Diana divenne un fascio di nervi, il panico pompò nelle sue vene fino a farle perdere la ragione. «Ti prego no...» Si lasciò andare ai singhiozzi. Afferrò uno dei manici in terracotta del vaso di Pandora e lo strinse così forte che sperò si spezzasse sotto al suo tocco.
«Che succede?» Arianna le lanciò un'occhiata frettolosa, richiudendo la porta dell'ufficio subito dopo aver avvistato due guardie fare un giro di controllo. «Parlami.» Le intimò.
«Non c'è niente. Niente!»
«Aspetta, pensiamo...» Mormorò, avvicinandosi a Diana. Aveva l'aspetto di una che stava sul punto di scaraventare il vaso contro il pavimento. Notò le nocche bianche stringere i manici e il petto ansimare più veloce della lancetta dei secondi. «Hai detto che tuo padre ha nascosto un oggetto importante qui dentro.» Ragionò poi Arianna con voce pacata. «Sicuramente avrà usato qualche trucco per mantenere sicuro il contenuto: una dicitura, come una caccia al tesoro o un doppio fondo.» Provò a mettere in rassegna tutti i trucchi usati dai film per quel genere di cose. «Cosa dice nella lettera che ti ha lasciato?»
Diana respirò, gli attacchi di panico e l'interruzione forzata della tatto-ipnosi avevano fatto in modo di renderla irriflessiva. Tuttavia, la calma e il tocco confortante di Arianna la fecero fare capolino nella realtà. Così riprese a studiare l'interno del vaso, sperando che la lucidità non le scivolasse di nuovo dalle mani. «Non c'è... aspetta... forse c'è.» Sbottò a un tratto, sentendo il suo cuore riprendere a battere con regolarità.
Assottigliando gli occhi scorse, inciso all'interno, un Triskell nel fondo della terracotta. Avvicinò il suo volto così tanto da sentire i bordi del vaso comprimersi contro la fronte e le guance. Delle piccole puntine affilate ricoprivano i tre vortici lungo i solchi.
«Ma la speranza si rivelerà col sangue» Sussurrò poi con voce tremante, ricordando il penultimo rigo del suo acrostico.
Speranzosa, allungò la mano all'interno, fino a premere con forza il palmo della mano contro il simbolo, ormai flagello della sua vita. Affogò un gemito di dolore quando la pelle si lacerò a quella compressione. Il sangue iniziò a defluire tra le increspature della terracotta. E come se fosse cera, uno strato si disciolse.
Diana ritrasse la mano, asciugandosi le gocce ematiche contro il tessuto interno della gonna, poi mise finalmente gli occhi sul loro obiettivo principale: il Diario. Ma non fu l'unico oggetto presente, al suo fianco, c'era un Kris con un biglietto ripiegato attorno al manico.
«MAYDAY!» La voce squillante di Arianna la fece sussultare. «Il direttore ha quasi concluso il suo discorso, dobbiamo andare!»
Così Diana rimise tutto al suo posto, il vaso nella scatola, la scatola nella cassaforte e richiuse con cura l'anta con su sopra l'opera d'arte dedicata al Leviatano. Si maledì per essersi fatta scappare il gufo ma sperò che il direttore potesse pensare ad un evasione volontaria e che, fosse ormai vecchio, per ricordarsi se avesse lasciato, o no, la finestra aperta. Ma ogni preoccupazione, ogni pensiero sparì per un istante quando lesse il destinatario della lettera: Al mio dolce tesoro.
Era stata scritta da suo padre. E quindi... quello era il suo Kris?
Diana sentì la tensione stringerle lo stomaco ma, nonostante questo, mantenne con cura gli oggetti a sé mentre sgattaiolava fuori dall'ufficio. Nel mentre, lei e Arianna elaborarono un piano per riportare le chiavi al proprio posto e far uscire Diana da una delle uscite di emergenza. Non poteva tornare alla festa con quegli oggetti in mano, se qualcuno della sicurezza l'avesse vista, avrebbe potuto pensare che si trattassero di manufatti sottratti al museo.
Gerald, la guardia, non ne sarebbe stato contento.
Le due amiche corsero lungo i corridoi, deviando ogni qual volta vedessero qualcuno del personale, cercavano di passare inosservate e di evitare qualsiasi contatto visivo. E siccome erano tutti presi dallo svolgimento dell'evento, sembrò che il loro piano stesse andando liscio come l'olio.
Ma quando sentirono un eco di applausi rimbombare attraverso le pareti capirono che forse avevano cantato vittoria troppo presto. Si appostarono ad un angolo quando una delle porte si aprì, spiando il direttore imboccare la loro direzione con due guardie alle sue spalle.
«Merda...» Sussurrò Diana, le mani iniziarono a sudare e il cuore le scalpitò come non mai. «Non ci vorrà tanto prima che se ne accorga.» Le si raggelò il sangue, non voleva trovarsi nella situazione di chiedere a Maris un aiuto. Conosceva le sue soluzioni tipo. Nella mente i titoli dei giornali passarono come un film dell'orrore: Direttore del museo, Henry Cooper, trovato con il collo spezzato nel suo ufficio.
Ma Arianna, invece, cercò di non demordere, si girò di spalle e quando notò uno stanzino usato dal servizio delle pulizie, le scattò un'idea. Azzardata, ma fattibile. «Se sarò arrestata, ti avverto, sarai indebitata a vita.» Le rivolse lei, trascinando Diana verso la porta che aveva adocchiato. In una successione di attimi, carichi di adrenalina, la spinse all'interno e ne recuperò un secchio e una mazza.
«Ma che diavolo?» Le borbottò Diana, guardandola per essere inclusa.
«Funzionerà!» Tagliò corto Arianna, assicurandosi di avere le chiavi nella tasca della divisa.
Frappose volontariamente lentezza nei suoi passi, attendendo che il direttore le passasse affianco. Sarebbe stata avvistata ma, faceva parte dello staff, la sua presenza non era degna di nota per quelle persone in giacca e cravatta.
Quando sentì il calpestio dei tacchetti delle scarpe contro il pavimento farsi sempre più vicini, girò l'angolo del corridoio con veemenza. Tenendo le chiavi proprio al di sotto dell'orlo della manica.
L'impatto contro il direttore fu abbastanza confusionale, il secchio rotolò per terra, Arianna cadde all'indietro e un mazzo di chiavi risuonò sul pavimento, proprio a piedi dell'uomo.
Arianna fece un balzo, raccogliendole da terra e per poi porgerle con mani tremanti. «Mi dispiace signor Cooper, n-non volevo.»
Le due guardie saettarono in soccorso del direttore, accertandosi che stesse bene e, subito dopo, si rivolsero alla cameriera con il medesimo quesito. «Sì, sto bene grazie. Chiedo ancora scusa ma andavo di fretta, hanno fatto cadere lo champagne per terra e stanno macchiando tutto il pavimento. Un macello, davvero.» Disse indicando gli oggetti che aveva con sé.
Il signor Cooper la guardò ancora frastornato, si rigirò le chiavi tra le mani. «L'importante è che non ti sei fatta male e» indicò le chiavi. «Grazie per averle recuperate, sarei impazzito senza.» Un sorriso gentile ma forzato si dipinse tra le sue guance. «Ora torna a lavoro.» Le canzonò infine con tono serio prima di continuare per la sua strada, sistemandosi la giacca pieghettata tra un sospiro e l'altro.
Quando si allontanarono, Arianna rimase in stallo, con la schiena schiacciata alla parete, le braccia ricadevano lungo i fianchi e percepiva la vibrazione delle notifiche del telefono arrivare senza fine. Si sentiva senz'aria, la tensione di essere scoperta la stava torturando ancora. Ma rise, incredula che fosse riuscita nell'impresa. Camminando di soppiatto verso lo stanzino, aprì la porta con un sorriso compiaciuto. Diana la guardava con le braccia spalancate in cerca di spiegazioni.
«Dovresti davvero prendere in considerazioni di proclamarmi spia.» Disse accennandole di seguirla.
«Un semplice grazie, non può contenere quanto te ne sia grata.»
«Hey, tra spie ci si aiuta.»
Dopo che continuarono per un breve tratto, fianco a fianco, Arianna riuscì finalmente a scortare Diana all'uscita d'emergenza più vicina. L'aria fresca aveva dato maggiore lucidità al piccolo attimo d'ebbrezza che aveva vissuto.
«È stato divertente!» Sbottò infine, rompendo il silenzio. «E ancora non ci credo che sai parlare con gli animali.»
«Arianna...» Borbottò Diana, facendo cenno con la mano di fare piano.
«Giusto, giusto.» Ammise Arianna. «Nessuno deve saperlo.» E mimò di cucirsi la bocca, poi prese il telefono fra le mani. «Missioooone compiuutaa.» Si dilungò mentre digitava il contenuto sul tastierino, alzò gli occhi sul pannello posto sulla porta che teneva socchiusa con la punta della scarpa. «Vediamoci fuori, uscita 20.» E premette invio.
Passò qualche minuto quando Maris e Tommy sbucarono da dietro l'angolo, erano usciti dalla porta principale per non destare sospetti. Le voci degli invitati e la musica all'interno sembravano ormai essere lontano da loro. Ora vi era solo un cielo nuvoloso illuminato dalla luna piena.
Maris si protese verso Diana. «Ce l'hai fatta? E senza aver ucciso nessuno?» Disse, adocchiando il Diario poi assottigliò la voce in modo che nessuno potesse sentire. «Sono così sorpreso che sono eccitato.»
Ma lei non diede alcun responso alle sue parole, istintivamente gli passò, con sguardo cupo, la lettera legata al Kris. Maris si disse che quel peso che provò, fu lo stesso che provò anche Diana. E da come si fissarono impauriti, comprese di avere ragione.
Arianna, nel frattempo, rimase immobile ad osservarli. Non sapeva da quanto tempo si conoscessero o cosa avessero in comune, ma le fecero venire in mente le storie di amanti perduti e ritrovatisi in un'altra vita. E capì che il suo compito era terminato. «Se perderemo altro tempo sicuramente il capo ci licenzierà.» Introdusse poi rivolgendosi a Tommy.
Diana si inumidì le labbra, sentendo i suoi occhi fare altrettanto. La brezza della città punse contro le pupille. «Non so davvero come sdebitarmi, siete stati fantastici.» Aprì le braccia, avvicinandosi e abbracciandoli per un'ultima volta.
«Buona fortuna, amica mia.» Le mormorò Arianna.
«Voglio tre giri di gelati gratis.» Le disse invece Tommy, facendoli lasciare con una risata spontanea.
«Ci rivedremo.» Diana sentì il suo cuore ricolmo.
«Lo so.» Le rispose Arianna, accarezzandole le spalle.
«Ragazzi, invece per me, farò in modo che non succeda.» Biascicò Maris, rivolgendo un ghigno spazientito contro Tommy. Lo aveva ammorbato per tutto il tempo con domande nerd, chiedendogli quale fosse il suo supereroe preferito o se avesse provato il nuovo gioco di Call Of Duty. Ma secondo lui, Tommy non sapeva che fosse fortunato ad essere il migliore amico di Diana, perché il suo pugno fremeva nell'entragli in bocca, attraverso tutta l'arcata dentaria.
Ma d'un tratto l'altra ragazza gli rivolse un sorriso malizioso, ignorando le sue frasi sarcastiche. «Arrabbiato che sei stato messo da parte da una liceale arrogante?» Ma non diede modo che potesse controbattere che si avvicinò con severità, dopo aver raccomandato a Tommy di mantenere aperta la porta. «Proteggi la mia amica...» Si lasciò andare ad un sospiro, afferrando una mano di Diana e una di Maris, guardandoli come se avessero appena convolato a nozze. «Che bello il destino.» Ammorbidì lo sguardo, prima di sparire oltre la soglia della porta seguita da Tommy.
Maris non ebbe la più pallida idea del perché si stesse rivolgendo a lui in quel modo ma Diana sì. E si torturò perché aveva dimenticato di avvisare Arianna che lui, del sogno, non sapeva niente. Ma lo ringraziò che non gli diede conto, la lettera diretta a lei, l'aveva così tanto scombussolata che non voleva parlare di nient'altro.
Il tragitto verso la moto fu immerso nel silenzio. Maris si era perso a studiare ogni particolare del Diario, limitandosi alla copertina. Essa era fatta di pelle consunta sul quale vi era raffigurato un cerchio. Il simbolo richiamava quello dello Yin e lo Yang, ma al posto dei cerchi da un lato vi era il Triskell e dell'altro la forma di una mela. (𝟏) Lungo il dorso vi erano stati disegnati, con una punta rovente, delle gocce di sangue ricadenti verso il fondo. Una filigrana in oro, con dei motivi intrecciati, ne designavano i bordi.
Maris portò il libro vicino la punta del naso, inspirò percependo un odore misto alla mandorla secca e al legno. Diana nascose un sorriso, lo faceva sempre anche lei ogni qual volta avesse un libro in mano. E si immaginò quell'odore inebriante nella sua mente che, a volte, sembrava esserle vicino all'estasi. Poi però, fissò la sua mano stretta al manico del Kris, che iniziò a pulsare. Cercò di non concentrarsi su quel pizzicore interno, voleva prendersi tutto il tempo che le serviva per accumulare il coraggio di sapere. Non sarebbe stato facile leggere il contenuto di quella lettera.
Quando salirono sulla moto, Diana tenne stretta a sé quei due manufatti come se ne dipendesse la sua vita. Il vento freddo della sera le graffiava le gambe nude a causa del vestito che svolazzava incontrollato. I capelli fecero altrettanto portandole ad alzare il capo verso la luna.
Prorompeva solenne nel cielo, le nuvole non riuscivano a coprirla come ben fecero invece con le stelle. Diana dovette assottigliare lo sguardo, alzandolo così in alto fino dischiudere leggermente le labbra. Una goccia nera cadde dal cielo, scivolò verso di lei come un proiettile. Le colpì lo zigomo, la curva del suo viso la fece defluire verso le labbra: sangue.
«Maris...» Sussurrò mentre si pulì con la manica del vestito, nauseata dal sapore.
Alzò di nuovo lo sguardo, rapita dalla luna tingersi di rosso, risplendendo dello stesso colore contro ogni finestra della città. Il rumore meccanico della moto le sembrò chilometri lontano e una melodia propiziatoria iniziò a pungerle l'udito.
«Lo senti anche tu?» Insistette, ma qualsiasi cosa dicesse, Maris le fu totalmente indifferente. Era come se fosse scivolata dal suo corpo mentre tutto attorno a lei andava avanti.
Un suono prodotto da uno strumento a percussione le rimbombò contro, facendole saettare lo sguardo in ogni direzione per individuarne la fonte. Poi una voce sconosciuta passò nitida, Fine di un regno, sentì Diana da un orecchio, un grande esercito cadrà, sentì dall'altro. (𝟐)
La luna sopra di loro grondò, una pioggia di sangue iniziò a battere sui loro caschi e a bagnare i loro vestiti. «Maris! Maris!» Urlò con quanto fiato avesse in gola, ma lui non si girò.
Diana lanciò uno sguardo attorno a sé, osservando la stessa strada ripetersi all'infinito. I palazzi distorti, le gente ovattata e immobile come un film messo in pausa.
La pioggia divenne bufera. Il sangue le appannò la vista. Non riusciva più a respirare.
È solo un brutto sogno, è solo un brutto sogno. Si ripeté nella mente, afferrandosi a Maris per poterlo stringere più che poteva. Si sentì sul punto di morire.
Poi d'un tratto, tutto si acquietò.
«Ma che ti prende?»
Diana rimase immobile, ancora con un peso sul petto e tesa come una corda di violino. Dischiuse leggermente solo un occhio per studiare lo stato delle cose: erano al porto e Maris la guardava divertito per come si tenesse a sé. Si ricompose subito dopo, frettolosa di mettere i piedi per terra.
«Penso che tu debba riposare.» Tenne a precisare il ragazzo, prendendole di mano sia il Kris che il Diario.
Diana cercò di insistere sulla presa, ma lui continuò con tono gentile: «Prometto che aspetterò te per curiosare.»
Ancora ansimante e stordita, acconsentì con un cenno esasperato mentre continuava a guardarsi attorno con circospezione. La luna era al suo posto, come tutto. «Forse hai ragione.» Ammise.
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Una Realtà a Colori
FantasíaVOLUME 1 - COMPLETO 𝑻𝑹𝑨𝑴𝑨 Tutto è cambiato per Diana. 24 ore 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 dell'incidente era solo una comune ragazza, soffocata dal futuro e dall'inadeguatezza. 24 ore 𝑑𝑜𝑝𝑜 l'incidente, Diana è un membro della triarchia del Sacro Triskell...