CAPITOLO 11

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DUE MESI DOPO

Ho sempre pensato che la mia più grande paura fosse prendere un aereo e affrontare un volo più lungo di un paio d'ore. Mi sbagliavo: la possibilità di una guerra tra l'Outfit di Boston e la Cosa Nostra di New York mi terrorizza molto di più. Il pensiero di perdere mio padre in un attentato architettato da niente meno che Samuele Caputo mi terrorizza. 

E' passato un mese dal distaccamento più totale tra i due gruppi: Cristiano Genovese, mio cugino, aveva ucciso il Capo dei Capi, Giorgio (Joe) Caputo. Non so bene come sia successo, mio padre non mi è quasi mai stato a casa da quel giorno, non abbastanza da potermelo raccontare, almeno. Pare sia stato un incidente, ma la verità è che nulla accade per caso nel nostro mondo. Fatto sta che, dopo la sua morte, non solo Samuele Caputo aveva dovuto prendere il posto del padre come Capo, ma aveva anche minacciato mio padre di dichiarare ufficialmente guerra all'Outfit. Una possibile guerra, nel mondo del Mob, significa non uscire di casa se non con una scorta, significa poter perdere uomini fidati in un secondo. Significa non potersi più fidare di nessuno. 


Sto suonando il pianoforte, persa tra le note, cercando di non pensare a ciò che sta accadendo intorno a me, quando qualcuno entra senza bussare. E' Mario, l'uomo più fidato di mio padre. <<Signorina Genovese, suo padre vuole vederla nel suo ufficio. E' urgente.>> mi informa l'uomo, in piedi sulla soglia con la sua solita espressione vuota, senza emozioni. <<Riguardo che cosa?>> gli domando, ma lui non mi risponde: si limita a scrutarmi per un secondo, girare i tacchi e chiudersi la porta alle spalle. Scuoto la testa, confusa.

Quando busso alla porta dell'ufficio di mio padre, mi aspetto di dover attendere qualche minuto, come sempre. E' una specie di routine: mio padre mi chiama nel suo ufficio, io busso, lui sta facendo tutt'altro ed io sono costretta ad attendere che mi chiami all'interno. E' per questo che c'è una piccola panchina di fianco all'entrata del suo studio. Questa volta, però, l'invito ad entrare arriva appena la mia mano si stacca dalla porta. 

Quando entro, l'atmosfera mi fa gelare il sangue: è successo qualcosa, lo posso percepire. La pioggia che batte incessante sulle finestre a tutta parete è un brutto presagio. Padre mi fa un cenno con la mano per invitarmi a sedere sulla poltrona davanti alla sua enorme scrivania in mogano. Un lampo seguito da un tuono che sembra voler spaccare il cielo a metà mi fa sobbalzare. 

<<Francesca, figlia mia.>> - inizia - <<Come ben saprai stiamo attraversando un periodo particolarmente difficile per l'Outfit. Il rischio di una imminente guerra è dietro l'angolo, e ad ogni passo falso rischiamo la vita. La mia e quella di chiunque mi stia intorno, compresa tu.>> mi informa con tono severo, come se mi stesse spiegando la Prima Guerra Mondiale. <<Ho avuto modo di parlare con Samuele Caputo, che ora è divenuto il Capo dei Capi della Cosa Nostra, come ben saprai.>> continua. A sentire quel nome serro la mascella e inspiro bruscamente. Non ho dimenticato il nostro incontro nella mia stanza, non potrei neanche se lo volessi. <<Si, ne sono al corrente.>> gli rispondo dopo essermi schiarita leggermente la voce. <<Certo. Samuele è disposto a scendere a patti. Vuole lasciarci il beneficio del dubbio per quanto riguarda l'incidente che è costato la vita a suo padre. Tuttavia, come ogni uomo d'onore della nostra società, non può farlo gratuitamente.>> 

Non riesco a capire dove stia andando a parare. Ha l'espressione seria, malinconica, ma ci leggo speranza, forse quasi un lieve accenno di orgoglio, felicità. Inarco un sopracciglio e faccio un cenno con il capo per incitarlo a continuare il suo discorso. 

<<Abbiamo deciso, di comune accordo, di optare per una specie di... scambio. Lui ci garantirà la pace tra l'Outfit e la Cosa Nostra, ma vuole qualcosa in cambio. Non glielo avrei mai concesso, figlia mia, se non fosse stata una situazione così delicata. Si parla di vita o di morte, immagino che tu lo capisca.>> mi dice, confondendomi ancora di più. Uno scambio? Samuele Caputo è l'uomo più ricco della mafia italoamericana, di cosa potrebbe mai avere bisogno? Cos'è che manca a un uomo che ha tutto?

<<Ok... E cosa vorrebbe in cambio di questa... promessa di pace?>> gli chiedo, genuinamente confusa e anche un po' curiosa. Mi chiedo cosa vorrei io se fossi al suo posto. 

<<Vuole te.>> 

Rimango paralizzata, a bocca aperta. <<Cosa... Cosa significa che vuole me?>> balbetto.

<<Vuole prenderti in moglie. Non so perchè, gli ho offerto ciascuna delle tue cugine in età da matrimonio, ma ha chiesto espressamente di te. Senza possibilità di negoziazione.>> mi risponde mio padre. Ecco da dove proveniva quella punta di orgoglio: mio padre era convinto di dovermi dare in moglie a un poveraccio squattrinato. Sapermi sposata con il Capo dei Capi della Cosa Nostra è una felicità. 

Credevo che la mia più grande paura fosse una possibile guerra tra le due organizzazioni criminali, oppure la morte prematura di mio padre.

Mi sbagliavo: la mia più grande paura ora è un'altra. E ha un nome.



What God Has Joined - Ciò che Dio ha unito - Mafia RomanceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora