La riunione dura praticamente tutta la giornata, e quando arriviamo alla sua conclusione, sono esausta. Samuele si alza, salutando i suoi uomini con un gesto distante, poi mi prende per mano e mi accompagna nella sala da pranzo della villa, dove il tavolo è stato apparecchiato per due.
<<Ceniamo insieme?>> gli domando, un po' confusa. Erano rari i momenti in cui mio padre cenasse con noi, o con mia madre. <<Certo che ceniamo insieme, Francesca. Siamo entrambi in casa, e siamo sposati.>> mi dice con un po' di freddezza, mentre dalla cucina arrivano due persone dello staff con due portate fumanti. Uno di loro mi posa il piatto davanti. <<Quaglia alla cacciatora con purè di patate del nostro orto, signora Caputo.>>
Mi congelo. "Signora Caputo", due parole che mi colpiscono come mai avrei immaginato. Non è tanto la formalità, né il fatto di essere chiamata "signora" a vent'anni, ma il peso che questo nome comporta. Sono legata a questa famiglia, a questo mondo. Un mondo che non avrei mai voluto conoscere così a fondo.
Mangiamo in silenzio per diversi minuti, sorseggiando costoso vino rosso e apprezzando la cucina squisita. Intorno a noi, solo il suono delle posate che stridono sulla ceramica dei piatti riempie la stanza.<<Non credo che dovresti venire ad altre riunioni.>> Samuele rompe il silenzio, cogliendomi di sorpresa. La sua voce è ferma. <<Come? Perchè?>> gli domando, confusa. <<Sono stata brava, là dentro.>>
<<Non è una questione di comportamento. Il rischio è troppo altro. Sei già in pericolo per il solo fatto di essere mia moglie, se diventi una dei miei uomini, quelli del Commission ti uccideranno.>> mi osserva con gli occhi stretti, come a scrutarmi alla ricerca di qualcosa. <<Ma-->> inizio, ma lui mi interrompe bruscamente. <<E' una mia decisione, Francesca.>> mi liquida, facendomi infuriare.
Mi alzo velocemente dalla sedia, facendola cadere e sbattere a terra con un tonfo. Lancio via il mio tovagliolo e mi avvio a grandi passi verso la camera da letto, sconcertata. La rabbia che mi brucia dentro è ora un'emozione che non so più controllare.
Ma che razza di uomo ho sposato? Prima accetta di farmi partecipare alla riunione, poi cambia idea e mi dice che non posso?
Apro la portafinestra della imponente stanza padronale ed esco sulla terrazza con colonnine in marmo bianco di Carrara. Ci sono due enormi vasi di fiori rossi a entrambi i lati della porta. Faccio un respiro profondo, l'aria della sera abbastanza fredda da farmi venire la pelle d'oca. Chiudo gli occhi, cercando di calmare il mio respiro.
A un tratto, sento la porta della stanza sbattere con forza, ma non mi volto. Giro lentamente il capo verso la mia spalla destra, ma so benissimo che mio marito ha appena fatto il suo ingresso nella nostra camera da letto.
<<Non voglio che ti alzi così da tavola in casa nostra e davanti alla servitù.>> mi intima, la sua voce abbastanza vicina da farmi capire che si trova sull'uscio della portafinestra. <<Lo staff, non la servitù. E questa è anche casa mia, quindi mi alzo come voglio da quel dannatissimo tavolo!>> alzo la voce, la mia frustrazione che ha la meglio su di me. Le parole mi scivolano fuori con rabbia, ma c'è anche un pizzico di sfida.
<<Ok, sei chiaramente arrabbiata con me. Sappi che ho preso questa decisione per proteggerti, non per farti un torto. E ora voltati.>> mi ordina, facendomi alzare un sopracciglio. Il <<perfavore>> che segue mi lascia interdetta, costringendomi a voltarmi per davvero. Samuele è appoggiato allo stipite della porta, le braccia conserte e la camicia bianca sbottonata fino al petto che si stringe sulle sue braccia possenti.
<<Non sono più una bambina, Samuele. Sono una donna, sono tua moglie e faccio parte di questa famiglia, ora. Che ti piaccia o no, ho il diritto di essere seduta lì, al tuo fianco!>>
Continuo ad alzare la voce lasciando che le mie emozioni prendano il sopravvento. Non posso più vivere nella paura, restando ferma in una posizione che lui ha scelto per me. Mi avvicino a lui con fare minaccioso. La tensione tra noi si può tagliare con un coltello, una combinazione di rabbia, paura e odio. Ma c'è anche una punta di qualcos'altro che nessuno di noi due vuole ammettere apertamente.
Samuele rompe la distanza tra noi con un gesto fulmineo, afferrandomi per le spalle e tirandomi a sè con forza. Sbatto contro il suo petto, il respiro che mi muore in gola e le mani che tremano.
<<Ma non capisci che potresti morire?! Non posso permetterlo, Francesca. Non si è mai vista una donna, appena sposata tra l'altro, che partecipa attivamente alle riunioni del clan, né tantomeno alle sue azioni.>> Le sue parole sono dure, c'è una nota di esasperazione nella sua voce. Lo guardo negli occhi, percependo il calore del suo corpo stretto contro il mio. C'è un attimo di silenzio, poi mi ritrovo a spingerlo via. <<E tu non capisci che non ho più voglia di essere tenuta al sicuro come fossi un oggetto prezioso? Voglio combattere al tuo fianco, e non ho intenzione di accettare un no come risposta.>>
Restiamo entrambi in silenzio, poi gli occhi di Samuele si fanno scuri, il suo sguardo cambia. <<Dio, sei così dannatamente testarda.>> dice con voce roca mentre, ancora una volta, chiude la distanza tra di noi.
La sua bocca si posa sulla mia con una forza possessiva, primordiale. Rispondo con la stessa intensità mentre le sue mani viaggiano su tutto il mio corpo fino ad arrivare al retro delle mie cosce. Samuele afferra la mia carne con forza, sollevandomi e costringendomi a chiudere le gambe intorno a lui.
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What God Has Joined - Ciò che Dio ha unito - Mafia Romance
ChickLitFrancesca è la figlia primogenita del Capo dell'Outfit di Boston, Don Vito Genovese. Quando la sorella minore Valentina si sposa per affari, Francesca crede di avere la possibilità di innamorarsi per davvero. Gli uomini dell'Outfit non l'hanno mai g...