VOLUME 1 - IN RIELABORAZIONE.
NON LEGGETEMI.
𝑻𝑹𝑨𝑴𝑨
Tutto è cambiato per Diana.
𝟐𝟒 𝐨𝐫𝐞 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 dell'incidente era solo una ragazza come tante: soffocata dai pensieri, impaurita dal futuro, convinta di non valere abbastanza.
𝟐𝟒 𝐨𝐫𝐞...
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Maris respirò a fatica, la sua cicatrice prese a bruciargli la pelle. Alzò lo sguardo con timore, si diede dello stupido per aver solo pensato che potesse tenere la situazione sotto controllo. Didia tese entrambe le braccia, con i palmi schiusi verso il terreno e il capo inclinato. Per un momento non successe niente, poi l'aria della stanza divenne irrespirabile. Della lava iniziò a filtrarsi dal terreno, interi blocchi di pietra si elevarono a cono, creando delle piccole eruzioni. Il soffitto iniziò a sgocciolare come un'infiltrazione d'acqua. Maris scansò una goccia incandescente formatasi proprio sulla sua testa. Una volta sul terreno, si andarono ad unificare alle altre per poi trascinarsi verso Didia. Manovrate solo dalla sua forza. Maris non aveva mai visto niente del genere, non pensava neanche potesse essere reale. Erano passati secoli da quando una divinità si era calata sulla terra in veste di essere umano. Ormai erano energie astratte intrise nelle culture delle popolazioni. Ma ora lui aveva liberato una di quelle, creata solo per portare caos nel mondo. La lava incandescente inglobò gradualmente il corpo di Didia. Lei prese ad urlare, ma non erano urla di dolore. Ma di libertà. Lo strato di lava le coprì la bocca, gli occhi e al capo si solidificò all'istante. Una pulsazione all'altezza del cuore riuscì a far tremare la statua. Poi un'altra, e un'altra ancora subito dopo. Un picco di tachicardia provocò un'implosione, piccoli pezzi di pietra volarono con veemenza in ogni direzione. Maris si girò di lato, proteggendosi il capo tra le braccia. Fu colpito alla schiena, affogò una fitta di dolore che gli provocò dei brividi. La sua attenzione saettò di nuovo su Didia quando pensò fosse sicuro girarsi. Davanti ai suoi occhi era era rinata una donna dai tratti fatali e sensuali. La pelle raggrinzita si era levigata in una carnagione color nocciola. Gli zigomi divennero spigolosi, accentuando due buchi neri che fungevano da occhi e le punte delle ciglia erano state colate della brillantezza del sole. Sul capo lunghi capelli, intrecciati con dei fili d'oro, le sfioravano la schiena. La pelle su di essa era dipinta anch'essa di oro: dei steli spinati seguivano la colonna vertebrale come una spirale. Didia si esaminò a lungo, lodandosi da sola per i risultati. Si tastò con un sospiro appagante il vestito che aveva indosso, tinto degli oceani profondi, quelli ancora non scoperti dall'occhio umano. Il bordo della gonna sfiorava il terreno, non toccandolo mai. Poi si toccò le clavicole sporgenti e le spalle scoperte. Quando passò ad esaminarsi i capelli, le dita fecero uno strano movimento e una corona di ossa si materializzò sul suo capo. «Troppo?» Domandò con disinvoltura a Maris, come se fosse il suo confidenze di moda. Ma non aspettò una risposta che scosse la testa, facendo sparire la corona all'istante. «Che bello sentirsi vivi.» Continuò, scivolando sul pavimento. «Non sai quanto te ne sia grata.» Si accinse davanti le tre statue di Era, Afrodite e Atena e con un semplice scatto del collo, si frantumarono in mille pezzi. «Ma ora non mi servi più.» Maris non ebbe il tempo di elaborare la frase che Didia tese la mano a mezz'aria verso di lui. Ma la sua forza non fece effetto poiché i due ciondoli che lui aveva il collo, si illuminarono così tanto da creare una sorta di scudo. A quanto pare quelle collane non fungevano solo da torcia e da chiave, ma anche da scudo protettivo. Un coltellino svizzero mistico, praticamente. Ma in tutto quel frangente Maris riuscì a concretizzare che la bruciatura sul palmo di Didia fosse ancora presente. Il pugnale era stato così potente da riuscire ad imprimerle un segno immortale, nonostante la sua trasformazione. Così lo brandì, facendo risplendere nell'aria la lama in roccia di cristallo. «Colpo basso» sentenziò lui. «Dovresti tenere fede ai tuoi patti.» «Lo sospettavo, ma non ne ero sicura.» Didia non sembrò essere preoccupata del suo fallimento né tanto meno dal tentativo di intimidazione. «Prendilo come un semplice esperimento.» Maris notò il volto della donna travalicare le sue spalle, lui seguì con lo sguardo la stessa traiettoria, roteando il busto di lato. L'aurea attorno alla figura della lupa iniziò a sfarfallare così intensamente da trasformarsi in lingue di fuoco. Maris sussultò quando la parete crollò all'istante, riversandosi sul corpo della lupa ormai disciolto. Era stata Didia. «Se non vuoi morire, ti conviene avvicinarti.» Lo avvertì lei, librando le dita verso i suoi piedi. La terra prese a tremare, una parte di essa iniziò a squarciarsi come una piattaforma circolare. Il rumore delle pietre che si spaccavano fu assordante. Maris approfittò della distrazione di Didia, si sfilò con fretta uno dei ciondoli e lo poggiò tra le macerie. Poi corse più veloce che potesse, dovette saltare per riuscire a raggiungerla. Il pavimento al di sotto del vestito fluttuante di Didia iniziò ad innalzarsi verso il cielo, infrangendo ogni regola gravitazionale. Maris era davvero spaventato. Ammirava a bocca aperta le nuvole sfioragli la pelle con il vento che gli graffiava il corpo. Poi barcollò quando guardò verso il basso, così instabile e così in alto che patì le vertigini. Riuscì a reggersi, non cadde per un soffio, nonostante lo zaino lo avesse destabilizzato. Ora l'isola del NeverDied stava per essere risucchiata dalla lava. Le onde del mare la sovrastarono, colpendo contro le pareti vulcaniche che eruttavano lava. Fuoco e acqua si uniscono come amanti. Maris sperò che la lupa sarebbe riuscita a ritrovare la collana e il modo per raggiungerlo. E sì, si era pentito della scelta fatta. Didia era forte, dannatamente forte tuttavia lui era immune e, per di più, deteneva l'unico mezzo per ucciderla. Poteva farcela. «Non preoccuparti per la discendente delle ceneri.» Sbottò la donna con fare esausto come se percepisse il suo nervosismo. «Resusciterà come ogni volta ma sarà troppo tardi.» Un sorriso beffardo accompagnò le sue parole.