40.Non siamo niente

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Non erano nemmeno le cinque del mattino quando Jonathan venne a svegliarmi: mi ero addormentata su quel divanetto sul terrazzo, qualcuno mi aveva messo una coperta addosso, chissà chi.

-Ehi... Diana. Ci sono novità.- mi disse parlando pianissimo -Dobbiamo muoverci.-

Mi misi a sedere ancora mezza addormentata: tutto quello che riuscii a capire era che fosse successo qualcosa.

Raccolsi il mio zaino, nella stanza non era rimasto nessuno, trovammo solo al piano sotto Chad che ci aspettava:

-Avete fatto in fretta, bene. La macchina è già pronta.- disse avviandosi verso la porta.

-Ma...dove stiamo andando? E quali sono le novità?- chiesi ritrovando un po' di lucidità.

-Ti spieghiamo in macchina, la strada da fare è molta.-

Doveva essere successo qualcosa nella notte, pregai davvero che non fosse nulla di grave...

Partimmo subito, senza preamboli, ma l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era sapere cosa fosse successo:

-Chad, ti prego, spiegatemi!-

-Lo abbiamo trovato.- mi rispose senza scomporsi, concentrato sulla strada davanti a lui.

-Davvero? Stiamo andando là?-

-Sì, speriamo di arrivare prima dell'FBI...-

-Che piano avete?-

-Ci toccherà improvvisare... Ora dobbiamo arrivare il più in fretta possibile, poi vediamo.-

***

Le auto ed il furgone si parcheggiarono ad una distanza di sicurezza dall'edificio dove ormai sapevano che si era nascosto il loro obbiettivo.

Niente lampeggianti, tutto nel massimo silenzio.

Uno dopo l'altro gli uomini scesero dai mezzi dopo un brevissimo briefing con quello che sembrava il capo, e via verso l'ingresso.

Un paio di loro fece un rapido giro del fabbricato per assicurarsi che non ci fossero altre vie d'uscita, ma l'unica alternativa era bloccata da materiale vario.

Un cenno del capo ed entrarono: attenti e guardinghi, quelli più avanti facevano cenno agli altri se la strada era libera.

Ma non fu difficile individuarlo: al piano superiore del capannone, delimitato da vetrate, sembrava esserci un locale adibito ad ufficio e si poteva vedere una luce accesa.

Salirono lentamente la pesante scala in metallo, sulla quale trovarono un casco appoggiato; un istante per scambiarsi uno sguardo complice, l'apri fila che con una mano in alto faceva il conto alla rovescia...ed erano dentro.

-METTI LE MANI IN ALTO!- urlò il primo ad entrare, trovandosi una sagoma che gli dava le spalle seduto ad una scrivania.

Non ci fu alcuna reazione, semplicemente alzò le mani come richiesto.

Si avvicinarono uno dopo l'altro, lo fecero alzare, gli misero le mani dietro alla schiena e lo ammanettarono.

-Sei in arresto, tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te in tribunale. Hai diritto ad un avvocato. Se non ce l'hai te ne verrà fornito uno d'ufficio...- ma nemmeno quelle parole sortirono qualche risultato nel prigioniero.

Jake fissava davanti a sè: si limitava a fare quello che gli veniva chiesto, si sentì così sollevato...

Aveva sempre immaginato quel momento come un trauma, invece era tutto così liberatorio, la precisa convinzione che non avrebbe più dovuto scappare, almeno da loro, era quasi rassicurante.

Duskwood - Hannah is goneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora