Undici

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La mano di Diana si fermò a bruciapelo dal manto corvino di Javier

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La mano di Diana si fermò a bruciapelo dal manto corvino di Javier. Sbarrò gli occhi, guardando in entrambe le direzioni.

Odiava quella voce irreale che giocavano a prendere il controllo della sua mente. Un invasione di campo non autorizzato. Tuttavia si sentì confortata. Forse era la sua autostima che cercava di farsi valere perché, sì, lei era nata per quello. Tutte le insicurezze, tutti i tormenti e tutti gli eventi ambigui l'avevano portata esattamente a quel momento.

Membro della prima Triarchia mai esistita al mondo.

Senza darsi il tempo di tentennare, pensò al mare d'inverno e al suo cuore che batteva tra le due persone che l'amavano sopra ad ogni cosa al mondo.

Toccò Javier.

Gli occhi le si chiusero come una sorta di molla ma, questa volta, non si sforzò di risalire da quel vortice. Già era a galla da ogni ostacolo.

«Svegliati.» Mormorò, controllando l'intonazione dallo strano dolore che l'assaliva ogni volta.

Quando Diana aprì gli occhi fu contenta di sapere di avercela fatta, Javier la guardava incolume.

«Buenos Dìas!» Disse alzandosi in piedi, intento a grattarsi la pancia con la zampetta.

Diana cercò di controllarsi nel non scoppiare a ridere.

«Grazie.» Era felice che qualcuno avesse fiducia in lei, nonostante tutto.

«De Nada.» Rispose Javier, con un salto atterrò sul terriccio allontanandosi dalla zona recintata.

Diana rimase sul posto, assaporando la piccola vittoria ottenuta.

Voglio di più.

Pensò quella parte di sé.

Ma Diana sprofondò a rimuginare sull'incidente con Inay, sapeva che doveva rimanere concentrata. Compiere un passo alla volta. Non doveva farsi trascinare dall'entusiasmo e dal desiderio di voler dimostrare alla squadra di essere un elemento importante.
E, pensando a ciò, le venne in mente la raccomandazione di Iside circa l'allenamento.

Diana sospirò, guardando in lontananza gli Invisibili riuniti per l'allenamento. Si fece coraggio e si diresse verso il settimo girone dell'inferno.

***

«Chi ha detto che devo allenarti?» Chiese Marcel occupato a sventrare un pezzo di tronco con il proprio pugnale.

Rimase con le braccia spalancate, approfittando dell'interruzione per riprendere fiato. Una sottile canotta fasciava il suo petto, lasciando nude le spalle levigate. La massa di capelli era riportata all'indietro con un sottile elastico, la fronte gocciolava per lo sforzo.

«Iside.» Rispose distratta.

Gli occhi di Diana sfiorarono appena il volto di Marcel, anzi, scrutarono ogni particolare del Kris. Sentiva che quell'oggetto fosse un tassello inviolabile nella sua vita. Dovette costringere le sue mani a tenersi unite tra di loro perché ogni particella di lei le sussurrò di maneggiarlo.

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