FRANCESCA
Passo l'intera nottata senza chiudere occhio: il pensiero di ciò che mi aspetta appena Valeria varcherà la soglia della mia stanza per aiutarmi a prepararmi mi terrorizza.
Da oggi passerò il resto della mia vita rinchiusa probabilmente in una villa degli Hamptons, mentre mio marito si scopa chiunque respiri in giro per New York. Potrei innamorarmi segretamente di uno dei soldati che metterà a controllarmi, oppure del giardiniere. Sono certa che lui non sarà spesso in giro per potermi osservare.
Quando sento bussare alla porta, mi viene voglia di soffocare dentro a un cuscino e non svegliarmi mai. <<Buongiorno! Sono le otto, il sole splende e oggi ci trasferiremo a New York!>> la voce di Valeria passa attraverso il cuscino sopra la mia testa, facendomi alzare gli occhi al cielo. Mi tiro su con le braccia, gli occhi socchiusi a guardarla in cagnesco. <<Valeria, qualche ottava in meno. Tu starai anche andando verso una nuova vita, ma io sto andando in prigione. Anzi no, direttamente all'Inferno.>>
<<Non dire così. Sono certa che non sarà poi così male.>> ribatte, ed io le tiro un cuscino addosso. Lei sorride e mi porge una scatola. <<Questo lo manda tuo padre. Dice che dovresti indossare qualcosa di chic per il trasloco.>>
Quando appoggio la scatola sul lenzuolo e la apro, un completo giacca/gonna a quadretti rossi fa capolino da sotto uno strato di carta colorata. <<Mi ha presa per un personaggio di Clueless?>> sospiro. <<Non è male.>> commenta la mia amica, ora seduta ai piedi del letto intenta ad accarezzare Mister Ghigo, ancora addormentato. <<Certo che non è male, probabilmente l'ha scelto tua madre. Non lo indosserò, comunque. Ho già in mente qualcosa.>> dico, un sorrisetto divertito dipinto in volto.
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Mentre scendo le scale, seguita da alcuni uomini dello staff che portano le mie numerose valigie e la gabbietta di Mister Ghigo verso le tre auto dei Caputo, indosso una salopette di jeans blu scuro, una maglietta a strisce bianche e verdi, e le mie Converse verdi. Il tutto completato da un fantastico cappellino verde dei New York Jets, una delle squadre di Football di New York.
Lo sguardo di mio padre appena mi vede è impagabile: è sconvolto, neanche fossi scesa in cucina completamente nuda. Inclinando di qualche grado la testa posso vedere perfettamente il fumo uscirgli dal naso e gli occhi farsi sempre più rossi, sul punto di esplodere. Il suo sguardo preoccupato si sposta subito su Samuele, che mi da le spalle. <<Vatti subito a cambiare. Sembri una ragazzina.>> sibila, visibilmente alterato.
Le sue parole costringono il mio promesso a voltarsi per capire cosa possa aver scatenato una reazione del genere in un rispettabile uomo del Mob. Quando mi vede, lascia andare un verso a metà tra una risata e uno sbuffo. Una specie di grugnito divertito. Lui porta una polo camicia bianca arricciata sulle braccia, e un paio di pantaloni grigi eleganti. <<Non importa, Vito. Lascia che indossi quello che vuole.>> dice, avvicinandosi pericolosamente a me. Quando è a pochi centimetri dal mio viso, credo quasi che stia per baciarmi di fronte a mio padre. Invece, prende la visiera del mio cappellino, me lo sfila, lo osserva e poi lo lancia verso un cestino poco distante da noi, facendo canestro. <<I Caputo tifano Giants, principessa.>>
<<Non sono una Caputo.>> ribatto, acida, facendo infuriare ancora di più mio padre, immobile a osservare la scena come se io e Samuele fossimo una bomba a orologeria. <<Lo sarai molto presto.>> si limita a ribattere, girando i tacchi e avviandosi insieme a mio padre verso la sala delle colazioni.
Mangiamo pressoché in silenzio, tranne per qualche conversazione di cortesia tra Samuele e mio padre, e poca partecipazione da parte mia. Dopo circa venti minuti, Diego Vinci, uno degli uomini più fidati di Samuele, fa il suo ingresso nella sala. Dietro di lui, Valeria porta la sua mantellina di lana sopra alla divisa dello staff: in mano ha una piccola valigia che immagino contenga tutti i suoi averi. <<Signor Caputo, le auto sono pronte.>> annuncia l'uomo in giacca e cravatta. Inspiro bruscamente. Speravo che questo momento non arrivasse mai.
Mi scuso con i presenti e vado velocemente in cucina a cercare Giovanna, che non ho ancora avuto l'occasione di salutare. Quando la vedo, è intenta a lavare i piatti a mano, con forza: è visibilmente scossa, sono piuttosto sicura che stia piangendo. <<Giovanna...?>> mormoro. Lei si volta di scatto, ora posso vedere perfettamente i suoi occhi pieni di lacrime. Si lascia scappare un risolino nervoso. <<Credevo che te ne fossi andata senza salutarmi.>> mi dice mentre si asciuga le mani sul grembiule e si avvicina a grandi passi a me, stringendomi in un abbraccio materno. Mi rilasso completamente tra le braccia della donna che, dopo la morte di mia madre, mi ha praticamente cresciuta. <<Bambina mia, cerca di essere forte. Non conosco quell'uomo, ma ho un buon sesto senso e sento che non ti farà del male. Ti prego, controlla Valeria, fa che non le accada nulla di spiacevole. Sono felice che venga con te e si tolga da questo ambiente così stantio, ma è giovane e ingenua, ha visto poco del mondo. Tienila d'occhio.>> mi dice, senza mai staccarsi da me. Io la stringo ancora più forte, una lacrima mi riga il viso. <<Lo farò, te lo prometto.>> le dico, prima di fare qualche passo indietro, lasciare che mi dia un bacio lieve sulla fronte, e tornare nella sala delle colazioni.
E' rimasto solo Samuele, insieme a mio padre. <<Beh, immagino che qui sia dove le nostre strade si dividono, Frankie.>> dice quest'ultimo, una punta di emozione nel suo tono di voce. Vorrei poterlo odiare, ma è mio padre. L'uomo che, pur essendo un boss mafioso conosciuto in tutta la città, accompagnava me e Valentina a scuola ogni mattina, l'uomo che ha perso la moglie troppo presto. Non è mai stato un brav'uomo, ma miracolosamente mia madre sapeva tenerlo con i piedi per terra. Dopo la sua morte, la parte di lui che lei sapeva gestire ha preso il sopravvento, trasformandolo nell'uomo che è oggi. In qualche modo, anche se so di non essere mia stata la figlia prediletta, lo compatisco: era convinto che almeno io non mi sarei sposata e sarei rimasta al suo fianco fino alla fine dei suoi giorni, a prendermi cura di lui come ho fatto con mia madre. <<Ci vediamo al matrimonio, papà.>> pronuncio l'ultima parola in un sussurro. Credo siano passati dieci anni dall'ultima volta che l'ho chiamato papà e non Padre, ma lui non mi rimprovera. Anzi, si avvicina a me e mi cinge in un breve abbraccio.
Quando ci stacchiamo, mi volto verso Samuele, che mi sta osservando con espressione indecifrabile, ancora una volta. <<Sei pronta?>> mi chiede, porgendomi la sua mano. Esito per un attimo, ma decido di non prenderla. Annuisco e basta, poi ci avviamo verso le tre auto perfettamente allineate fuori dalla porta d'ingresso.
Samuele mi apre la porta del sedile del passeggero della prima auto, un SUV Jaguar nero lucido, che rispecchia perfettamente l'anima del mio futuro marito. <<Non ci sediamo dietro?>> gli domando, confusa, mentre mi siedo. <<Certo che no, la Jaguar la guido sempre e solo io.>> mi dice, prima di chiudere la portiera, girare attorno all'auto e sedersi dalla parte del guidatore, di fianco a me.
E poi succede.
Accende il motore, gira leggermente il volante e lasciamo il viale di casa Genovese. Per sempre.
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What God Has Joined - Ciò che Dio ha unito - Mafia Romance
ChickLitFrancesca è la figlia primogenita del Capo dell'Outfit di Boston, Don Vito Genovese. Quando la sorella minore Valentina si sposa per affari, Francesca crede di avere la possibilità di innamorarsi per davvero. Gli uomini dell'Outfit non l'hanno mai g...