Prologo

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 È questa la morte? Si chiese Diana, distesa davanti le ruote della sua auto

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È questa la morte? Si chiese Diana, distesa davanti le ruote della sua auto.

L'impatto era stato così veloce che ogni fotogramma dell'incidente si susseguì sfocandole la mente, rammentando solo appena lo scricchiolio del metallo deformarsi come carta. Il suo corpo era stato sbalzato contro la superficie spessa del parabrezza, avendo l'impressione che il mondo si fosse fermato proprio in quel momento.

Le palpebre continuarono a chiudersi e aprirsi. Un senso di vertigini strinse attorno alla sua vista come i rintocchi di un orologio.

Desiderò udire la stridente sirena di un'ambulanza ma ogni rumore circostante le arrivò smorzato. La pressione rese tutto assordante e il dolore continuò ad infrangersi ostinato contro di lei.

Sollevò il volto con difficoltà, osservandosi la mano trafitta da schegge di vetro. Il sangue le bagnava la pelle come inchiostro.

Il fiato le mancò per un momento: il corpo non rispondeva ai suoi stimoli. Come se questo avesse la batteria scarica, abbandonandola a sé stessa.

E così Diana si sentì in quel momento: abbandonata.

Cercava con lo sguardo un'ancora di salvataggio a cui aggrapparsi ma la lucidità la portò costantemente a pensare alla morte e a tutte quelle caselle che avrebbe voluto spuntare nella sua lista della vita.

Realizzò di non aver rimasto un misero testamento. Aveva diciotto anni da neanche ventiquattro ore, non aveva nulla da lasciare alla sua famiglia... se così la potesse ancora definire.

Poi, d'un tratto, il fragore nelle orecchie si sciolse quando udì un latrato penetrante. Il volto di Diana si protese verso quella direzione con la guancia ad un soffio dal pavimento e gli occhi che si sforzarono di mettere a fuoco. Non aveva ben compreso cosa avesse procurato l'impatto.

Si era distratta, ricordava solo di aver intravisto una strana ombra piantata nel mezzo della strada. E ora, essa, si trovò proprio di fronte a lei.

Qualcosa, o qualcuno, la studiò con uno sguardo infossato e traboccante di lava. Un momento prima, si sorreggeva sulle zampe, l'attimo dopo scivolò sulla strada come un serpente multiforme, avvicinandosi senza esitazioni.

Quando i dettagli si fecero nitidi, delle fitte scivolarono lungo la schiena di Diana. Era sicura che stesse sognando. Non sapeva che, ben presto, quella sarebbe stata la sua realtà. Una realtà che aspettava solo di essere scoperta.

La pelle della creatura era deforme come la terra arida, tra le crepe sgorgava magma incandescente. Il calore che emanava le faceva male alle ossa. Il capo allungato si inclinò verso di lei, acquistando poco a poco volume.

Che aspetti ad uccidermi? Provò a tramutare i suoi pensieri in parole ma non ci riuscì.

L'essere continuò a fissarla, immobile come una statua. Diana si chiese se non fosse un tacito invito a guardare oltre i suoi occhi simili all'oblio. E per un istante, in quella sclera senza pupilla, ci vide un volto dai tratti confusi. Nella sua mente provò a ricostruirlo ma la creatura si contorse dal dolore, lanciando un latrato nell'aria.

Diana dovette fare uno sforzo sovrumano per trascinarsi qualche millimetro più in là. Non voleva che le cadesse addosso ma, con sua sorpresa, la creatura svanì nel nulla. Sgretolandosi in un cumulo di terriccio.

Si sentì sopraffatta, non ci stava capendo niente. La situazione non migliorò quando scorse una figura in piedi davanti a lei, con uno strano pugnale scintillante tra le dita. Questa volta fu sicura che si trattasse di una persona, in carne ed ossa.

«C-Chi sei?» La voce le uscì spezzata, dolorante.

Lo sconosciuto si avvicinò in silenzio, piegandosi sulle ginocchia. Diana osservò le effigie impresse sul suo braccio destro. Roteò gli occhi verso il viso, nel tentativo di definirne i tratti distintivi ma non ci riuscì, aveva la vista appannata. La costante perdita di sangue la fece andare in ipotensione.

Era esausta, voleva lasciare la presa, ogni battito del cuore le rimbombava nel corpo. Pensò che a breve avrebbe raggiunto qualsiasi cosa che ci sarebbe stata dopo la morte. Sotto la sua pelle le ossa svanirono come se non fossero mai esistite, i polmoni pesanti rallentarono l'andamento del suo respiro.

Il tocco caldo delle dita dello sconosciuto accompagnarono i suoi occhi chiudersi: «Ci rivedremo presto.»

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