuto mettersi in una posizione migliore rispetto all'uscita.

«Perché sei qui? Non dovresti essere in mensa con tutti gli altri.», domandai, nella speranza di poter scappare indisturbata.
«Non posso, devo fare la guardia alla porta.», spiegò l'uomo. «Potrebbe entrare chiunque in mia assenza.»

«Ma così rimani sempre solo.», notai.
«Non sono solo, non lo sono mai.», rispose quasi sorpreso dalla mia affermazione. «Nessuno di noi lo è.»
«Non capisco.», dissi confusa.
«Ognuno di noi ha un'altra persona all'interno. Quello che tu hai conosciuto è Agni, ma io in questo momento non lo sono. Io sono un'altra persona. Lo siamo tutti.»

Guardò un punto indefinito sul pavimento e con le mani afferrò lo specchietto. La piccola lastra di vetro rifletteva la scena che si stava svolgendo.
«Tutti tranne te che adesso sei nuova e non hai ancora un altro nome, un'altra persona all'interno. Dici che io sono solo, perché invece non ti chiedi se lo sei tu.»

Per un po' sembrò guardare all'interno dello specchietto di smeraldo. Molta luce si rifletteva in esso, quindi era probabile che non riuscisse a vedere niente. Ciò non gli impediva di provarci. Pensai che avesse finito di parlare, ma ancora aveva qualcosa da dire.

«L'ho visto», continuò annuendo. «L'ho visto nello specchio. Tu rimarrai sola, non importa quante volte cambierai, tu rimarrai sempre sola.»

Mi alzai in piedi, il caldo mi stava dando alla testa e il sangue dal naso non accennava a fermarsi. Lui lasciò andare lo specchio per prendere la catenella.
«Tu perché non sei con loro?», domandò Agni come se il resto del discorso non fosse avvenuto.

«Devo andare in bagno.», mormorai.
«Hai sbagliato strada allora. Torna dentro.»

I suoi occhi opachi mi spaventavano adesso, erano quasi minacciosi. Le macchie, invece, rendevano il volto più inquietante. Sentii una goccia di sudore colarmi lentamente sulla tempia e nonostante facesse caldo potei giurare che fosse fredda.
Tornai dentro, come mi era stato detto, e richiusi la porta alle spalle. Mi allontanai in fretta. Avrei dovuto trovare un'altra uscita da quel manicomio, ma prima dovevo andare in bagno.

Mi ero ricordata, cambiando temperatura improvvisamente e iniziando a sanguinare dal naso, che avevo il ciclo. Non fu una bella sensazione, sentii un forte dolore al basso ventre e il liquido carminio che scendeva caldo e mucoso. Storsi il naso schifata e pregai che l'assorbente svolgesse bene il suo compito, altrimenti avrei dovuto farmi dare dei pantaloni di ricambio, e non solo quelli.

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