CAPITOLO 12

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<<Padre, non puoi.>> dico in tono di supplica, spostandomi sul bordo della poltrona in pelle marrone. <<Certo che posso, Francesca. Ho già firmato un accordo: Samuele arriverà questa sera, ci sarà una serata intima per festeggiare il vostro fidanzamento e domani mattina partirete verso New York. Il matrimonio è tra due settimane.>>

<<DUE SETTIMANE! Padre, è una follia!>> sbraito, alzandomi e iniziando a girovagare per lo studio. Lui mi osserva in cagnesco. <<Francesca Margherita Genovese. Non ti azzardare a mettere in dubbio le mie scelte. Ti sto facendo un favore: sposerai un uomo potente, benestante, che in altre circostanze probabilmente non ti avrebbe degnata di uno sguardo.>> mi dice, sprezzante. Rimango immobile in mezzo alla stanza, offesa. Vorrei rinfacciargli che invece sì, Samuele Caputo in qualche modo mi desidera, ma non posso. Se Padre lo venisse a sapere, non so cosa mi farebbe. <<Andrai a vivere a New York e ti comporterai come una buona moglie ed eventualmente madre, cosa per cui sei stata istruita. Ora, fuori di qui, prepara le valigie.>> mi dice indicando la porta che viene prontamente aperta da Mario. Prima di uscire, mi volto ancora una volta verso mio padre, che è già tornato ai suoi documenti. <<Perchè mi lasci andare prima del matrimonio? Non è scandaloso?>> gli chiedo, sperando di poterlo far ragionare.

<<Scandaloso sarebbe se tu fossi incinta. In più, siamo due Capi, nessuno mette in dubbio le nostre scelte. Immagino che Samuele voglia vedere come ti comporti in casa, o in camera da letto.>> mi risponde, senza mai staccare gli occhi dai fogli nelle sue mani. Vorrei ribattere, vorrei urlargli contro che non sono un oggetto da "provare", ma non lo faccio. Mi limito a girare i tacchi e uscire a grandi passi dalla porta, dirigendomi verso la mia stanza.

Sul mio letto, c'è una scatola di una nota boutique di Chicago, dove andavo spesso con mia madre e mia sorella. Quando la apro, un abito rosa caramella mi fa alzare un sopracciglio.

Non credo di aver mai indossato il colore rosa in vita mia, a differenza di mia sorella Valentina

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Non credo di aver mai indossato il colore rosa in vita mia, a differenza di mia sorella Valentina. L'ha chiaramente scelto mio padre, sperando che io possa essere un po' più come lei. Lo tiro fuori dalla scatola e lo osservo meglio: ha un corsetto piuttosto stretto con un dettaglio, devo ammettere, molto bello. Sembra come se uno scialle in seta lo avvolga, lasciando visibile il corsetto sul seno sinistro. La gonna è piuttosto corta e semplice.

Sospiro e chiudo gli occhi, prima di avviarmi verso il bagno per farmi una doccia e cercare di dimenticare, almeno per qualche minuto, che sono stata venduta all'ultimo uomo sulla terra che vorrei sposare.

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All'ora di cena, sono pronta nel mio nuovo abitino da perfetta futura mogliettina tutta fiocchi e fiorellini. Valeria mi ha acconciato i lunghi capelli castani tirandoli su per metà con due trecce che mi circondano il capo congiungendosi sul retro con un piccolo fiocco nero, mentre il resto mi cade in perfetti boccoli sulle spalle. Due ciocche mi incorniciano il viso truccato leggermente con colori nude. Mentre mi guardo allo specchio, non mi riconosco.

L'abito mi sta molto bene, mette in evidenza sia i miei seni che i miei fianchi, e i tacchi neri lucidi staccano dall'aria da caramella perfettamente incartata. Potrei dire di sentirmi in qualche modo sexy. Mentre mi osservo, incontro lo sguardo di Valeria, dietro di me, sorridente. <<Sei molto bella.>> mi dice, emozionata. Mi volto verso di lei. <<Vieni con me a New York.>> le dico senza pensarci due volte. Lei inarca un sopracciglio. <<Davvero?>> mi domanda, speranzosa.

<<Lo chiederò a Samuele, sono sicura che sarà d'accordo. Posso dirgli che sei la mia assistente personale, almeno avrò qualcuno con cui parlare. Avrai molte più libertà, a New York. E magari conoscerai meglio un certo soldato...>> le dico, prendendo le sue mani nelle mie. Lei arrossisce leggermente alle mie ultime parole. <<Ho sempre sognato di trasferirmi.>> mi risponde, prima di abbracciarmi.

Quando ci stacchiamo, torno ad osservarmi nello specchio e sospiro. Qualcuno bussa alla porta, prima di aprirla. Giovanna appare sulla soglia e mi guarda con gli occhi lucidi.

<<Sei un incanto, gioia mia.>> mi dice.

<<E' ora.>> continua Valeria guardando l'orologio legato al suo polso, poi si avvia verso la porta e mi fa spazio per uscire.

Scendo le scale con il cuore che batte fortissimo, e quando arrivo davanti alla porta della sala dei ricevimenti, ho quasi la nausea. Mario, in piedi dietro la porta, piega la testa e sorride quasi impercettibilmente. Lo prendo come un complimento. Annuisco nella sua direzione, facendogli capire che può aprire la porta.

E così fa.

What God Has Joined - Ciò che Dio ha unito - Mafia RomanceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora