Inizialmente vidi solo la mia faccia che si spiattellava contro la lastra di vetro, poi iniziai a sprofondarci dentro. Fu come se mille aghi congelati mi perforassero contemporaneamente la carne, ma questo solo per pochi secondi.Ero caduta su qualcosa di molto puzzolente che, per mia fortuna, mi aveva attutito la caduta.
Lasciai andare la torcia che ancora stavo stringendo con forza in una mano. A fatica mi rimisi in piedi uscendo dal bidone dell'immondizia e mi guardai intorno. Ero in un vicolo vicino a una grande strada.Questa volta i colori sembravano essere più presenti nel luogo in cui ero finita, ma sembravano tutti freddi.
Mi tolsi disgustata una buccia unticcia di banana dal vestito. Il cassonetto in cui ero caduta straripava di quel giallo frutto. Probabilmente il proprietario doveva avere una scimmia in casa, o forse lo era lui stesso.Sentii sopra di me la voce di Artemide che chiamava per chiedere come stessi. Alzai la testa e vidi la lastra di vetro sospesa nel vuoto a pochi metri da me.
Osservai il mio terribile aspetto riflesso nello specchio. Avevo i vestiti, una volta bianchi, ormai grigiastri e sporchi di immondizia. Dal naso doveva essere sceso del sangue, ma fino ad ora non me n'ero accorta a causa dell'adrenalina. I capelli neri erano scompigliati e arruffati sulla mia testa. Avevo il piede sinistro particolarmente sporco e la cosa non faceva altro che infastidirmi ancora di più.«Sono viva.», dissi rivolta allo specchio e a chi c'era dall'altra parte.
Poco dopo da lì si lanciarono Artemide e Vulcano che caddero seduti nel cassonetto, mentre Marte atterrò in piedi sulla strada.«Dove siamo?», chiese il ragazzo che fino ad ora era rimasto sempre in silenzio, ancora sconvolto dall'accaduto.
«In un vicolo.», risposi io.
«Lo conosco questo posto!», mi interruppe Artemide. «Io ci sono già stata qui.»Si mise a correre all'improvviso verso la grande strada e noi le andammo dietro. Non era una bella giornata, il tempo era brutto e le nuvole coprivano completamente il cielo.
La ragazza corse per tutta la strada in pendenza e si arrestò solo quando arrivò in cima. Lì rimase come ad aspettarci, o forse era solo troppo sconvolta per potersi muovere.Io fui l'ultima a raggiungerla, a causa del mio essere poco atletica e per colpa del sandalo mancante che aveva iniziato a darmi davvero fastidio. Mi vidi costretta ad abbandonare anche l'altro per non zoppicare. L'asfalto nero era rugoso e mi faceva male alla pianta dei piedi, ma questo non mi impedì di andare avanti.
Artemide si era mossa e ora era piegata su qualcuno steso a terra. Feci per avvicinarmi, ma Marte mi mise una mano davanti e fece cenno di rimanere in silenzio.
«Noah, sveglia!», stava sussurrando la ragazza tra le lacrime. «Ti prego rimani con me.»
«C-cinzia», rispose debolmente e a fatica la figura su cui lei era piegata. «C-che b-bello che sei q-ui». Ci fu una lunga pausa e poi aggiunse a fatica «I-il vampiro se n'è andato, io n-on...»«Non importa!», lo zittì lei in lacrime. «Adesso ti porteremo a casa e ti cureremo. Andrà tutto bene!»
Artemide aveva abbandonato il suo arco e le frecce a qualche metro di distanza. Sembrava molto preoccupata per le condizioni nelle quali riversava il giovane ragazzo.
«Starà bene, vero?», cercò conferma speranzosa, lanciando un'occhiata a noi.
Nessuno rispose, nessuno sapeva cosa dire. Lei sembrò capirlo e si girò di nuovo verso di lui.Le sue lacrime cadevano sul corpo e sul viso del ragazzo di nome Noah.
Lui aveva dei corti capelli biondi e due grandi occhi rossi che al momento si contraevano dal dolore. Sul suo collo c'era il segno di un morso, probabilmente quello del vampiro di cui parlava, ma la cosa grave era un'altra. Nel petto, all'altezza del cuore, si trovava conficcata una freccia. Da quella ferita usciva una grande quantità di sangue, e la stessa cosa dal collo.«Ha-i tu i-l mio a-arco», parlò quasi in un sussurro, che fu appena sentito da noi. «sono f-felice.»
«Perché l'hai fatto Noah?», urlò Artemide tra i singhiozzi. «Ti avremmo guarito noi, avremmo potuto fare qualcosa!»«Avrei rischiato di farti male.», disse lui riprendendo la normale voce solo per un attimo. Ci fu un altro lungo silenzio poi aggiunse, con mio stupore: «D-dove sei?»
In quel momento capii che la scena a cui a momenti avrei assistito sarebbe stata straziante per Cinzia.«S-sono qui.», parlò lei confusa.
«È buio. C-cinz-ia, D-dove sei?», insistette lui.
«Noah, sono qui!», urlò lei afferrandogli la mano. «SONO QUI!»«Oh, è la M-morte c-he mi p-prende.», mormorò iniziando a piangere anche lui. «Ho paura! C-cinzia, n-on voglio mor. i.. r...». Smise di proferire parola e il silenzio invase il luogo.
Noah aveva gli occhi aperti fissi verso il vuoto, davano l'impressione di essere più opachi e spenti di prima.
Tornò così la quiete e la tranquillità, rotta solo dal pianto silenzioso di Artemide. Poi il ragazzo semi-mostro iniziò a sciogliersi proprio come aveva fatto la madre di Vulcano prima di trasformarsi in uno specchio.L'Esperto di mostri si buttò sul liquido, come a voler afferrare ciò che rimaneva del ragazzo di prima. Ci cadde dunque dentro, sprofondando in quella fredda sostanza che si stava via via facendo più dura. Vulcano le corse subito dietro e si buttò anche lui all'interno dello specchio che ora si era completamente formato.
Feci per aprire bocca, ma Marte ancora una volta mi fermò. «Non dire niente, non ora almeno.»
Fece cenno di andare prima di lui, come se ancora non si fidasse abbastanza di me. Mi avvicinai a quello specchio, ma ricordai del prezioso arco di Artemide abbandonato lì di fianco.L'arma era probabilmente d'argento, come pure le frecce. Afferrai il tutto e lo lanciai attraverso la lastra di vetro.
Prima di saltare diedi un'ultima occhiata alla grigia strada e alle case altrettanto tristi che la circondavano. Il tutto mi dava uno strano senso di malinconia.Questa volta durante il passaggio all'interno dello specchio non sentii freddo, ma l'aria sembrò mancarmi e la mucosa del naso pizzicava. Gli occhi mi bruciavano e ci misi un po' a realizzare che ero caduta a pancia all'aria su un pavimento ancora una volta duro e freddo. Mi rimisi dritta sui doloranti piedi e notai che questa volta lo specchio era posizionato in verticale dietro di me.
Guardando intorno notai come i colori in quel luogo fossero fin troppo intensi, risultando quasi eccessivi.
Il bianco delle pareti era fastidioso quasi quanto il pavimento azzurro.
Nell'aria c'era il tipico odore di ospedale, un misto tra medicinali e disinfettante.Eravamo in una sala d'aspetto, nel mezzo di un corridoio. Vulcano aveva fatto sedere Artemide su una seggiolina verde bottiglia e adesso stava in piedi di fianco a lei. Lui, non sapendo cosa fare in quella situazione le teneva semplicemente una mano sulla spalla per cercare di confortarla e stringeva nell'altra l'arco e la faretra nera con le frecce.
L'Esperto d'armi arrivò subito dopo di me. Stranamente era passato per lo specchio camminando normalmente, aveva allungato una gamba e si era ritrovato già in piedi in quel nuovo luogo. Si guardò anche lui in giro e una volta che ebbe individuato una sedia ci si sedette sopra, appoggiandosi con gli stivali sulle due a fianco.
Rimasi in piedi ancora per un po' non sapendo neanche io cosa fare.
Lì vicino c'era un distributore di merendine, ma nonostante la fame dovuta alla mia misera colazione non provai neanche a prendere qualcosa. Lo feci un po' per rispetto verso Artemide che stava ancora guardando il vuoto con aria assente e un po' anche perché non avevo soldi per prendere il cibo.Marte, intanto, si era acceso una sigaretta e fumava nervosamente mentre aspettava qualcosa. Mi avvicinai alla piccola finestra e la spalancai, sperando che così facendo il cattivo odore del fumo sarebbe uscito.
Il mondo lì fuori dava l'impressione di essere normale come al solito. Non c'era nessun colore eccessivo e la natura cresceva rigogliosa in quel piccolo giardinetto verde dell'ospedale.Alcuni uccellini cinguettavano e le poche nuvole bianche che coprivano il sole si stavano spostando rivelando la luce dorata. Le rade macchine che passavano producevano un leggero rumore di pneumatici sull'asfalto.
Quella doveva essere proprio una bella e soleggiata giornata di primavera.
Così riflettevo mentre una piccola infermiera con un cerchietto a fiorellini rosa entrò nella sala d'aspetto.«Ehm», si schiarì la voce titubante e guardandosi intorno come se questa fosse la prima volta che lo facesse. «È qui il signor Spagyria? Ares Spagyria?»
«Sì, sono qui.», rispose l'uomo.
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Voglio vivere
HorrorEster è una ragazza che cerca di sopravvivere in un mondo popolato da mostri. Le persone di questa realtà nascono divise in categorie, che non sono altro che stereotipi di personaggi in un horror. Per quanto tutto questo possa sembrare orribile non...