Dopo un continuo struggersi per scappare dall'incubo in cui si sentì intrappolata, Diana si illuse di essere pronta ad uscire. Si era rassegnata che il dottore avesse sbagliato prognosi, la sovra stimolazione nel suo cervello aveva procurato gravi danni celebrali.
Altrimenti non si spiega, rifletté mentre indossava i vestiti che le avevano offerto. Le andarono leggermente larghi ma in compenso non indossava più l'imbarazzante pigiama dell'ospedale. Fu grata di indossare delle vere e proprie scarpe e desiderò avere uno zaino, dove poter riporre le proprie cose. Ma si rese conto di avere solo un oggetto importante con sé: la collana.
Sfiorò con le dita il ciondolo e mandò un pensiero alla madre, chiedendole di aiutarla ad uscire da quella situazione. Voleva piangere, far fuoriuscire le sue emozioni e scaricare tutto lo stress che continuava ad accumularsi su di lei. Scrollò solo le spalle, si fece forza e lasciò la possibilità alla collana di attorniarle il collo. Si accertò di nasconderla sotto la maglietta, non voleva mostrare una cosa così intima a persone del tutto sconosciute. Si aggrappò al valore affettivo come un'ancora di salvataggio, un motivo per farsi forza e andare avanti. Un vulnerabile oggetto che la sapeva far oscillare tra la l'ordine e il caos.
Prima di uscire Diana contemplò il bastone, non voleva utilizzarlo ma si sentí terribilmente lenta nei movimenti. Soprattutto, per quanto provasse a sopprimerlo, il dolore si stagliava lungo le sue gambe provocandole dei brividi per niente piacevoli.
Quando varcò la soglia d'ingresso dovette coprirsi gli occhi con la mano a causa dell'intensità del sole. L'odore della vegetazione fresca pizzicò le sue narici. Diede un veloce sguardo di circospezione per capire dove si potesse trovare ma, l'immensità di quel posto, non le fu d'aiuto.
Doveva esaminarlo in un secondo momento, cercando ogni possibile via di fuga. Decise di assecondare quei pazzi finché non avrebbero abbassato la guardia. Nel frattempo lei doveva capire chi fossero i suoi rapitori, l'obiettivo del loro gruppo e cosa volessero realmente.
Poi levò lo sguardo, ritrovandosi un ambiguo comitato di benvenuto di fronte a sé. Era formato da quattro persone, un lupo, una scimmia, un puma e un furetto.
È decisamente un circo. Pensò, trattenendo una risata nervosa. Trovò l'intera situazione assurda ed esilarante.
«È difficile capire da dove iniziare a raccontarti delle nostre origini. C'è tanto da spiegare ma innanzitutto partiamo con le presentazioni.» Decretò Gabriel.
Fece un passo avanti una donna dai tratti logoranti. Nonostante l'età, il suo corpo appariva molto muscoloso e sodo. Aveva delle cicatrici lungo tutto il braccio destro e Diana pensò che ne avesse passate tante.
«Lei è mia moglie Iside.»
Come la divinità egiziana... pensò stupita tra sé.
Lo sguardo si posò alternante su ogni persona che l'uomo indicò successivamente. Non ci mise tanto Diana a capire che fosse Gabriel a comandare lì.
«Amaya l'hai già conosciuta» Disse indicando la ragazza dai dread color gesso, il tatuaggio che aveva in gola si definì durante quel momento più tranquillo. Era un gufo con le ali spalancate, i grandi occhi tondi erano cuciti.
«E poi c'è Leopold. Prima che arrivassi tu, era lui il novellino della situazione.»
Diana notò il sorriso timido del ragazzo appena presentato e l'occhiata seccata dell'altra.
«Gli altri sono in missione, dovrebbero tornare al calar del sole e finiremo le presentazioni umane.»
A quella battuta scaturì una risata generale, seguita anche dagli animali. Diana li guardò stupita, incapace di unirsi a quell'ilarità. Non riusciva a stare al passo con quel fare naturale che avevano nel rivolgersi la parola a vicenda, come se niente fosse. Andavano contro ogni legge, spezzando ogni barriera di ciò che di solito veniva ritenuto normale. Diana non seppe se sentirsi spaventata o tremendamente affascinata.
«Qui abbiamo Inay.»
Il lupo avanzò nei suoi confronti. Aveva un'abilità ad instaurare un contatto visivo quasi dall'effetto ipnotico. Diana pensò di non aver mai visto un'animale così bello e, soprattutto, così maestoso in tutta la sua vita. Il manto grigio si variegava lungo il dorso con i colori autunnali. Il muso scolorito richiamava il chiarore dei suoi occhi. Li fissò così a lungo che percepì una bufera di ghiaccio abbattersi su di lei senza pietà.
Inay piegò leggermente le zampe anteriori, richiamando l'azione di un inchino: «È un piacere fare la tua conoscenza, chiedo venia per stanotte, ma in qualche modo dovevi venire con noi.»
Diana rimase a bocca aperta, il suono della voce era così nitida che, per un momento, si chiese se ci fosse un doppiatore nascosto da qualche parte. Non sentiva nessun verso animalesco ma una voce dai tratti totalmente umani.
Poi Gabriel prese di nuovo la parola, costringendo i suoi occhi a posarsi sulla sua stazza: «Alla mia sinistra abbiamo Isaac.» Con un cenno del capo indicò il puma. «Non farti ingannare dalle dimensioni, è molto fobico.» Mormorò quell'aggettivo evitando di farsi sentire, ma con poco successo, dal momento che i puma erano famosi per il loro udito.
«Non sono fobico, ma come tutti qui ho le mie paura.» Rispose il diretto interessato, alzandosi con aria offesa ed emigrando da quella situazione spiacevole.
Diana ammirò la sua fisicità imponente. Il manto castano richiamava ogni elemento naturale che le stava attorno. La testa piccola ma allungata presentava delle orecchie grandi contornate da un colore più scuro. Si meravigliò di non udire neanche un impercettibile suono ad ogni movimento.
Poi la sua attenzione fu richiamata quando una voce già familiare urlò: «Sei un micetto a confronto al tuo branco.» Fu la scimmia a parlare.
Diana si aspettò una reazione da predatore ma Isaac si diresse verso l'ombra di un albero noncurante del commento appena fatto.
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Una Realtà a Colori
FantasyVOLUME 1 - COMPLETO 𝑻𝑹𝑨𝑴𝑨 Tutto è cambiato per Diana. 24 ore 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 dell'incidente era solo una comune ragazza, soffocata dal futuro e dall'inadeguatezza. 24 ore 𝑑𝑜𝑝𝑜 l'incidente, Diana è un membro della triarchia del Sacro Triskell...