Ventuno

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Prima di avventurarsi nel fitto bosco, Leopold cercò di affrettarsi per ricucire un momento di privacy da solo con Marcel

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Prima di avventurarsi nel fitto bosco, Leopold cercò di affrettarsi per ricucire un momento di privacy da solo con Marcel.

Quando varcò la soglia della sua stanza, notò il poco ordine che vi fosse presente. Il letto era disfatto, pile di libri e magliette pendevano dalla scrivania. E non fece a meno di notare la brocca di birra nascosta dentro l'armadio, l'anta leggermente aperta l'aveva rivelata alla sua vista. Tutto ciò aveva solo confermato la sua tesi. Stava soffrendo per un peso che non voleva sopportare. Leopold notò della stranezza in lui intensificarsi col tempo, ma non aveva capito che in verità fosse un macigno sulle spalle.

Parlare dei propri problemi, tra loro, non era mai stata vista come una pratica produttiva. In fin dei conti, erano solo ragazzi con l'illusione di riuscire a sopportare tutto quel fardello. Nessuno si apriva all'altro davvero, tutti avevano paura di far vedere il proprio lato debole e impaurito. Per quanto si potessero piacere o meno, i membri della squadra potevano essere contati sulle dita di una mano. E ciò significava che ognuno rappresentava una colonna portante di quel mondo. Se ne cadeva una la struttura rimaneva eretta ma non con la stessa stabilità.

Per Leopold, invece, era importante avere il coraggio di saper riconoscere e accettare il dolore che ci si trascina dentro.

Grazie a sua madre, brillante psicologa di un liceo, aveva imparato l'empatia e il bisogno di curare la parte importante del corpo: la mente.

Suo padre, invece, era un membro come lui. Morto quando aveva sei anni ma, in quel frangente, era stato un fantasma per la sua infanzia. Non l'aveva mai visto né ad una cena di Natale e non aveva mai potuto udire un suo buon compleanno. Aveva sua madre e questa era la cosa che più gli importò. Lei riuscì a inculcargli i principi di due mondi, consapevole che quel destino avrebbe bussato prima o poi alla sua porta.

«Ti avviso che non ho voglia di chiedere, figurati di rispondere.» Sbottò Marcel notando Leopold in silenzio. Nel mentre si mise a preparare lo zaino per la missione. «Quindi fai presto e vattene.»

«Sai cosa voglio sapere... però non capisco perché ti fa tanto paura dirlo.»

«Non ho paura.»

«Allora cosa sei?»

«Semplicemente non ho nulla da dirti.»

«Lo sai che non è vero.»

«Sono solo stanco ok?» Gli rivelò Marcel spazientito, sedendosi sul letto con il volto basso. «La mia intera esistenza è stata pianificata su unico obiettivo: combattere. E se io non volessi più farlo? Mi sono stancato di dovermi dimostrare sempre forte.»

«Credimi quanto ti dico che invece non dovresti arrenderti. Sei prossimo a comandare l'organizzazione più segreta al mondo. Quando ti viene assegnata una missione sai trasformare le debolezze di tutti noi in coraggio. Fai dei discorsi motivazionali che fanno venire la pelle d'oca. E se i tuoi genitori fossero ancora vivi, mi darebbero solo ragione.»

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