VOLUME 1 - IN RIELABORAZIONE.
NON LEGGETEMI.
𝑻𝑹𝑨𝑴𝑨
Tutto è cambiato per Diana.
𝟐𝟒 𝐨𝐫𝐞 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 dell'incidente era solo una ragazza come tante: soffocata dai pensieri, impaurita dal futuro, convinta di non valere abbastanza.
𝟐𝟒 𝐨𝐫𝐞...
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Normale.
Così Diana definiva la sua vita. Normale come la città in cui viveva. Liceo, amici, genitori: tutto lineare, ordinato, prevedibile. Come se ogni cosa seguisse un copione. Eppure, in mezzo a tante persone e luoghi familiari, si sentiva costantemente fuori posto.
Le piaceva immaginare di vivere una vita al contrario. Non come Benjamin Button, ma come un vecchio vinile: melodie dolci che, girate al contrario, diventavano suoni inquietanti. Ogni nota cambiava il filtro della sua realtà.
Conviveva con due lati opposti del suo carattere sempre in guerra. Alcuni giorni si lasciava andare alla leggerezza della sua adolescenza. Altri giorni cadeva in un abisso di inadeguatezza. Col tempo aveva imparato a fingere, a indossare una maschera così bene da non sapere più dove finiva lei e dove iniziava il resto.
Poi arrivò la settimana del suo diciottesimo compleanno. In quei giorni la sua stabilità vacillò. Il tormento mentale iniziò a diventare anche fisico. Un ronzio costante le infestava le orecchie e gli sbalzi d'umore diventarono più intensi. Come se quella casella sul calendario, invece di simboleggiare un momento felice, indicasse la data della sua morte.
E quel giorno arrivò troppo in fretta. Diana stava accanto al tavolo, osservando distrattamente sua madre accendere le candeline sulla torta. «Guarda quanta gente è venuta.» Disse lei, sorridente.
Diana replicò meccanicamente. Per diamine, stava per compiere diciotto anni. Si ripeté di dover esserefelice. Ma dentro si sentì vuota. Solo Tommy e Arianna, i suoi migliori amici, sembravano sinceramente emozionati. Gli altri compagni di classe erano lì per cortesia – o forse per il buffet.
«Preparati! Mancano solo dieci secondi!» Annunciò suo padre, Peter, già pronto con il telefono in mano per immortalare il momento. Gli invitati iniziarono il conto alla rovescia.
Dieci. Nove. Otto.
Diana tentò di unirsi al coro, ma un brivido le pizzicò la lingua. Non è nulla, sto bene. Si ripetè. Ma non era vero.
Tre. Due. Uno.
A mezzanotte le candeline rimasero accese.
«Stai bene?» Sua madre apparve alle spalle, cercando di sistemarle i capelli, mentre Diana vomitava come se riversasse perfino l'anima. «Diana, cosa hai bevuto?» Le domandò ancora sua madre. «O è per qualcosa che hai mangiato?»
Ma quella preoccupazione rimbombò nella testa di Diana come unghie sulla lavagna. Una rabbia improvvisa le esplose dentro: spinse via sua madre senza capire come né perché.
Si fissarono entrambe spaventate. Diana guardò le sue mani, incredula. Non era stata lei, non davvero. O almeno, non del tutto.
Non so cosa mi sia preso «Mi hai preso in giro tutto questo tempo.» In quell'istante i suoi occhi perlustrarono spaventati la stanza, poi di nuovo sua madre. «Perché... cosa mi nascondi?» Le chiese, come se quella che avesse parlato poco prima non fosse stata lei.
Perse di nuovo il controllo quando la mente si annebbiò di colpo, i muscoli delle braccia agirono prima dei pensieri: afferrò una statuetta posta sulla mensola del bagno. Voleva fermarsi ma la sua anima si soppresse, quella parte emersa di sé, le sussurrò che alla donna non sarebbe successo niente, che voleva solo spaventarla.
In quel momento Peter apparve sulla porta, incapace di comprendere cosa stesse guardando. Con esitazione si avventò su Diana, disarmandola e stringendola forte tra le braccia. E, con il suo peso, se la caricò in spalla nonostante lei continuò a divincolarsi.
Peter la spinse dentro la sua stanza e chiuse la porta a chiave. Rimase immobile per qualche secondo, con il fiato corto e con la fronte appoggiata al legno. Dall'altra parte, Diana piangeva. E ogni singhiozzo era un pugno del petto per lui.
Peter sapeva che prima o poi sarebbe successo. Ma non così presto.