«Stermina mostri?», scandì confuso Vulcano. «Non avevamo deciso di chiamarci "La squadra per lo smaltimento dei prodotti falliti della società"?»«No», rispose Artemide. «Questo nome fa schifo, piace solo a te!»
«È un nome bellissimo!», ribatté lui.
«A me sembra tanto il nome di un'associazione per la pulizia delle strade.», commentai.
«Appunto!», esclamò la ragazza. «Visto, lei mi capisce!»Vulcano si girò offeso, dandoci le spalle. Davanti teneva le braccia incrociate sul petto e il mento rivolto verso l'alto. In questa posizione i corti capelli marroni tendenti al nero toccavano quasi la maglietta verde militare.
Era probabilmente maggiorenne, osservai. Un po' più alto di me e di carnagione scura. Aveva gli occhi dorati e un naso piccolo e all'apparenza delicato. Sul braccio riuscivo a intravedere un tatuaggio nero, ritraeva qualcosa di simile a un animale, ma era nascosto dalla manica della maglietta e non riuscivo a vederlo con chiarezza.«Perché mi trovo qui?», chiesi rompendo il silenzio.
«Ti abbiamo preso per proteggerti.», si scusò Artemide.
«Sì, ma perché adesso?», indagai. «Perché non prima?»
«Lo ha detto Marte», sospirò Vulcano, girandosi nuovamente verso di noi. «E ciò che dice il capo è legge.»«Quando potrò incontrarlo?»
«Anche subito se vuoi, ma prima forse è meglio se ti cambi.», mi informò Artemide, indicando il pigiama ormai sporco che indossavo.«Io allora inizio ad andare», si avviò Vulcano. «Arty, falle fare un giro per il campo e poi raggiungetemi.»
«Ci si vede dopo.», lo salutò Artemide, poi si rivolse di nuovo a me: «I vestiti sono nel comodino. Cambiati mentre io copro la telecamera.»Spostò in un angolo lo sgabello dove prima si era seduto il ragazzo e ci salì sopra in piedi. Una volta lì allungò le braccia fino a coprire con le mani una piccola telecamera nera che prima non avevo notato.
Mi affrettai a prendere e indossare i vestiti che mi erano stati lasciati. Erano una maglietta nera a maniche corte con il logo di due pistole grigie ancora fumanti, e un paio di pantaloni del medesimo colore. Evidentemente il vestito che mi aveva dato Lisa era irrecuperabile, ma non i miei malconci stivali che indossai senza esitazione.La ferita sulla spalla, coperta da delle bende bianche, doveva aver ricevuto cure mediche, ma il finto attacco di Cinz...Artemide era riuscito a farla riaprire.
Afferrai un paio di salviette umide, sperando di sfregare via un po' di terra rimasta tra le dita e sulle guance.
Mi voltai verso la ragazza, che aveva gli occhi puntati su di me. Subito le sue guance si arrossarono per l'imbarazzo. Si girò in fretta e scese dallo sgabello quasi inciampando nei suoi stessi piedi.«Andiamo», farfugliò. «Ti porto a fare il giro.»
Non feci caso a quanto era appena successo, ci ero abituata, e la seguii fuori senza dire niente.
L'aria era ancora irrespirabile, e vestita di nero avevo ancora più caldo di prima. Artemide portava in mano la parrucca che, a quanto avevo appreso, non era di sua proprietà.«Allora, qui c'è lo spazio dove alloggiano le vedette e le nuove reclute che assumiamo per ammazzare i mostri.», spiegò indicando i tendoni. Poi puntò il dito oltre e continuò «Lì in fondo invece c'è il campo per gli allenamenti, ma ti sconsiglio di allenarti con questo caldo, moriresti sul colpo.»
«In quanti siete?», domandai.
«Quarantaquattro», rispose lei.
«Non sarete un po' troppi?», chiesi sarcastica.
«Oh, non preoccuparti, solo diciassette di noi sanno veramente combattere. Gli altri sono troppo deboli e improvvisano.», disse lei sorridendo.«Diciassette?», ripetei stupita.
«Sì, lo so, siamo ancora in tanti, ma non duriamo a lungo. C'è sempre qualcuno che viene ucciso in battaglia. Quindi non ti devi preoccupare, vedrai che qualcosa da fare te la troviamo.»«Per quanto tempo avete intenzione di tenermi qui?», sondai il terreno.
«Fino alla tua morte», rispose la ragazza. «O alla nostra.»Questo almeno era quello che pensavano loro, io non sarei certo rimasta così a lungo in quel postaccio. Per quanto l'idea di avere a disposizione persone armate e altre utilizzabili come scudo umano mi intrigasse, io non sarei mai riuscita rimanere a lungo lontano da casa mia.
Per non parlare del fatto che avrei dovuto chiamare per disdire gli appuntamenti con lo psichiatra; e io di dover spiegare alla segretaria che non potevo venire di persona perché ero stata rapita da un gruppo di fanatici della guerra non ne avevo alcuna voglia.
Non mi sarei neanche lasciata coinvolgere nelle loro insensate battaglie mortali contro i mostri. Non sono una persona tanto stupida da voler provare a fermare quelle creature senza aver almeno una buona ragione.
In cima a un alto palo era stata appesa quella che con tutte le probabilità consideravano la loro bandiera. Non essendoci però neanche un filo di vento non fui in grado di vederla.
Superammo i caldi tendoni beige e salimmo le scale di un vecchio tempio in pietra.Non era affatto di grandi dimensioni, ma nonostante questo persino uno sciocco si sarebbe reso conto della sua maestosità. L'unico elemento in esso che stonava con il tutto era l'entrata, costituita da una grande porta di metallo di fattura all'apparenza molto recente. Davanti a essa sedeva su di un piccolo tappetino rosa un uomo dai lunghi capelli bianco perla.
Privo di qualsiasi forma di maglietta, indossava solo dei larghi pantaloni color avorio, retti da una cintura di pelle. Non portava scarpe, intorno alle caviglie olivastre luccicavano due braccialetti dorati. Stretta in mano teneva una catenella di perline rosa, con una stella di metallo a otto punte che dondolava sul fondo.
Quando gli fui davanti mi accorsi che il colore delle sue iridi era un grigio opaco. Inoltre, sul viso e alcune parti del braccio si trovavano delle irregolari macchie bianche.
Sollevò appena la testa nella nostra direzione quando arrivammo, e il suo naso uscì dall'ombra.«Artemide, era da tanto che non venivi a trovarmi.», salutò girandosi verso la ragazza. «E tu invece chi sei?», domandò rivolgendosi a me.
«Io sono Ester», risposi e poi aggiunsi in fretta. «Il Protagonista.»
«Il Protagonista...», mormorò pensieroso. «Il mio nome invece è Agni, e sono solo un Fedele.»I Fedeli sono quel tipo di persona che passa l'intera vita a dedicarsi alla religione. Le religioni presenti su questo pianeta sono molte, ma perlopiù sono quasi tutti convinti che questo mondo sia la punizione di una divinità arrabbiata con l'umanità e che l'unico modo per placarla sia venerarla fino alla morte. Solitamente muoiono uccisi mentre chiedono al loro dio di salvarli.
«Avvicinati, voglio vederti bene.», richiese Agni, mentre appoggiava sul tappetino al suo fianco la catenella religiosa.
Guardai titubante Artemide, che mi fece cenno di andargli incontro. Mi avvicinai, provando piacere nel ritrovarmi di nuovo all'ombra.
Lui tese una mano afferrandomi delicatamente il braccio e tirandomi giù in ginocchio davanti a sé. Mi passò un palmo su tutto il contorno del corpo. L'altra mano me la mise su uno zigomo e iniziò anche lì a toccarmi dolcemente il viso, cercando di capire quali fossero i miei lineamenti.Attorno a lui c'era un forte odore di petali di rosa e incenso che lo contornava come una specie di aura.
Mi sentivo leggermente in imbarazzo a stare lì ferma mentre l'uomo mi esaminava. Non dava l'impressione di avere cattive intenzioni, ma allo stesso tempo non riuscivo a capire cosa di lui mi desse quello strano senso di inferiorità. Probabilmente la sensazione era dovuta al fatto che, al contrario di lui, io non fossi una persona molto religiosa.
Fermò poi entrambe le mani sulle mie guance e mi regalò un bianco sorriso.«Così però me la consumi!», esclamò Artemide infastidita. «Ho bisogno che sia intatta, la devo presentare a Marte.»
Improvvisamente l'espressione di Agni cambiò e divenne malinconica. Tolse le mani dal mio volto e tirò fuori dalla tasca uno specchietto con delle piccole pietre color verde smeraldo. Lo posizionò davanti al suo viso guardandoci dentro, se così si può dire, e iniziò a bassa voce una preghiera.
«Ok, noi entriamo.», salutò la ragazza, e poi rivolgendosi a me continuò «Dai, forza alzati. Lasciamolo solo a pregare.»
Mi afferrò il braccio e mi tirò su con forza, spingendomi oltre al portone che aveva appena aperto. Girandomi all'ultimo vidi il tatuaggio di un serpente sulla schiena color caramello di Agni. Poi non vidi altro che il metallo della porta chiusa.
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Voglio vivere
HorrorEster è una ragazza che cerca di sopravvivere in un mondo popolato da mostri. Le persone di questa realtà nascono divise in categorie, che non sono altro che stereotipi di personaggi in un horror. Per quanto tutto questo possa sembrare orribile non...